In tempo di Covid-19, con più difficoltà a reperire la sostanza c'è chi cambia abitudini di consumo. Intervista a Martin Hilfiker responsabile di Antenna Icaro
Fare i conti con la propria dipendenza in tempo di pandemia può essere ancora più difficile. Con le restrizioni in atto per arginare la diffusione dei contagi da coronavirus, per i tossicodipendenti è diventato più arduo procurarsi la sostanza. Per alcuni il consumo diminuisce, di conseguenza aumenta però la lucidità e la sensazione di angoscia. Per altri, la difficoltà nel reperire la sostanza porta invece a un incremento del consumo di altre sostanze legali e facilmente reperibili, come alcol e farmaci. Di questo fenomeno, ma non solo, abbiamo parlato con Martin Hilfiker, direttore del Servizio per le dipendenze da sostanze di Associazione Comunità familiare, che su mandato cantonale opera a Bellinzona (in via Franco Zorzi 15) e Muralto con le attività di Antenna Icaro e ad Arbedo-Castione con il Laboratorio21 (in via Stazione 21). «Da quanto ci riferiscono gli utenti, durante il periodo del lockdown vi è stata una difficoltà nel reperire le sostanze. Meno movimento di persone sul suolo pubblico e maggiore presenza di forze dell’ordine sembrano aver disincentivato il traffico di sostanze nei luoghi pubblici», evidenzia Martin Hilfiker. Le mutate abitudini nella disponibilità e reperibilità delle sostanze stupefacenti, spiega il direttore del Servizio, hanno fatto sì che alcuni utenti abbiano cambiato le loro abitudini di consumo, riducendolo o integrandolo con altre sostanze. Altri hanno invece subìto l’assenza della sostanza poiché l’astinenza ha comportato per loro effetti negativi sia a livello fisico che psicologico. Le conseguenze sono state molteplici; alcuni hanno dovuto accedere al pronto soccorso per consultazioni e in alcuni casi si sono resi necessari ricoveri psichiatrici. Tuttavia, il direttore constata che il numero di utenti che si rivolgono al Servizio per le dipendenze è rimasto costante negli ultimi mesi e si attesta sempre intorno alle 400 persone, più 150 familiari, che sono indirettamente toccati dal problema.
Nonostante le restrizioni in vigore, il lavoro per la trentina di collaboratori – tra cui operatori sociali, infermieri, psicologi, psichiatri e personale amministrativo – attivi nei due centri di competenza e nel laboratorio non si è fermato. «Anzi, siamo stati confrontati con alcune accelerazioni. Nelle due sedi di Antenna Icaro e al Laboratorio21 sono in vigore dei Piani di protezione che indicano gli accorgimenti da adottare per salvaguardare la salute dei collaboratori e degli utenti». Ad ogni utente in entrata alle strutture viene misurata la temperatura corporea e fornita una mascherina. In caso di impossibilità a frequentare fisicamente le strutture, gli utenti vengono raggiunti nelle loro abitazioni dagli operatori del sostegno abitativo. Tale servizio è finalizzato ad aiutare gli utenti a sviluppare e mantenere un’autonomia nella propria abitazione, garantendo loro condizioni di vita dignitose. Durante il primo lockdown, Laboratorio21 ha inoltre preparato e consegnato al domicilio degli utenti due pasti alla settimana. Questo laboratorio offre, ai circa 30 utenti attivi, la possibilità di un’esperienza lavorativa in grado di aiutarli a riscoprire una dimensione personale e sociale spesso trascurata. Ciò viene fatto mediante progetti individuali nel laboratorio lavanderia, sartoria, spazio verde e cucina.
Per le persone che soffrono di dipendenza da sostanze avere un punto di riferimento come Antenna Icaro è fondamentale, soprattutto in un periodo di grande incertezza come quello attuale caratterizzato dalla presenza del coronavirus. Cosa è accaduto dunque quando, in occasione della prima ondata pandemica, il centro non ha potuto accogliere fisicamente gli utenti? Gli operatori del Servizio li hanno raggiunto telefonicamente e li hanno informati sulle nuove procedure da adottare in funzione dell’emergenza sanitaria. «Seguendo le indicazioni cantonali e federali ci siamo subito organizzati per evitare che i pazienti uscissero di casa e si recassero presso le sedi di Antenna Icaro a Bellinzona e a Muralto. Per l’erogazione delle prestazioni previste dalla Legge sugli stupefacenti abbiamo optato per la consegna a domicilio dei medicamenti prescritti dal nostro medico psichiatra», spiega Hilfiker. Un approccio che ha permesso al Servizio di mantenere il contatto con i pazienti, mediante incontri regolari e in sicurezza. «Parallelamente tutto il personale ha mantenuto regolari contatti telefonici e colloqui con tutti gli utenti». Il lockdown ha visto tutti confrontati con precise regole e restrizioni personali. «Sul piano psicologico questo è stato un importante tema di confronto e riflessione durante gli incontri con gli utenti». Gli strumenti digitali hanno permesso di accorciare le distanze e l’ascolto offerto dall’équipe tramite videochiamata ha sopperito in parte alla mancanza di contatti. «La paura del contagio – conclude Hilfiker – ha fortunatamente indotto molti utenti a restare responsabilmente a casa e i casi di test risultati positivi al Covid-19 sono stati pochi».