Una fredda notte senza fine, lunga quasi due anni, avvolse la Terra dopo l'impatto del gigantesco asteroide responsabile dell'estinzione dei dinosauri. Le rocce vaporizzate dalla collisione e finite nell'atmosfera ricaddero al suolo come carboni ardenti, scatenando incendi diffusi su tutto il globo: così tonnellate di fuliggine si sollevarono in cielo oscurando il 99% dei raggi solari; le temperature crollarono e la fotosintesi si bloccò, scatenando un'estinzione di massa che cancellò tre quarti delle forme di vita fin dentro agli oceani.
A sostenerlo sono le simulazioni frutto di un modello di previsione che potrebbe essere utile anche a valutare gli scenari di cambiamento climatico in caso di guerra nucleare: lo hanno messo a punto i ricercatori del Centro statunitense per gli studi atmosferici (Ncar) in collaborazione con la Nasa e l'Università del Colorado a Boulder, che pubblicano i risultati sulla rivista dell'Accademia americana delle scienze (Pnas).
"L'estinzione di molti grandi animali sulla terra ferma potrebbe essere stata causata dalle immediate conseguenze dell'impatto dell'asteroide - spiega il coordinatore dello studio, Charles Bardeen - ma gli animali che vivevano negli oceani o che si rifugiavano in acqua o nel sottosuolo potrebbero essere inizialmente sopravvissuti. Il nostro studio riprende la storia che si è sviluppata dopo gli effetti iniziali, dunque dopo i terremoti, gli tsunami e gli incendi" causati dall'impatto dell'asteroide (largo quasi 10 chilometri) caduto nell'attuale penisola dello Yucatan. "Volevamo capire le conseguenze a lungo termine della fuliggine, in modo da valutarne l'impatto sugli animali che erano inizialmente sopravvissuti".
La ricostruzione dimostra che le tonnellate di fuliggine finite in atmosfera 66 milioni di anni fa, tra la fine del Cretaceo e l'inizio del Paleocene, avrebbero potuto bloccare il 99% dei raggi solari per oltre un anno e mezzo. "Pensiamo che agli inizi fosse buio come in una notte con la luna", spiegano i ricercatori. Le tenebre avrebbero fatto scendere le temperature della superficie terrestre in media di 16 gradi e avrebbero di fatto impedito la fotosintesi, soprattutto del fitoplancton alla base della catena alimentare degli ecosistemi marini (mentre la vegetazione sulla terra ferma era già stata in gran parte bruciata dagli incendi). Anche lo strato di ozono in atmosfera potrebbe essere stato pesantemente danneggiato, consentendo il passaggio di dosi pericolose di raggi ultravioletti che avrebbero contribuito all'estinzione di massa.
(di Elisa Buson/ANSA)