Locarno Festival 70

Un festival per uscire da sé

2 agosto 2017
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In fondo, c’è sempre una scelta più facile. Rinunciare al dialogo, rifiutare il confronto, evitare di mettersi in gioco. Come dire fuggire senza muovere un passo, restare in casa, al sicuro, murarsi vivi tra le proprie quattro certezze. È ciò che tanti, anche nel democratico iperconnesso universo occidentale, vorrebbero da noi, per poter meglio prevedere ciò che pensiamo e come lo pensiamo, per poterci controllare, blandire, manipolare. A questo rispondono le logiche pervasive di certa politica e di certo marketing (che non a caso si somigliano), per i quali non siamo altro che un numero.

In genere, nell’esistenza degli umani, arriva un giorno in cui si prende coscienza che la vita è una sola e dura anche pochino, uno sputo nell’universo. E che vale la pena non degradarsi al rango di numero, ma mantenersi a quello di persona. Un esercizio tanto più impegnativo nel pieno della rivoluzione che stiamo attraversando, inconsapevoli e disarmati, in un paesaggio virtuale disseminato di insidie reali alla nostra integrità. Per questo si fa forse ancor più importante lo spirito critico di uomini educati alla conoscenza più che alle competenze, alla cultura nei suoi molteplici linguaggi più che alle formule preconfezionate, al luogo comune, al pregiudizio tra le occasioni di benefica interazione con delle forme di cultura – non prevedibili, non facilmente misurabili, a volte destabilizzanti – ritornano oggi, per la 70esima volta, quelle proposte dal Festival del film, o Locarno Festival, come si chiama da questa edizione. Nell’intervista che pubblichiamo in questa pagina il direttore artistico, Carlo Chatrian, parla proprio di un “atto politico”: uscire di casa. Siamo d’accordo. Il mondo oggi arriva a casa nostra, in ogni momento, con le sue molteplici voci, realtà, istanze. Sta a noi di accoglierlo nella forma più ricca, districandoci tra i filtri attraverso cui ci viene somministrato e attraverso cui tendiamo ad osservarlo, prigionieri di noi stessi. Ecco che ogni tanto uscire, non aspettare il mondo fermi sulle proprie posizioni ma andargli incontro, sottrarsi all’apparente, ingannevole protezione del proprio guscio, è già una scelta che ci definisce. Quel che ne scaturisce è tutto da scoprire, a mente e cuore aperti.

Per quanto riguarda il festival, in ogni caso, non sappiamo farvi nessuna previsione. Il bello di Locarno, che coincide con la sua anima, è che si va un po’ alla scoperta del nuovo o dello sconosciuto, dopotutto pure in Piazza, a parte i consueti due o tre blockbuster (a proposito, che ci sarà la ‘Atomic Blonde’ Charlize Theron confidiamo che lo sappiano già tutti, più o meno). Da un festival, se uno se ne va con due o tre film che in qualche modo lo hanno colpito, sorpreso, interrogato, può già ritenersi soddisfatto. A Locarno in genere accade, purché non si parta prevenuti o con esigenze troppo definite. È anche questo un modo di uscire da sé, da ciò che ci rassicura, e andare incontro all’ignoto.

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