Falsa testimonianza e omissione di soccorso: 15 mesi sospesi per il 35enne complice delle bugie del giovane reo di omicidio colposo
Terza condanna per l’incidente mortale avvenuto a Malvaglia la notte del 31 ottobre 2015, quando un automobilista 21enne di Marogno aveva perso la vita a causa di un violento scontro frontale con un’altra vettura che aveva invaso la corsia all’altezza del curvone della Legiüna.
Dopo i 3 anni e 3 mesi di detenzione per omicidio colposo inflitti al 23enne di Leontica che si trovava alla guida del Suv, ieri mattina la Corte delle Assise correzionali di Acquarossa presieduta dal giudice Amos Pagnamenta ha condannato a una pena di 15 mesi di carcere, sospesa condizionalmente per due anni, il 35enne del Bellinzonese che quella notte circolava poco dopo l’uomo condannato martedì (vedi ‘laRegione’ di mercoledì 4 marzo), a bordo di una Seat sulla quale sedeva anche un’amica del 23enne. La colpa dell’imputato comparso ieri nell’aula penale di Lugano? Aver appoggiato il giovane – che quella notte viaggiava con un tasso di alcolemia fra lo 0,74 e l’1,33 per mille – nel vano tentativo di eludere le indagini e scaricare la colpa sulla vittima.
Il 35enne è stato giudicato colpevole di omissione di soccorso, falsa testimonianza ripetuta, infrazione grave alle norme della circolazione ed elusione di provvedimenti per accertare l’inattitudine alla guida. Reati, elencati nell’atto d’accusa stilato dal procuratore pubblico Andrea Minesso, che sono stati riconosciuti dall’imputato.
Dopo aver assistito all’incidente, non ha allertato tempestivamente gli enti di soccorso, limitandosi ad aiutare il 23enne nel vano tentativo di rimuovere la sua auto finita in una scarpata. Ha insomma seguito alla lettera le indicazioni del giovane circa la versione menzognera da subito orchestrata. Solo dopo essersi reso conto che i tentativi di sviamento non sarebbero andati a buon fine (circa 20 minuti dopo lo scontro), il 23enne aveva finalmente chiamato la polizia. Nel frattempo il 35enne se n’era già andato dal luogo dell’incidente al fine di sottrarsi all’analisi per determinare il valore dell’alcool nel sangue. Nei giorni successivi, in sede di interrogatorio, seguendo le indicazioni del giovane aveva poi riferito una versione falsa: ovvero che la velocità del Suv al momento del frontale fosse di 80 km/h (nei limiti, e non di 122 km/h come stabilito dalla perizia) ma di non essere in grado di riferire circa un’eventuale invasione della corsia di contromano da parte del Suv. Non aveva inoltre confermato che poco prima dell’impatto fosse stato sorpassato dal Suv. Proprio quel sorpasso scellerato, ha stabilito la Corte martedì, aveva invece provocato la fatale perdita di padronanza dell’auto da parte del 23enne. Quanto all’amica, pure coinvolta nella versione menzognera, è già stata condannata tramite decreto d’accusa.