Il Municipio scrive al governo impegnandosi nell'acquisto e messa a disposizione gratuita; e vuole contribuire agli approfondimenti chiesti dalla Gestione
Nuovo Museo cantonale di storia naturale: scende in campo il Municipio di Faido. E che discesa. In una lettera inviata ieri al Consiglio di Stato, l’Esecutivo guidato dal sindaco Roland David dichiara piena disponibilità a sostenere l’opzione medio-leventinese, a tal punto da voler procedere all’acquisto dei due storici ex alberghi Suisse e Milano indicati come possibile sede espositiva. L’acquisto avverrebbe “qualora la scelta di Faido dovesse divenire realtà” e sottoponendo al Consiglio comunale un messaggio con la necessaria richiesta di credito. Le due proprietà private – si presuppone per un valore di qualche milione di franchi, ma la cifra non viene specificata – “verrebbero poi messe a disposizione del Cantone per la creazione del Museo”. Stando a quanto appreso dalla 'Regione', ciò avverrebbe in forma gratuita.
La missiva è stata inviata anche in copia alla Commissione parlamentare della Gestione che questo martedì ha incontrato una delegazione leventinese per discutere della mozione interpartitica che chiede l’esecuzione di un raffronto approfondito tra l’opzione Faido (scartata dal governo insieme ad altre sette giunte da varie parti del Ticino) e quella scelta a fine 2017 dal Consiglio di Stato che mira a inserire il museo nel comparto locarnese di Santa Caterina di proprietà cantonale. La stessa lettera è stata pure inviata ai municipi dei Comuni di Leventina e Blenio, i quali appoggiano la candidatura di Faido (ciò non presuppone però un loro impegno finanziario) aggiungendosi al Gruppo di sostegno ‘Museo nella natura sulla natura’.
Anche in questa fase, che richiederà alcune settimane, Faido mostra una chiara volontà di collaborare. “Il Municipio già sin d’ora garantisce – prosegue infatti la lettera – la massima collaborazione e disponibilità verso coloro che verranno incaricati dal CdS di eseguire gli approfondimenti richiesti dalla Commissione della gestione sul nostro dossier”. Non solo, il Municipio si dichiara “disposto a entrare nel merito di una partecipazione finanziaria per l’elaborazione di questi approfondimenti, sia mediante la messa a disposizione del nostro personale dell’Ufficio tecnico, sia mediante l’elaborazione di un documento, in collaborazione con il gruppo che ci sostiene, volto a definire contenuti, caratteristiche e potenzialità di valorizzazione territoriale del museo che potrebbe sorgere a Faido”. Oltre al côté logistico, il Municipio ritiene che siano proprio questi ultimi aspetti a richiedere degli approfondimenti, perché “permetteranno di affrontare il tema centrale che riguarda la concezione del museo nonché il suo inserimento in un progetto di valorizzazione territoriale e di sviluppo socioeconomico di tutta una regione”.
Nel proprio rapporto di fine 2017, ricordiamo, la Sezione cantonale della logistica aveva paragonato le nove candidature ponendo quella di Locarno in testa, seguita in seconda posizione dall’ex Macello di Lugano, quindi in terza da un vasto terreno militare di Bellinzona, in quarta l’ex caserma di Losone, in quinta Faido, in sesta l’ex villa vescovile di Balerna, in settima un terreno di Claro, in ottava la scuola media di Viganello e in nona l’ex centrale Gemmo di Massagno. Faido, Claro, Viganello, Balerna e Massagno venivano ritenute “meno idonee e poco interessanti”. La Logistica basava le proprie valutazioni anche sul ‘Rapporto di sintesi sulle candidature’ della cui stesura era stato incaricato, sempre nel 2017, lo studio di architettura Guscetti di Minusio; lo stesso – e qui fra i leventinesi sorge più di un dubbio su come siano andate le cose – che nel 2020 è poi stato indicato dal Collegio di esperti di progettare il nuovo museo (costi di progettazione 9,5 milioni e di realizzazione 36 milioni) venendo preferito ad altri tre architetti invitati nell’ambito del Mandato di studi in parallelo.
Nel motivare la propria decisione, il governo a fine 2017 sottolineava che i due alberghi di Faido “sono, dal profilo edile-architettonico, molto critici e pertanto non idonei, perché penalizzati da superfici rigide, con poca libertà compositiva nell’articolare nuovi spazi, e poco conformi o flessibili alle esigenze della moderna museografia”. L’inserimento del programma spazi in strutture alberghiere “è di difficile realizzazione e tipica di un adattamento del programma spazi alla struttura e non viceversa (esigenza di un nuovo concetto museologico)”. La superficie a disposizione “è sufficiente ma non permette ulteriori sviluppi se non piccoli ampliamenti”. E ancora: “Il bacino di utenza limitato dalla posizione geografica, i collegamenti con le reti di trasporto pubblico più difficoltosi, la distanza da un centro paese o città, le ridotte possibilità di collaborazioni con istituzioni scientifiche, culturali e turistiche, sono ulteriori elementi penalizzanti per la sede di Faido, soprattutto se confrontati con le altre offerte”. La scelta di trasferire il Museo a Faido, proseguiva il governo, “potrebbe dunque essere dettata unicamente dall’intento, per altro legittimo, di favorire una regione decentrata, ma non garantirebbe la funzionalità dell’istituto né molto probabilmente il suo successo sul lungo termine”. Il CdS aggiungeva in tal senso che “tutti i musei di storia naturale in Svizzera (ma anche all’estero) sono ubicati nei maggiori centri dei rispettivi Cantoni, se non nelle capitali stesse, poiché nei grossi centri le possibilità di collaborazioni con altre istituzioni e quindi le possibilità di fare sistema sono indiscutibilmente superiori ai centri minori. Ciò è molto importante per garantire il successo dell’istituzione sul lungo termine, e garantirle anche una parziale autonomia anche dal profilo finanziario”.