Nella tradizione giudaica s’incontrano, e talvolta si scontrano, due concezioni del tempo. La prima designa il tempo profano, quello dell’esperienza biografica dell’individuo e dell’agire collettivo nella storia. La seconda dimensione del tempo pertiene al divino. È una dimensione immutabile, eterna, da cui l’uomo pare escluso. Possiamo immaginare il tempo profano come una linea in continua e irreversibile progressione oppure come un cerchio, che si volge e torna su se stesso. Il tempo divino non ha invece dimensione né sviluppo, ma rimane avvolto nel proprio mistero. Eppure, già nei testi biblici, e ancor più nella mistica ebraica, tra l’uno e l’altro tempo s’apre talvolta un varco, che permette un difficile e liberatorio trapasso tra il divenire e l’immota eternità. Di simili ibridazioni tra i tempi discute Giulio Busi, sulla base di letture scelte dai testi ebraici.
Giulio Busi, dopo aver insegnato lingua e letteratura ebraica all’Università Ca’ Foscari di Venezia, è professore ordinario di Studi giudaici alla Freie Universität di Berlino dal 1999. Da un decennio tiene un corso annuale di Storia del pensiero ebraico all’Università della Svizzera Italiana di Lugano. Si è occupato di mistica ebraica, di cultura rinascimentale, di cristianesimo delle origini. È collaboratore di lunga data del supplemento culturale del “Sole 24 ore”.