I due agenti a processo e il personale di Argo 1 forniscono spiegazioni differenti. E Sansonetti su Facebook accende un cero in vista del suo dibattimento
Sono colpevoli o no di sequestro di persona e abuso d'autorità i due appuntati della Polizia cantonale che la sera del 27 gennaio 2017 ammanettarono un richiedente l’asilo minorenne – che aveva dato in escandescenza poiché ubriaco e arrabbiato – a un tubo di separazione dei box doccia negli accantonamenti di Camorino? È l’interrogativo cui deve rispondere il giudice della Pretura penale di Bellinzona Siro Quadri davanti al quale si è celebrato ieri il processo che sfocerà nella sentenza agendata venerdì 20 dicembre. Il giorno prima, giovedì 19, sempre davanti a Quadri comparirà Marco Sansonetti, l’ex titolare della società di sicurezza Argo 1 che aveva la responsabilità di gestire il bunker di Camorino. Su Facebook, con una foto che lo ritrae davanti a un altare illuminato da tante candele mentre accende un cero, il 39enne ricorda che manca una settimana al dibattimento.
Quanto ai due appuntati 35enni, va detto che il loro superiore, un sergente maggiore, ha accettato la condanna proposta dal procuratore generale Andrea Pagani tramite decreto d’accusa. Ciò che lo ha sottratto al processo pubblico; via invece intrapresa dai due sottoposti che contestano una loro responsabilità penale sanzionabile con pene pecuniarie di 60 e 30 aliquote giornaliere, sospese condizionalmente, rispettivamente di 110 e 150 franchi. Entrambi sottolineano di aver obbedito a un ordine superiore e di aver dovuto gestire una situazione delicata nel modo che in quel momento – considerate tutte le circostanze – risultava essere quello meglio praticabile. Sulla gestione delle manette le versioni divergono: secondo Argo 1 la polizia avrebbe invitato i 'securini' a ricontattare gli agenti una volta calmatosi il giovane, così da inviarli nuovamente sul posto per liberarlo dalle manette; invece la polizia sostiene di aver lasciato le chiavi al personale di Argo 1 invitandolo a liberare il minorenne appena si fosse calmato. Ciò che avvenuto la mattina successiva, dopo diverse ore. La seconda versione risulta essere più favorevole agli agenti imputati: se riconosciuta dal giudice potrebbe ridurne la responsabilità penale.
Ma perché non portare il ragazzo in una struttura di contenimento più adatta? In effetti – è stato spiegato ieri in aula – gli agenti dopo averlo prelevato una prima volta dagli esterni del bunker in stato di agitazione e alcolemia, lo hanno accompagnato nella vicina centrale di polizia e messo in una cella di sicurezza, dove però il giovane si è ferito dando una testata. A quel punto altri interventi più urgenti sul territorio (lite coniugale e intenti suicidali), nonché la mancanza di personale in centrale, hanno indotto il sergente maggiore a decidere di riaccompagnarlo a piedi nel vicino bunker e di darlo in consegna al personale di Argo 1 presente sul posto. Vista però la forte e reiterata agitazione del giovane – ritenuta a rischio sia per il minorenne stesso, sia per le persone vicine – il superiore ha pure indicato agli agenti di procedere con un contenimento tramite ammanettamento a una struttura fissa del bunker.
Un agire corretto? Tutte le parti hanno convenuto ieri durante il processo che si sarebbe in effetti potuto fare meglio. Il Pg Pagani – come riporta oggi il ‘Corriere del Ticino’ – ritiene che l’agire della polizia abbia decisamente superato il limite dell’accettabile e che soluzioni alternative fossero sicuramente percorribili. Pagani, sostenendo che sia mancato il rispetto nei confronti di un giovane essere umano, ha parlato di «pericolose e degradanti modalità che sfuggono a ogni controllo». Non di questo avviso gli avvocati difensori Maria Galliani e Deborah Gobbi, secondo cui la polizia ha optato per la soluzione che in quel frangente ha ritenuto fosse meglio praticabile, negli interessi sia del minorenne, sia delle persone a lui vicine, sia delle altre urgenze che quella sera andavano gestite.
Le accuse per Sansonetti
Coazione e abuso di autorità sono alcuni dei reati di cui dovrà rispondere il 39enne Sansonetti essendosi anch’egli opposto al decreto d’accusa firmato dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo per i medesimi fatti del 21 gennaio 2017, avendo secondo l’accusa aggravato la situazione del richiedente l’asilo. Il 39enne dovrà inoltre rispondere di infrazione alla Legge federale sull'assicurazione per la vecchiaia e per i superstiti. Questo per essersi in parte sottratto, tra il gennaio 2015 e il febbraio 2017, in qualità di datore di lavoro, all'obbligo di pagare gli oneri sociali (in tutto 70mila franchi), notificando alla Cassa cantonale di compensazione Avs/Ai/Ipg indicazioni incomplete sui salari versati ai dipendenti e omettendo di conteggiarne una parte che veniva poi consegnata al dipendente.