«Nell’attuale trend che spinge sulla specializzazione, le chirurgie si giocano a livello svizzero. In Ticino non possiamo più giocare in tutti i settori nella ‘champions league’ ma spingere sulla qualità in alcuni ambiti che funzionano bene, come ad esempio l’oncologia allo Iosi, la chirurgia bariatrica o del retto», spiega il dottor Sebastiano Martinoli commentando le ospedalizzazioni fuori cantone. Ogni giorno 4 persone scelgono di curarsi fuori cantone anche se potrebbero farlo in Ticino, in particolare per interventi ortopedici (anca, ginocchio, spalle), cardiologici, oncologici (per resezioni a organi)... Spesso consigliati dal medico curante – prendono il treno per Berna, Zurigo, Lucerna o San Gallo. Scelte legittime, infatti ogni paziente può curarsi dove vuole. Ma perché ai bisturi locali alcuni preferiscono quelli oltre Gottardo? Risponde il dottor Martinoli, professore all’università di Basilea, è stato per molti anni primario di chirurgia all’ospedale regionale di Lugano e successivamente alla Moncucco di Lugano: «Il paziente si informa e cerca il chirurgo che ha più esperienza e fa più interventi: per la chirurgia toracale complessa non è in Ticino, ma a Zurigo o San Gallo. Per la chirurgia vertebrale e della spalla molti scelgono la clinica Schulthess a Zurigo o La Source a Losanna, perché per un lungo periodo in Ticino non avevamo una buona qualità. Ora la situazione è cambiata. I medici curanti sanno chi è valido e chi non lo è».
'Troppi specialisti, mancano chirurghi polivalenti'
“Il problema che vedo – continua il prof Martinoli – è piuttosto la carenza di chirurghi polivalenti che nell’emergenza sanno fare tutto. Si è spinto troppo sulla specializzazione. Aumentano ambulatori e specialisti. Quando ero primario all’ospedale Civico c’erano 3 primari, 3 capi clinica e 12 assistenti; oggi c’è un primario con 7 vice, 14 capi clinica e 25 assistenti. Eppure la mole di lavoro è rimasta uguale. La specializzazione cresce ma mancano chirurghi polivalenti che sappiano risolvere problemi acuti in modo soddisfacente e rapido attingendo a esperienza e vaste conoscenze. Dobbiamo puntare sulla medicina di prossimità, formare medici polivalenti, bloccando la crescita fuori misura degli specialisti, altrimenti il sistema scoppia”.