Ocst e Unia partendo dalla chiusura della Intervalves di Biasca criticano la poca trasparenza delle aziende al beneficio di incentivi pubblici
Con l’ultimo caso della Intervalves di Biasca che chiuderà i battenti lasciando a casa 25 dipendenti, si aggrava il già critico bilancio dei posti di lavoro persi nelle Tre Valli. Considerando le cifre del passato recente relative al periodo in cui le ditte ‘giravano’ a pieno regime, si può comodamente affermare che durante l’ultimo lustro ne siano spariti circa 300, solo in parte riassorbiti dal mercato del lavoro locale o ticinese, oppure rientrati grazie a nuove assunzioni operate talvolta dagli stessi datori che prima licenziavano. La cifra – riferita ai settori industria e edilizia – emerge dalle valutazioni che la redazione ha raccolto da Claudio Isabella e Igor Cima, sindacalisti rispettivamente di Ocst (vicesegretario regionale) e Unia (responsabile Sopraceneri).
«Mi preoccupa – esordisce Cima – quanto avviene dopo l’ottenimento dei vantaggi. Si tratta di aiuti elargiti dagli enti pubblici in molteplici forme», siano essi fiscali, come accadeva soprattutto in passato, o nei tempi più recenti di tipo economico con aiuti all’investimento e all’innovazione. «Trascorso il primo periodo, non di rado capita che a causa dei motivi più disparati gli affari inizino ad andare meno bene del previsto, che si chieda e ottenga il lavoro ridotto e si proceda alle prime disdette», solitamente poche alla volta per aggirare l’obbligo di elaborare un piano sociale. «Ho visto parecchie ditte nascere e morire in poco tempo». Igor Cima invita quindi a «fare qualche riflessione sul modo con cui si avviano e sostengono determinate iniziative imprenditoriali in un contesto molto particolare com’è quello di Biasca e della sua Zona industriale d’interesse cantonale che non è mai davvero decollata. Alla fine ritengo che lo sforzo intrapreso non paghi il risultato. È lì tutto da vedere». Prossimamente – come anticipato dalla ‘Regione’ il 6 novembre scorso – si trasferirà a Biasca la Mediluc di Bodio (protesi mediche) che intende consolidarsi con una trentina di dipendenti; sempre nella Ziic di Biasca è annunciato l’arrivo di una ditta nutriceutica con 50 posti. «Notizie che fanno piacere – annota Cima – con la speranza che non siano dopate da aiuti pubblici, esauriti i quali finisce anche la festa». Più in generale Cima ravvisa poi una difficoltà diffusa a intavolare trattative per avere buone condizioni lavorative e salariali: «E questo nonostante si percepiscano aiuti pubblici».
Sulla stessa lunghezza d’onda Claudio Isabella, a sua volta preoccupato per la mancanza di trasparenza talvolta ravvisata nei contatti con le ditte al beneficio di sostegni pubblici: «Un buon rapporto bilaterale presupporrebbe il fatto di giocare a carte scoperte, ciò che raramente accade». Ente pubblico e ditte appellandosi alla protezione dei dati non espongono ai sindacati quanto elargito e ricevuto. «E quasi sempre – annota Isabella – chi più ottiene dallo Stato, poi meno collabora con noi. Ciò che finisce, soprattutto nel settore industriale, per incrinare i rapporti di partenariato sociale. Ci aspettiamo insomma trasparenza sui dati per avere un quadro più completo e dati oggettivi su cui impostare un dialogo costruttivo e contatti più frequenti, nell’ottica di promuovere l’adesione ai contratti collettivi».
A proposito di aiuti pubblici, le cifre non sono noccioline. Ma nemmeno vengono facilmente esposte: basti pensare che sul fallimento della Airlight, sempre di Biasca, l’interrogazione presentata da un granconsigliere, volta a capire l’ammontare del sostengo cantonale, ha ottenuto risposte vaghe. Qualcosa però emerge dal passato: nel giugno 2006 la stessa Airlight ottenne dal Consiglio comunale un esonero fiscale del 100% per 5 anni sul capitale e sull’utile. La Smb pure di Biasca, che rischiava la chiusura se non fosse stata ritirata nel 2018 dall’italiana Riganti, nel 2004 ottenne dal Cc di pagare solo il 25% dell’imposta comunale per la durata di otto anni, più altri due al 50%. Altre cifre interessanti emergono dal Rapporto sulla Ziic di Biasca elaborato nel 2004: fra il 1980 e il 2003 le sette ditte coinvolte (tra cui la nel frattempo chiusa Termogamma e la Intervalves, ma figura anche la Helsinn che gode di buona salute) hanno beneficiato di aiuti pubblici federali, cantonali e comunali pari a 37 milioni (media 1,6 all’anno) di cui 5 dal Comune di Biasca sotto forma di esenzione fiscale. Per contro fra il 1991 e il 2001 le aziende della Ziic hanno versato nelle casse comunali quasi 7 milioni, rinunciando a incassarne 3,3 per esenzioni.
Nonostante le chiusure registrate negli ultimi anni, la Ziic di Biasca è sana. Lo sostiene il manager d’area Stefano Melera a seguito della decisione di Intervalves di chiudere i battenti comunicata martedì. «Dispiace molto per il personale rimasto senza lavoro e per le loro famiglie, ma si guarda avanti», ci spiega. Ciò significa da una parte mettere a disposizione le conoscenze legate alla presenza di aziende sul territorio per tentare di ricollocare i dipendenti; dall’altra Melera guarda verso le nuove aziende in arrivo, precisando che contrariamente a Intervalves sono attive in settori con margini di profitto interessanti, come la produzione di protesi e di alimenti. «Macrosettori in cui la competitività e l’innovazione sono buone», sottolinea. Il ruolo di Melera, attivo all’Ente regionale sviluppo Bellinzonese e valli, è di rafforzare il polo di sviluppo economico di questa regione. E lo fa, ci spiega, mettendo in rete le aziende presenti sul territorio con altre realtà imprenditoriali ma anche con gli organi istituzionali, come Comune e Cantone. Nel concreto si attiva per cercare di portare nella Ziic nuove ditte, ma anche dando un sostegno a quelle già presenti promuovendo ad esempio le energie rinnovabili (anche grazie alla rete di teleriscaldamento presente in zona industriale) e la mobilità sostenibile. «Non possiamo invece modificare il mercato dei settori in difficoltà», come quello automobilistico nel caso di Intervalves.
Il vertice della Intervalves che nel 2013 ha ripreso la precedente omonima ditta salvandola dal fallimento – spiega il sindaco Loris Galbusera – beneficia attualmente dal Comune di Biasca solo di uno sconto sul diritto di superficie che viene poi riversato per metà al Patriziato proprietario del terreno: «La Direzione ha fatto di tutto per restare a galla – annota il sindaco – ma il mercato è spietato e in quel settore i margini di guadagno sono oggi bassissimi». L’ente locale in questo ambito, oltre agli aiuti previsti dalla legge, non può sobbarcarsi altri oneri: «Spiace soprattutto per i dipendenti che risiedono in zona. Confidiamo possano essere ricollocati».