Bellinzonese

Alla sbarra il bombarolo di Bellinzona (con svastica e armi)

Sarà processato a fine febbraio il 22enne ritenuto responsabile di varie esplosioni, fra cui quella alle Scuole sud cittadine. Aveva un piccolo ‘arsenale’

Inquirenti al lavoro il 26 febbraio 2020 dopo la deflagrazione alle Scuole sud di Bellinzona (Ti-Press)
8 febbraio 2021
|

È corposo l’elenco dei reati di cui dovrà rispondere un 22enne di Bellinzona davanti alle Assise criminali riunite il 25 febbraio a Lugano e presiedute dalla giudice Francesca Verda Chiocchetti. In correità con un altro giovane e un minorenne, che vengono giudicati separatamente, è accusato di aver organizzato l’esplosione di diversi ordigni artigianali nella nostra regione fra il dicembre 2018 e il marzo 2020, quando infine è stato arrestato al termine di una lunga inchiesta. L’evento principale è stato la deflagrazione avvenuta nella notte del 26 febbraio scorso sul piazzale delle Scuole comunali sud cittadine, scoppio che ha causato un piccolo cratere nell’area di gioco e danni per 18mila franchi alle finestre e alle aule.

Prospettato un lungo elenco di reati

Il suo agire aveva attirato l’attenzione della popolazione per svariati mesi, petardo dopo petardo, generando una curiosità generale sull’origine di esplosioni che venivano udite in un raggio di diversi chilometri. Patrocinato dall’avvocato Niccolò Giovanettina, l’imputato dopo l’arresto ha dapprima trascorso 84 giorni in detenzione preventiva, per poi passare nel giugno scorso in esecuzione anticipata della pena al penitenziario cantonale della Stampa. Fra i reati imputatigli dalla procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis, citiamo la ripetuta fabbricazione, occultamento, uso e trasporto delittuosi di materie esplosive o gas velenosi; il danneggiamento; la discriminazione e l’incitamento all'odio; l’infrazione alla legge su armi e munizioni; nonché la registrazione clandestina di conversazioni.

Messa a rischio la vita di alcune persone

Un agire che secondo la magistrata inquirente ha anche messo in pericolo Ia vita e l’integrità di altre persone, e meglio di alcuni giovani che di volta in volta hanno assistito agli eventi, non è dato sapere se coscienti o meno del possibile rischio. Il primo episodio, risalente al 2019, riguarda l’esplosione, in un prato di Galbisio, di un ordigno assemblato dall’imputato con sei petardi contenenti 100 grammi l’uno di polvere pirica inseriti in un contenitore in cartone avvolto con corda e nastro adesivo e con attaccate quattro bombole di gas per fiamma ossidrica per aumentare il potere esplosivo. Seguono – sempre nottetempo – altri eventi simili sfociati nel danneggiamento di pareti e bidoni della spazzatura, come pure di alberi abbattuti in golena a Giubiasco, vicino al sentiero pedonale lungo il quale peraltro un ragazzo che stava facendo jogging è stato sfiorato (ma non ferito) da pezzi di legno scagliati a oltre trenta metri di distanza. Da notare che l’acquisto e l’importazione dei vari petardi, in tutto almeno 26, sono avvenuti tramite un portale estero.

L'incarico dato a due complici

Il culmine lo raggiunge alle Scuole Sud: stando agli inquirenti l’imputato ha confezionato un ordigno utilizzando un tubo d’acciaio, rinforzato con del nastro adesivo e una cintura di sicurezza per automobili, infilandovi 600 grammi di polvere pirica prelevata da quattro petardi; ha poi consegnato l’ordigno a un suo amico con l’accordo di farlo esplodere nell’ex campo di basket in presenza anche di un minorenne che faceva da ‘palo’. Il tutto mettendo in pericolo Ia loro vita e quella di altre persone, visto che non lontano erano in corso i bagordi notturni del Rabadan.

Il cappotto nazista e le armi

Ma l’elenco non finisce qui. L’accusa di discriminazione e incitamento all’odio si riferisce al fatto di aver indossato, durante l’ultima edizione del Rabadan, una riproduzione fedele di un cappotto dell’esercito militare tedesco con riprodotta una svastica sul braccio sinistro e una croce con svastica sul petto: secondo la procuratrice, così facendo ha pubblicamente propagato l’ideologia nazista intesa a screditare il popolo ebreo. Capitolo armi: l’accusa elenca una serie di oggetti di cui l’imputato era in possesso senza autorizzazione, vale a dire un bastone tattico, un manganello, una pistola soft air da lui usata cinque volte sul Piano di Magadino, una fionda dotata di poggiabraccio e un puntatore laser utilizzato a Castelgrande. Fra il materiale sequestrato figurano diverse granate fumogene, varie bombole di gas, attrezzature per saldare, banconote e lingotti d’oro fasulli, alcune pistole, attrezzatura varia per confezionare gli ordigni e, per non farsi mancare nulla, anche un visore notturno e un contatore geiger per il rilevamento della radioattività.