Biasca: anziché avvisare i guardacaccia in occasione di investimenti sulla strada, facevano intervenire un macellaio loro complice
In vita appartengono alla comunità, se uccisi nel periodo di caccia appartengono al cacciatore, se morti perché investiti sulla strada appartengono allo Stato. Strano destino quello dei capi di selvaggina. Destino sul quale tre agenti della Polizia comunale di Biasca hanno ritenuto di dover avere voce in capitolo, tanto da modificarlo. Ed è così successo che in alcune occasioni – ha ricostruito l’inchiesta penale avviata a inizio anno sul loro conto – anziché seguire le regole abbiano organizzato in privato il ritiro delle bestie morte, tenendo per loro le pregiate carni; non è invece stata provata l’esistenza di smercio sottobanco e relativa spartizione del bottino. Un agire che è costato loro una condanna per i reati di abuso d’autorità, favoreggiamento e violazione della Legge federale sulla caccia. La firma sui decreti d’accusa – tutti con pene pecuniarie sospese condizionalmente e multe effettive di 300 franchi – è stata posta in maggio dal procuratore generale Andrea Pagani che ha fatto proprie le conclusioni delle indagini svolte dalla Polizia giudiziaria. Pure incastrato e condannato un macellaio della zona che su loro richiesta interveniva nei luoghi degli incidenti recuperando gli animali morti per poi lavorarne le parti commestibili. Non è dato sapere se nel frattempo il quartetto abbia impugnato i decreti accettando così di sottoporsi a un processo pubblico in Pretura penale. Dal canto suo il Municipio di Biasca, autorità di nomina degli agenti, si pronuncerà solo a bocce ferme. La prassi corretta prevede che la centrale di polizia, oppure la pattuglia recatasi sul luogo dell’investimento, allertino i guardacaccia cui compete il trasporto dei resti al centro recupero carcasse qualora l’animale non sia macellabile, oppure la messa in vendita a privati, ristoranti o case anziani qualora risulti commestibile. Venendo a mancare questa fase, lo Stato non incassa quanto previsto per legge. Nel caso specifico la cifra complessiva non è ingente, ma ad ogni modo il quartetto dovrà risarcire il Cantone per il mancato introito. Dall’inchiesta risulta che i tre agenti – contro i quali non sono escluse misure disciplinari – giustificavano alla centrale operativa l’assenza dell’animale investito dichiarandone la fuga.