Il Consiglio comunale ha stanziato stasera a larga maggioranza (Plr, Ppd, Sinistra, Lega/Udc) il credito previsto dall'accordo tripartito con Ffs e Cantone
A tempo di record (tre mesi e mezzo dalla pubblicazione a oggi) il Consiglio comunale ha avallato stasera con 50 sì (Plr, Ppd, Sinistra e Lega/Udc), 5 no (Verdi, Mps e Pc) e 2 astenuti il messaggio municipale di maggior peso, in tema d’investimenti, della prima parte di legislatura della nuova Bellinzona. Venti milioni in tre rate da destinare alla realizzazione della nuova officina di manutenzione Ffs a Castione, quartiere che non appartiene alla Città aggregata; più 500mila franchi quale quota parte per avviare lo studio urbanistico previsto nel post-officine in centro città.
Qualora pure il Gran Consiglio stanziasse i 100 milioni di sua pertinenza in base all’accordo tripartito sottoscritto lo scorso dicembre con Città e Ferrovie, lo stesso Cantone e il Comune diverrebbero proprietari di 55-60mila metri quadrati dell’attuale complesso industriale che ne misura 114mila. Il tutto nell’ambito di una vasta riqualificazione con cui le Ffs realizzerebbero edifici residenziali e Città-Cantone strutture nelle quali inserire formazione, amministrazione, parco tecnologico, spazi pubblici (nella cosiddetta ‘cattedrale’, edifico protetto), appartamenti intergenerazionali e aree aperte ad uso pubblico.
Per i Verdi è mancato uno studio d’impatto oltre che finanziario, economico e sociale, anche ecologico. Ma c’è di più – ha detto il consigliere Marco Noi – ossia il fatto che Municipio e Commissione della gestione «non si sono chinati sull’impatto generato dalla creazione ex-novo di un nuovo quartiere di 4-5’000 abitanti, con nuovi commerci e imprese». Quindi – parlando di idealizzazione, opportunismo politico e paura – una stoccata al sindaco: «Quando Mario Branda afferma che prima di questo progetto non c’era niente di concreto, falsifica la realtà rimuovendo dalla sua memoria che nel 2013 ha messo la firma su un documento con tanto di studio di fattibilità che rappresentava un’intesa elaborata e conquistata con grande fatica tra tutte le parti, maestranze comprese a differenza di oggi, per mantenere sull’attuale sedime un’officina competitiva e, proprio perché più indipendente dalla direzione centrale delle Ffs, capace di operare sul mercato terzi per la propria sopravvivenza». Quanto successo dopo, «è stato un gravissimo errore strategico che espone i due legislativi ad essere ricattabili dalle Ffs. Che come si è visto, sono pronte a delocalizzare».
Angelica Lepori Sergi (Mps) non le ha mandate a dire: «Questo treno ci porterà sul binario morto! Meglio sarebbe stato dibattere prima, sul piano cantonale, dell’iniziativa ‘Giù le mani dall’officina’, che se dovesse essere avallata in votazione popolare farà decadere quanto si discute oggi. Perché l’iniziativa concretizza soluzioni più solide di quanto ci viene proposto da Ffs, Governo e Municipio. Punta a un vero sviluppo industriale e a posti di lavoro garantiti e numericamente maggiori».
Troppi, secondo il comunista Alessandro Lucchini (Unità di sinistra), i dubbi che permangono. Da qui il suo voto contrario: l’accordo tripartito «lascia troppa carta bianca al management delle Ffs che dieci anni fa voleva di fatto liquidare le Officine. L’alternativa è, per il mio partito, l’approvazione dell’iniziativa popolare del 2008, la quale pone in modo inequivocabile il mantenimento delle attuali attività delle Officine e lo sviluppo effettivo del centro di competenza. Perciò riteniamo che si debba tornare a trattare con le Ffs mettendo paletti più chiari per maggiori garanzie in termini di occupazione e volumi di lavoro, e parallelamente definendo meglio i contenuti dell’attuale sedime».
«Un punto fermo c’è: si realizzerà davvero la nuova officina». Lo ha ribadito il sindaco Mario Branda rispondendo alle critiche emerse durante il dibattito: «Quanto annunciatoci dalle Ffs, come ipotesi di lavoro che oggi difendiamo, ha rimesso in discussione le trattative svolte nell’arco di molti anni, sfociando in un progetto concreto». Un elemento importante «è che non ci saranno licenziamenti durante la fase di transizione. Parliamo, dal 2026, di 200/230 posti di lavoro a lungo termine, che varranno per i prossimi 50 anni». E non capita spesso, ha annotato il sindaco, di tornare proprietari di un sedime di 60mila metri quadrati in pieno centro cittadino che si potrà pianificare e ridefinire: «Sarà uno sviluppo sostenibile, in linea con le attese, un quartiere moderno e da esempio per altre realtà».
Quanto al parco tecnologico che vi si insedierà, «oggi non possiamo ancora dire quali ditte troveranno casa qui, ma possiamo creare le condizioni per farle arrivare veramente». Perciò rinunciare a questo progetto, «significa rinunciare a posti di lavoro e a uno sviluppo socio-economico che riteniamo di importanza fondamentale per Bellinzona e il Ticino». E in risposta ai Verdi che ritengono l’accordo Città-Cantone-Ffs un tradimento nei confronti delle maestranze delle Officine, Branda ha invitato a guardare alla collettività e alle attese della società: «Sappiamo di fare la cosa giusta per le officine, per gli operai e per il tessuto economico locale e cantonale».