Il Municipio chiede al Cc di accordare con clausola d'urgenza la possibilità di partecipare all'asta o di trattare direttamente col proprietario
Villa Bonetti all'asta per oltre 7-8 milioni di franchi? Altolà del Municipio di Bellinzona che in un messaggio con clausola d'urgenza chiede al Consiglio comunale – riunito il 17 giugno – di partecipare all'asta pubblica in agenda il 9 luglio o, in alternativa, di trattare direttamente col proprietario, un ingegnere trovatosi in difficoltà dopo il fallimento della propria ditta di Biasca. Un acquisto ritenuto “doveroso”, ma non da farsi a tutti i costi. Lo scorso 27 maggio il Legislativo cittadino a larga maggioranza ha infatti bocciato la risoluzione presentata dall'Mps ritenendola troppo vincolante laddove chiedeva al Municipio di “fare tutti i passi necessari per assicurarsi l’acquisto di Villa Bonetti”. L'interesse c'è – aveva detto il sindaco Mario Branda – ma vuole essere libero da vincoli. Troppi insomma i 7,6 milioni indicati dalla stima peritale fatta eseguire dall'Ufficio esecuzione e fallimenti.
Ora nel messaggio il Municipio indica una possibile linea d'azione: “Stabilire un’offerta d’acquisto massima, che per evidenti ragioni non può essere esplicitata in un documento pubblico, ragionevole ed equilibrata in rapporto al valore della villa e all’impatto sulle finanze comunali”. Se l’acquisto dovesse andare a buon fine, “verrà sottoposto al Legislativo un nuovo messaggio per la ratifica del credito”. Il Municipio ha incaricato un proprio perito per avere un’indicazione, oltre a un valore di stima reale dell’immobile, anche di una stima del valore commerciale dello stesso: “In ogni caso il valore di stima della perizia commissionata dall’Ufficio esecuzione e fallimenti è eccessivo per rapporto alle attuali possibilità della Città e ai progetti che intende realizzare nel prossimo futuro”.
Che farne? “La Villa e il giardino sono sottoposti a tutela locale e cantonale”, ricorda l'esecutivo: “Di conseguenza il futuro proprietario non potrà che utilizzarla allo stato attuale, preservandola e intervenendo unicamente per una sua conservazione”. Un’acquisizione da parte della Città “a condizioni ragionevoli entrerebbe in linea di conto per destinarla a funzione pubblica e, appena possibile, per renderla fruibile direttamente o indirettamente alla cittadinanza”. Si potrebbe immaginare che il giardino “venga aperto e fruito come piccolo parco urbano, attrezzandolo con un parco giochi per bambini e con delle panchine per la sosta. Si potrebbe inoltre immaginare di realizzare al suo interno un orto e/o un giardino botanico a scopo didattico”. Per la Villa “si potrebbe invece ipotizzare che il piano terreno (grande salone) venga utilizzato per ricevimenti istituzionali, per seminari o riunioni o per esposizioni particolari. Si potrebbero inoltre organizzare conferenze, concerti, letture aperti al pubblico (50-100 persone). Lo stesso grande salone, con l’adiacente giardino, potrebbe essere affittato per matrimoni, ricevimenti, seminari, eventi aziendali o di enti e associazioni”. Gli spazi ai piani superiori “potrebbero invece essere utilizzati per uffici dell’Amministrazione o del Municipio”. Il parco, il piano terreno e il primo piano sono utilizzabili da subito; il secondo piano e il piano seminterrato andrebbero invece ancora completati: “Un investimento, non indifferente, di cui occorre tenere conto, ma che non necessariamente dovrà essere realizzato nell’immediato”.
Chi dice no?
Gli scettici avranno pane per i loro denti. Già 'mantenere' il Museo civico Villa dei Cedri costa quasi un milione all'anno, e già si prospetta l'acquisto anche dell'ex ospedale di Ravecchia, grande edificio di proprietà di Armasuisse. Se da una parte è vero che il Dicastero opere pubbliche (Dop) è destinato a spostarsi a seguito del previsto esproprio della sua sede per far posto al terzo binario e alla fermata TiLo dietro piazza Indipendenza, e che per questo motivo potrebbe entrare in linea di conto l'ex ospedale di Ravecchia, troppi acquisti non rischiano di pesare troppo sulle finanze turrite?