Culture

Dan, dabadan, dabadan

(Francesca Agosta)
17 maggio 2017
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Mentre molte star uscite dai talent o da Sanremo (anche da entrambi, nella stessa stagione) annullano i propri live o nemmeno ne hanno, ai concerti di Umberto Tozzi si rischia di non entrare: sold-out più o meno ovunque in Italia, già 20 le date programmate in tutta Europa. È arrivata a Lugano, domenica scorsa, la festa dei 40 anni di “Ti amo”, canzone sempreverde che l’Umberto si gioca presto nella scaletta di questo tour, ringraziandola pubblicamente per avergli “permesso di fare questo mestiere”.

I fonici devono lavorare duro al Palacongressi, che non è la Royal Albert Hall (dove il piemontese incise l’omonimo live). L’acustica, però, è a puntino su “Le parole sono niente”, novità che l’estate probabilmente diffonderà – per usare parole del Nostro – come “polline di te”. L’autore è Eros Ramazzotti, dal marchio di fabbrica evidente; Tozzi, dal canto suo, non fa nulla per nasconderlo e il risultato finale è gradevolissimo. Digressione. Se non proprio una torta di compleanno, a 36 anni dalla sua pubblicazione ci vorrebbe almeno un pasticcino anche per “Notte rosa”, cantata poco prima: quel “forse il pezzo era troppo avanti” confessatoci dal suo autore pochi giorni fa, è verità. Fine della digressione.

La band ha quel sound L.A. tanto caro all’artista, vuoi per il sax del bravo Gianni Vanni, vuoi per l’imprinting dei dischi (molti, da “Gloria” in poi) arrangiati dal californiano Greg Mathieson; vuoi, anche, per i molti session-men che in quei dischi suonano, non ultimo l’altrettanto californiano Lee Ritenour, virtuoso della chitarra in tour e album live del 1980. A spasso tra il ’76 di “Io camminerò” e il 2017 di “Tu per sempre tu” (d’apertura), il concerto diventa flash mob organizzato su “Stella stai” (le poltrone sono un optional), “Tu” (il ‘Dan, dabadan, dabadan’ è da stadio) e “Gloria”, che chiude i festeggiamenti (in gloria).

Constatazioni finali dell’inviato (senza più voce) a fine concerto. Il tour sacrifica alcune stelle minori: il vicino di poltrona chiede “Zingaro”, ma non c’è trippa per gatti, e di “Qualcosa qualcuno” e “Roma nord” ci sono solo porzioni nei medley. Il fatto è che arriva un momento, nella storia di chi la storia l’ha scritta, nel quale il live – più che concerto tout court – diventa pura condivisione. “Anche io sono 40 anni che vi amo”, dice l’artista a inizio show. E quando più tardi, su “Gente di mare”, il pubblico diventa un’unica voce solista, l’Umberto lo asseconda: perché mai privarlo di un piacere così grande?