Morena Pedruzzi, unica sopravvissuta ticinese, rompe il silenzio e in un libro racconta di come quella bomba a Marrakech le abbia cambiato la vita
Dondolare avanti e indietro su un’altalena scrutando l’orizzonte. Oscillare, cercando di mantenere l’equilibrio e allo stesso tempo quello sguardo ludico che i bambini hanno sul mondo. “Risollevarsi – La mia vita dopo un attentato terroristico” (Istituto editoriale ticinese) è il libro fresco di stampa scritto da Morena Pedruzzi, che a dieci anni dalla bomba esplosa al caffè Argana di Marrakech decide di rompere il silenzio e raccontare la sua storia e il suo percorso di guarigione. La ragazza ritratta di spalle in copertina è proprio Morena, l’altalena è anche simbolica e richiama in lei l’equilibrio: “È qualcosa che ha a che fare con lo stare interi, senza perdersi, senza andare in mille pezzi. L’equilibrio è proteggersi quando si cade e sapersi rialzare dopo una caduta. Ed è avere qualcuno che ti aiuta a rialzarti”. Un percorso di sofferenza e ricostruzione iniziato subito dopo quel 28 aprile 2011, quando nell’attentato terroristico al caffè Argana di Marrakech persero la vita 17 persone e 25 rimasero ferite. Fra le vittime dell’esplosione c’erano anche tre giovani del Bellinzonese recatisi in Marocco per una vacanza, Corrado ‘Mondo’ Mondada, Cristina ‘Chichi’ Caccia e André Da Silva Costa. Morena ‘Nena’, quarta componente del gruppo si salvò, ma riportò gravi ferite. Nella narrazione l’autrice ricostruisce la vacanza in Marocco con i suoi amici, l’irruzione della violenza nelle loro vite e il lento percorso delle cure in un cammino di ricostruzione di sé per tornare a una sorta di normalità.
Una quotidianità oggi comunque diversa perché quanto accaduto ha trasformato Morena in molti aspetti: «Diciamo che questa storia mi ha cambiato un po’ in tutto: nel lavoro, nelle relazioni, in famiglia». La sua voce è calma e prima di aggiungere qualcosa le sue labbra si increspano in un sorriso: «Mi piace pensare che quello che sono adesso è anche dovuto a quello che mi è successo e quindi se sono un po’ più morbida e disponibile all’ascolto, più delicata nelle situazioni, è anche dovuto a quello che ho passato». Uno spirito costruttivo il suo, quello di chi vuole vedere gli aspetti positivi senza concedere troppo spazio al rammarico. «Poi è chiaro, ogni tanto ci sono delle notti in cui non dormo e talvolta ho dei dolori che mi impediscono di fare qualsiasi cosa e mi impongono di riposare – ci confida facendosi più seria – ma non voglio mettere l’accento su questo, anche perché ritengo che il dolore faccia parte della vita». E Morena ha voluto affrontare questo dolore racchiudendone una parte nella sua pubblicazione. «Questo libro è nato dentro di me, in questi anni ho sempre scritto» e lo ha fatto da subito, già dal letto di ospedale. All’inizio era faticoso, aveva le braccia completamente bendate per le ustioni. Ma lei sentiva forte il bisogno di annotare dei ricordi della vacanza in Marocco che non voleva perdere ma fissare per sempre nella memoria. Con questo libro Morena dice di voler chiudere un cerchio: «Ma mi sono resa conto che forse non l’ho chiuso solo io ma diverse persone che dopo l’attentato avevano bisogno di conoscere vari aspetti e dettagli». Il libro ha infatti suscitato grandissimo interesse in Ticino, è andato a ruba e a dieci giorni dalla sua uscita si è già resa necessaria una seconda ristampa.
«È sorprendente questo riscontro, non me lo aspettavo», ci dice con un luccichio negli occhi ed emozione palpabile. Negli scorsi giorni, al primo appuntamento per il primo firmacopie alla libreria Casagrande di Bellinzona, sono accorsi in moltissimi a incontrare l’autrice. «C’era chi è venuto per una dedica, chi solo per salutarmi e chi per vedere con i propri occhi se davvero stessi bene e tutto questo per me è stato un grandissimo regalo da parte di tantissime persone». I primi a essere informati sul progetto di scrivere un libro sono state le famiglie di ‘Chichi’, ‘Mondo’ e André, e sono stati anche i primi a leggere i capitoli che concernevano i loro figli. «Ho avuto modo di parlare un po’ con tutti loro e dai riscontri posso dire che lo hanno recepito in maniera positiva». Per Morena il parere dei genitori dei suoi amici è stato molto importante: «A loro ho sempre detto che potevano dirmi tutto quello che pensavano riguardo a quanto ho scritto, sui loro figli e sulla storia in generale. Da loro avrei accettato qualsiasi critica, per me la cosa più importante era non farli star male in nessun modo, perché hanno già vissuto la sofferenza più grande che si possa immaginare», ci spiega Morena con profondo rispetto verso le tre famiglie. «Mi hanno anche detto ‘come sei coraggiosa a esporti così tanto’. E forse fino all’ultimo non ho capito quanto mi stessi esponendo, fino a quando non è uscito il libro».
