L'imprenditore del Bellinzonese si difende e fa notare che gli animali gli sono stati confiscati 'senza protezione a una temperatura di 5 gradi’
«Non ci sto a passare per delinquente quando invece sono un grande amico degli animali e ho agito in buona fede». L’imprenditore bellinzonese protagonista della vicenda di cui abbiamo riferito venerdì scorso ha deciso di raccontare la sua versione dei fatti, sfociati nella confisca a fine novembre di due tartarughe specie Sulcata su ordine dell’Ufficio federale di veterinaria.
L’uomo spiega alla ‘Regione’ che al momento dell’acquisto di tre esemplari avvenuto a fine maggio in Italia, i venditori gli hanno fornito i documenti Cites necessari per lo sdoganamento. Aspetto che le autorità elvetiche contestano non avendo l’uomo fornito nell’ambito del controllo avvenuto al confine né l’autorizzazione per l’importazione, né la documentazione richiesta sulla provenienza legale degli animali. È stata pertanto avviata la procedura di contravvenzione e gli è stata concessa una proroga per la consegna dei documenti corretti. L’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria ha inoltre ordinato il sequestro a domicilio degli animali. In pratica il proprietario non li poteva spostare da casa sua. «Ma non era un problema, tanto io non li volevo vendere», precisa.
Per quanto riguarda le condizioni in cui le tartarughe si trovavano, l’uomo assicura di aver preso tutte le misure necessarie per il loro benessere, con la presenza di spazi esterni e una casetta riparata dove potevano rifugiarsi, con pavimento di legno e stufa elettrica per ottenere la temperatura adeguata. Si tratta infatti, ricordiamo, di animali delicati che necessitano di vivere a temperature sufficientemente calde per evitare l’insorgere di malattie respiratorie. Un rischio, quest’ultimo, a cui secondo l’imprenditore le tartarughe sono state esposte proprio in occasione del sequestro avvenuto qualche settimana fa, circa cinque mesi dopo l’importazione ritenuta illegale dalle autorità federali.
In quell’occasione, la mattina del 30 novembre, mentre la temperatura esterna è di 5°C, l’acquirente delle tartarughe racconta che la protezione animali alla presenza di rappresentanti dell’Ufficio veterinario cantonale e federale e di agenti della PolCom, ha caricato su un rimorchio con portellone sul retro semi aperto, senza legarli, i due esemplari. Il terzo, gravemente malato a causa di ustioni riportate prima dell’arrivo in Svizzera, era stato nel frattempo soppresso dopo che l’uomo si è rivolto a una protezione animali. Alla richiesta di spiegazioni sul trasporto effettuato in tal modo, sottolinea l’imprenditore, gli è stato risposto che avrebbero dovuto percorrere solo pochi chilometri e non centinaia come aveva fatto lui, quando le aveva caricate tutte e tre su un furgone da cantiere. «Quando io ho effettuato il trasporto, però, faceva caldo», sottolinea precisando di aver documentato la confisca tramite foto e video. A contribuire a fargli mettere in dubbio la professionalità dell’Ufficio veterinario cantonale vi è anche il lungo lasso di tempo intercorso dal suo passaggio in dogana al giorno della confisca: mesi durante i quali, spiega, nessuno si è recato a casa sua a controllare come tenesse gli animali. L’uomo ha il dente avvelenato anche con alcuni veterinari ticinesi. «Sono così amico degli animali da aver speso circa 30mila franchi nel corso degli anni per far curare con successo alcuni dei miei cani e gatti in una clinica veterinaria nei pressi di Torino». Una decisione – racconta – presa dopo aver consultato alcuni veterinari ticinesi che avevano invece proposto come unica soluzione la loro soppressione.