‘Non sarebbe nell’interesse della Svizzera’. Il governo analizzerà nel dettaglio ‘una decisione difficilmente comprensibile’
Il Consiglio federale è deluso dai forti dazi (31-32%), frutto di una decisione difficilmente comprensibile, imposti dagli Stati Uniti alla Svizzera rispetto agli altri partner commerciali Usa. Ad ogni modo, per ora niente contromisure.
"Non sarebbe infatti nell'interesse della Svizzera un aumento delle tensioni commerciali", ha affermato oggi davanti ai media la presidente della Confederazione, Karin Keller-Sutter, accompagnata dal vicepresidente del Consiglio federale, Guy Parmelin, "ministro" dell'economia, secondo cui le tariffe doganali toccheranno in maniera sensibile l'industria delle macchine, chimica, alimentare (cioccolato e formaggio per esempio) e orologiera, ma non i medicinali, l'oro (questi ultimi la metà dell'export elvetico verso gli Usa, ndr) e i semiconduttori, esclusi dai nuovi dazi annunciati ieri dal presidente Trump.
Il Consiglio federale, ha spiegato la "ministra" delle finanze, si rammarica della decisione degli Stati Uniti che, con questo provvedimento, si allontana ulteriormente dal libero scambio e da un ordine commerciale fondato sulle regole.
Ad ogni modo, il governo intende ancora esaminare nei particolari la decisione statunitense, e le ripercussioni sull'economia, ha aggiunto Keller-Sutter, rimanendo anche in contatto con Washington per dissipare eventuali malintesi. A tale riguardo, Parmelin ha aggiunto che Trump si è detto disposto a negoziare: si tratta di una strada da esplorare, a suo avviso.
Keller-Sutter ha anche dichiarato di avere avuto un colloquio con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Assieme hanno deciso di consultarsi reciprocamente. Al momento, ha spiegato la presidente della Confederazione, "non vi sono segnali che l'Ue possa adottare contromisure in grado di toccare anche la Svizzera”.
Keller-Sutter ha pure sentito il primo ministro del Principato del Liechtenstein, Daniel Risch, legato alla Svizzera da un'unione doganale.
Entrando più nel dettaglio, Parmelin ha spiegato che i dazi sono stati calcolati dagli Usa in base ai loro deficit commerciali con i diversi partner economici, mediante un calcolo che il Consiglio federale "non comprende". Oltre a un 10% per tutti, alla Svizzera sono state imposte tariffe del 31 o 32% all'importazione, ben più elevate rispetto a paesi con una struttura economica simile (Ue: 20%, Regno Unito: 10%, Giappone: 24%), ha spiegato Parmelin.
Ciò significa che sulle esportazioni svizzere peseranno dazi supplementari in misura del 10% a partire dal 5 aprile e di un ulteriore 21% a partire dal 9 aprile, ha sottolineato il consigliere federale democentrista.
Secondo Parmelin, la decisione di Washington rischia anche di ripercuotersi negativamente sull'evoluzione congiunturale. Se nelle sue previsioni congiunturali del 18 marzo il gruppo di esperti della Confederazione prevedeva per il 2025 e il 2026 una crescita dell'economia svizzera inferiore alla media, con i dazi aumenta la probabilità che la congiuntura si sviluppi in modo più debole di quanto previsto a marzo, ha detto Parmelin.
Ciò non solo per i dazi sulle esportazioni svizzere, ma anche a causa dell'atteso andamento dell'economia a livello internazionale. Ad ogni modo, a parere di Parmelin – che ha sottolineato la resilienza dell'economia elvetica – non si intravede una recessione per il momento.
Nel corso del suo intervento, Guy Parmelin ha rammentato anche che gli Stati Uniti sono il secondo partner commerciale della Svizzera dopo l'Ue. Negli ultimi anni, ha sottolineato, il commercio bilaterale di beni e servizi ha fatto registrare un andamento dinamico.
La bilancia commerciale fra i due Paesi è relativamente equilibrata: gli Stati Uniti registrano un'eccedenza nell'esportazione di servizi e la Svizzera un'eccedenza nell'esportazione di beni. Tale eccedenza del nostro Paese, ha precisato Parmelin, non è riconducibile a pratiche commerciali sleali. La Svizzera ha abolito tutti i dazi industriali dal 1° gennaio 2024, mentre il 99% di tutti i beni provenienti dagli Stati Uniti può essere importato in Svizzera in esenzione doganale, ha aggiunto il "ministro" dell'economia.
La Confederazione non versa all'industria sussidi che producono distorsioni sul mercato: l'eccedenza nel commercio di beni è dovuta principalmente alle esportazioni dell'industria chimico-farmaceutica e al commercio dell'oro. Tra l'altro, ha ricordato il democentrista, la Svizzera arriva al sesto posto tra gli investitori stranieri negli Stati Uniti e svetta al primo posto per gli investimenti in ricerca e sviluppo. Le società elvetiche hanno creato negli Usa centinaia di migliaia di posti di lavoro, ha affermato.
Di fronte a quanto sta accadendo, il governo ha incaricato la Segreteria di Stato dell'economia di analizzare in dettaglio le ripercussioni, di osservare attentamente gli sviluppi e di proporre misure adeguate a seconda dell'impatto sulla Svizzera.
Per informazioni vincolanti sulla struttura e sull'applicazione dei dazi, l'esecutivo raccomanda alle aziende interessate di rivolgersi direttamente alle autorità statunitensi competenti – US Customs and Border Protection, www.cbp.gov/trade – e di contattare gli importatori e gli agenti doganali negli Stati Uniti, nonché le associazioni di categoria.