Contagiati 20 ospiti (11 nel frattempo guariti, 3 ricoverati) e 5 dipendenti. Isolato il primo piano dedicato ai residenti con Alzheimer
Ha schivato le prime tre ondate, durante le quali non ha registrato alcun contagio da Covid-19 fra i suoi numerosi ospiti e i dipendenti. Oggi, nel momento in cui la quarta ondata sembra voler irrompere sulla scena internazionale, anche la casa anziani La Quercia di Acquarossa deve fare i conti col virus. Che per la prima volta – a un anno e mezzo dall’inizio della pandemia – due settimane fa ha fatto irruzione nella struttura bleniese scompigliando gli equilibri interni e richiedendo sforzi gestionali e operativi aggiuntivi. Attualmente – spiega alla ‘Regione’ il direttore Antonio Conceprio – si contano undici ospiti positivi, mentre altri nove sono nel frattempo guariti; solo in tre casi si è reso necessario il ricovero in ospedale. Fra il personale si contano inoltre cinque positività, emerse la scorsa settimana una decina di giorni dopo i primi contagi registrati fra i pazienti. Ciò che porta a 25 il totale accumulato da inizio novembre. Nella maggior parte dei casi il decorso è (stato) asintomatico grazie anche al fatto che ospiti e dipendenti risultati positivi fossero tutti vaccinati, una copertura che riguarda nelle due categorie rispettivamente l’80-85% e il 95%; alcuni ospiti hanno mostrato solo forte stanchezza mentre per altri tre, come detto, si è resa necessaria l’ospedalizzazione così da garantire cure specifiche anche considerando il loro stato di salute precedente il contagio. Zero, al momento, i decessi.
«Insieme all’Ufficio del medico cantonale – evidenzia il direttore – abbiamo subito valutato e approntato le misure straordinarie che si rendevano necessarie per gestire al meglio la problematica. Il virus ha infatti specialmente colpito il primo piano dove si è registrato il maggior numero di contagi, nove in tutto, fra la dozzina di ospiti. Primo piano occupato in gran parte da un reparto molto particolare, gestito con modalità differenti dagli altri: si tratta dell’unità abitativa riservata a ospiti con Alzheimer, i quali non possiamo trattenere né chiudere in camera perché sarebbe una violenza farlo contro la loro volontà. Unità caratterizzata da un’accresciuta mobilità interna. Che è necessaria per favorire le relazioni interpersonali, contatti ritenuti vitali per questa tipologia di ospite. Perciò abbiamo isolato il reparto, e quindi anche la parte rimanente del primo piano che è diventato integralmente un piano Covid; abbiamo anche sospeso le visite esterne e impieghiamo personale dedicato». Da notare che tutti i cinque dipendenti risultati positivi lavorano al primo piano ed erano tutti vaccinati: «Come da prassi sono stati messi in quarantena al loro domicilio fino ad accertata negatività. Stanno bene, sono asintomatici e vorrebbero tornare a lavorare; potranno farlo a tempo debito».
Il direttore Antonio Conceprio
Altri due ospiti non Alzheimer, uno per piano, sono attualmente isolati nelle loro camere ai due piani superiori: non vengono spostati al primo piano essendo impossibile trasferire a loro volta residenti con Alzheimer. Per contro altri residenti negativi e non Alzheimer del primo piano sono stati subito spostati, ma solo quei pochi che non erano vaccinati. Le persone nel frattempo oggi non più positive «stanno tutte bene». Quale sia stato il primo caso di contagio e in quali circostanze sia avvenuto, non è dato sapere: l’ipotesi più accreditata lo riconduce alle visite esterne. Le positività nei casi asintomatici, rileva il direttore, «sono emerse grazie ai test di prevalenza, ossia tamponi che in accordo col medico cantonale eseguiamo a tappeto proprio con l’obiettivo di rintracciare eventuali contagi che non si manifestano tramite febbre o malessere. L’obiettivo, in definitiva, è sempre lo stesso: evitare i decorsi gravi. E il vaccino, considerata l’esperienza che stiamo vivendo, si sta dimostrando una buona soluzione, riducendo concretamente i decorsi gravi e il rischio di decesso. In questo contesto abbiamo quindi completato settimana scorsa la somministrazione della terza dose a coloro che potevano riceverla».
Tutto ciò – rileva Antonio Conceprio – sta richiedendo ai dipendenti un impegno aggiuntivo: per sopperire alle assenze si fa capo a esterni e a personale solitamente impiegato a tempo parziale e che provvisoriamente può aumentare la sua percentuale. Inoltre, sempre nel rispetto delle disposizioni cantonali, in ciascun piano opera un’équipe di infermieri e collaboratori dedicata. «Ovviamente avevamo messo in conto che prima o poi il virus avrebbe potuto entrare anche qui – conclude il direttore – e perciò abbiamo fatto il possibile per ridurre al minimo il rischio che accadesse. D’altro canto, però, riteniamo di fondamentale importanza garantire all’ospite anziano e ai suoi familiari la possibilità d’incontrarsi. Uno degli aspetti prioritari per i nostri residenti è infatti quello di poter godere degli affetti e della parte socializzante. Siamo contro l’isolamento, tanto più adesso che c’è la possibilità di vaccinarsi». Il discorso vale anche per il personale, che si sta facendo letteralmente in quattro: «Ognuno ha la propria vita, le proprie relazioni personali, parentali e intergenerazionali. Sarebbe impensabile, anche per i nostri collaboratori, una vita in costante isolamento».