L’uomo, un plurirecidivo del Bellinzonese, è stato condannato per atti sessuali con fanciulli e pornografia a 15 mesi sospesi a favore di un trattamento
«Non riesco a togliermi questo vizio, dopo sto male perché lo faccio, ma non riesco. Non so bene come spiegarlo». Il ‘vizio’ in questione è l’attrazione sessuale per i minorenni, che a un 46enne svizzero domiciliato nel Bellinzonese è già costata diverse condanne. L’ultima oggi, alle Assise correzionali di Bellinzona: quindici mesi sospesi a favore di un trattamento ambulatoriale per ripetuti atti sessuali con fanciulli e pornografia. «Lo faccio perché sono un idiota» ha aggiunto l’imputato, incalzato dal presidente della Corte Amos Pagnamenta.
Nello specifico, fra la primavera e l’autunno del 2019, l’uomo si è servito di una popolare applicazione in voga fra i giovanissimi per chattare con quattro minorenni, in almeno otto occasioni. Non chiacchierate qualsiasi: chat erotiche, durante le quali veniva azionata la webcam, il condannato si spogliava e induceva anche i ragazzi a mostrarsi nudi. Non solo. L’uomo ha anche visualizzato, detenuto e in alcuni casi fatto circolare immagini erotiche di minorenni, di entrambi i sessi. E proprio da una di queste è partita l’indagine, ha spiegato la procuratrice pubblica Valentina Tuoni: «L’inchiesta è stata un po’ un’Odissea. Abbiamo iniziato tramite una fotografia segnalataci dalla Fedpol, grazie alla quale siamo risaliti all’imputato. Gli sono stati sequestrati computer e telefoni. Ma l’inchiesta purtroppo non ha permesso di recuperare dati oggettivi da quelle conversazioni».
Un aiuto agli inquirenti l’ha fornito l’indagato stesso, che fin da subito ha ammesso quanto fatto e non ha mai cambiato versione dei fatti: «Una richiesta d’aiuto», secondo Tuoni. Comportamenti peraltro ai quali non è purtroppo nuovo. Atti sessuali con fanciulli, pornografia, esibizionismo, sono tutti reati per i quali è già stato processato e condannato più volte nell’ultima dozzina d’anni. «È un soggetto ben noto alle nostre autorità – ha ammesso l’avvocato difensore Stefano Genetelli –, è affetto da diverso tempo da turbe psichiche fra le quali disturbi della personalità e delle preferenze sessuali. Fortunatamente per lui, gli psichiatri hanno trovato un farmaco che gli consente di vivere in libertà senza commettere reati». Il medicamento è il Salvacyl, un noto inibitore del testosterone che azzera il desiderio sessuale. Sostanzialmente, una castrazione chimica.
Trattandosi di un plurirecidivo, il Salvacyl gli era già stato prescritto e lo ha assunto regolarmente per diverso tempo. Tuttavia, il 46enne ha ripreso a commettere i reati proprio in concomitanza con la sospensione dell’assunzione del farmaco, nel 2019. «Con l’accordo del giudice dei provvedimenti coercitivi aveva smesso con Salvacyl per poter avere rapporti con la moglie – ha spiegato il legale –, tornando però a commettere gli illeciti». A seguito di questi, nel giro di pochi mesi sono arrivati l’arresto e la carcerazione preventiva: quattro mesi. «Il tempo necessario per attendere che i livelli di testosterone nel sangue diminuissero nuovamente», ha chiarito Genetelli. Dopo il rilascio, nei confronti dell’imputato sono state adottate una serie di misure sostitutive alla carcerazione: un trattamento psichiatrico e farmacologico, il divieto di entrare in contatto con minori con propositi sessuali, il divieto di accedere a siti internet finalizzati al contatto sessuale con minorenni.
Misure che negli ultimi ormai quasi due anni il 46enne ha rispettato, non commettendo ulteriori reati. Uno stato di cose che inizialmente ha portato accusa e difesa ad accordarsi e a proporre un rito abbreviato, istanza tuttavia respinta alcuni mesi fa. Nemmeno quello odierno è stato un procedimento breve, sebbene requisitoria e arringa abbiano sostanzialmente detto la stessa cosa: al carcere è preferibile il trattamento ambulatoriale, che c’è e ha dato i suoi frutti, purché questo sia seguito. «Se continua a prendere i medicamenti, secondo la perizia la prognosi è favorevole – ha detto a tal proposito l’avvocato –. Tornare in carcere non avrebbe effetti apprezzabili sulla recidiva né sulla sua risocializzazione». Una richiesta condivisa dalla pp e accolta dalla Corte. «Oggettivamente, per il numero e l’intensità limitata degli episodi, la sua colpa è lieve – ha sentenziato il giudice –. Soggettivamente però è grave perché si tratta di un plurirecidivo specifico, che senza le opportune misure ricade nel delinquere». La pena è stata così fissata in quindici mesi, sospesi a favore del trattamento ambulatoriale, ossia della castrazione chimica.