Nel libro Morena non spende molte parole sugli attentatori: «Non ne parlo mai proprio perché non voglio sprecare il mio tempo a parlare di questo. Semmai, voglio affrontare temi che possano dare forza». Per certe vittime diventa importante ottenere giustizia e il processo è un momento cruciale. Nel suo caso però no, il processo non lo ha seguito, anche perché in quel periodo le sue energie fisiche e mentali erano assorbite da altro. Sapere che gli autori dell’attentato sono stati condannati non ha fatto sentire meglio Morena: non c’era per lei un risarcimento che avrebbe potuto darle sollievo, le hanno tolto così tanto che nessun tipo di condanna avrebbe potuto ridarle ciò che le era stato tolto.
Nei momenti più duri quale àncora di salvezza ha trovato Morena a cui aggrapparsi per tenere duro e andare avanti? Ci guarda, poi sposta lo sguardo, sospira e ci pensa un attimo. «Diversi pensieri mi hanno dato una spinta. Il primo sicuramente è stato il mio lavoro, perché per me ritrovarmi in un letto di ospedale senza poter tornare la settimana dopo dai bambini che stavo seguendo e dalle loro famiglie è stato veramente durissimo», ci dice ricordando quei momenti difficili e la pausa forzata dalla sua professione di ergoterapista pediatrica. «Continuavo a dirmi che dovevo rimettermi in fretta per tornare da loro. Ciò che ovviamente non è avvenuto perché quando sono tornata al lavoro quei bambini erano cresciuti e ne ho seguiti altri». Altro appiglio importante è stato la famiglia: «Anche per loro dovevo farmi forza e non buttarmi giù. Non potevo vedere mia mamma e mio papà così tristi e mio fratello maggiore doversi occupare di noi tre». Marcello, il fratello appunto, è stato una figura chiave per tutta la famiglia, con la sua calma e pacatezza ha saputo essere un punto di riferimento importante e presente. Per i genitori di Morena, vederla in condizioni così critiche è stato durissimo: «Erano disperati – ci dice facendo una pausa – dicevano ‘come è possibile, cosa ti hanno fatto?’. Per loro è stato un colpo al cuore e penso che hanno sofferto più di me». Ora, ci dice Morena tornando serena, stanno bene, nonostante questa storia abbia segnato anche loro.
A darle forza ci sono poi state tutte le persone che le hanno scritto sostenendola in vari modi: «Inviando scritti e regali, amici e persone fino ad allora sconosciute mi hanno dato una spinta grandissima. Per me è stato fondamentale, senza questo affetto sarebbe stato molto difficile», e ce lo dice con un tale sorriso che non può che essere così. Anche la musica è stata molto importante, Morena nel tempo libero continua a suonare la tromba nella Carnasc Band di Cadenazzo e nella Filarmonica Faidese. «La musica mi fa bene, come anche ascoltare Vasco e altri artisti che mi hanno risollevato nei momenti duri». E poi c’è la componente sociale: «Si sta insieme non solo per suonare ma si condividono le trasferte, le uscite, le esperienze... in questi gruppi non professionisti la cosa più importante è divertirsi», ci dice raggiante. Nel suo libro Morena narra un aneddoto curioso, nel libretto dei testi dell’album live ‘Vasco live Kom 011: The complete edition’ in una foto che ritrae la platea con i tantissimi fan si intravede uno striscione bianco con scritti in nero i nomi Mondo-Kiki-André-Nena e in rosso la frase ‘in ricordo’. Il tutto dentro un grande cuore. «Non so chi lo abbia scritto, quello striscione rimane un mistero. So che Mondo aveva una compagnia di amici in Italia con cui andava a sentire i concerti di Vasco. Magari grazie al libro qualcuno si farà avanti».
La prima presentazione pubblica di “Risollevarsi – La mia vita dopo un attentato terroristico” di Morena Pedruzzi avrà luogo sabato 27 novembre alle 17 a Faido, nell’aula magna del Centro scolastico. Con l’autrice dialogherà la giornalista Sara Rossi Guidicelli. Seguiranno altri appuntamenti con firmacopie sabato 4 dicembre (ore 10-12) alla Libreria Il Segnalibro di Lugano, dalle 15.30 alle 17.30 alla Libreria Ecolibro di Biasca e sabato 11 dicembre (ore 11-13) alla Libreria al ponte di Mendrisio e dalle 15 alle 17 alla Libreria Locarnese di Locarno. In questi incontri l’autrice sarà a disposizione per firmare le copie del libro. “Ogni cicatrice ha una data, ha un luogo, ha una storia. Io ho scritto la mia storia sul mio corpo e nella mia anima”. E con tanta forza e coraggio Morena ha saputo scrivere questa sua storia anche sulle pagine di un libro, condividendo un pezzetto del suo cammino con noi, aprendosi e mostrandoci anche le cicatrici dell’anima e di come ha saputo risollevarsi dopo la caduta.