Ticinesi campioni di insonnia e sonniferi. Sempre più giovani ne soffrono. Liste di attesa al Centro della Medicina del sonno. Ora esami a domicilio
In Svizzera tanti si girano e rigirano nel letto per ore e ore senza chiudere occhio, trascinandosi poi di giorno come ‘zombie’, affaticati, svogliati, disattenti, irritabili, incapaci di affrontare le normali attività quotidiane, con un inevitabile peggioramento della qualità della vita. Oltre la metà degli elvetici (52%) dice di soffrire di qualche disturbo del sonno. E i ticinesi sono tra i primi a lamentarsi (32%). Sono i risultati del sondaggio ‘Sanitas Health Forecast 2022’ condotto su duemila elvetici (tra 18 e 74 anni). «Effettivamente la Svizzera si trova a un livello medio-alto per quanto riguarda i disturbi del sonno, al pari di Gran Bretagna, Spagna e Francia. Sopra la media anche altre due problematiche: i disturbi mentali e il consumo di alcol e sedativi. In Ticino si consumano più sonniferi rispetto alle altre regioni», spiega il professor Mauro Manconi, responsabile della Medicina del sonno al Neurocentro della Svizzera italiana, che cura circa tremila pazienti l’anno (il 10% sono minori). La diagnosi principale è di insonnia, causata soprattutto da stress e depressione (482 pazienti da gennaio). Ci sono poi le apnee notturne: ne soffrono prevalentemente uomini adulti e anziani, ma sono in crescita anche tra i più giovani. La sindrome delle gambe senza riposo, frequente in chi ha deficit di ferro, riguarda più spesso la terza età e le donne.
Per tutti c’è una novità. Un nuovo farmaco, che sa governare l’orexina, uno dei principali neurotrasmettitori in grado di agire sul sonno. Così si regola, senza sedare il paziente, il ciclo sonno-veglia, normalmente alterato in chi soffre di disturbi del sonno, aumentando anche la performance delle funzioni diurne, spesso offuscate dagli effetti dell’insonnia (vedi box).
Sempre più persone, soprattutto giovani, si rivolgono al Servizio per sonnolenza diurna, deficit di memoria e di concentrazione dovuti alla privazione cronica di sonno, un’attività che occupa un terzo della nostra vita. «Abbiamo di recente aperto un secondo centro del sonno all’Ospedale San Giovanni di Bellinzona. A parte gli esami stanziali notturni, viene fatto praticamente tutto ciò che facciamo al Civico a Lugano. Ma non basta ancora per curare tutti. Abbiamo liste di attesa di due-tre mesi», dice il vice primario di Neurologia. Da qui, l’idea di fare le polisonnografie (l’esame per diagnosticare disturbi del sonno) a domicilio. «Andiamo a casa dei pazienti, montiamo e smontiamo l’apparecchiatura. Costa meno e aiuta a smaltire le liste di attesa». Se 10 anni fa, il Centro faceva 300-400 consulti l’anno, ora siamo attorno ai 3’000.
L’insonnia è la nuova piaga di una società performante, ossessionata dal mito dell’iperproduzione, che spinge a non “perdere tempo” a dormire. Abbiamo perso fino a 40 minuti di sonno nelle ultime tre decadi. Un grande errore perché recenti ricerche dimostrano che la deprivazione del sonno influenza la salute del cervello. «Il sonno influenza i meccanismi che sono alla base dell’invecchiamento del cervello e in particolare dello sviluppo di malattie neurodegenerative. Nella fase profonda (Non Rem) del sonno vengono ripulite sostanze di rifiuto accumulate dai neuroni. Un deficit di questo sistema, ad esempio dovuto a una protratta deprivazione di sonno, può favorire l’accumulo di tali sostanze, con il possibile effetto di facilitare l’insorgenza di fenomeni degenerativi». Dormire poco, continua l’esperto, ha conseguenze multidimensionali: «Un terzo degli incidenti stradali è causato da un colpo di sonno, ma le conseguenze possono anche essere cardiovascolari, cognitive (depressione) e favorire deficit immunitari».
Drammatica secondo il dottor Manconi la crescita dei disturbi del sonno negli adolescenti, dovuta in parte all’uso dei dispositivi elettronici in camera da letto. Un’invasione che toglie il sonno. Tra il 70% e il 90% dei giovani li utilizza nell’ora prima di coricarsi. C’è chi si sveglia per controllare le notifiche e chi chatta di notte con gli amici. «La luce che emanano questi apparecchi inibisce la produzione di melatonina, favorendo disturbi nell’addormentamento. Inoltre l’uso dei videogiochi è un potente eccitante che comporta insonnia e ruminazione mentale durante la notte dovuta a una iperattivazione cerebrale», spiega.
I divieti servono a poco, per ora l’approccio più efficace è quello comportamentale. «L’unico rimedio efficace è quello di eliminare lo smartphone in camera da letto. L’adolescente può usarlo quando vuole ma deve andare a farlo in un’altra stanza». A lungo andare la privazione di sonno negli adolescenti è un fattore di rischio per una serie di problemi (deficit cognitivi, comportamenti pericolosi per le ridotte capacità di giudizio, abuso di sostanze, disturbi alimentari, depressione). Ai ragazzi andrebbe spiegato, anche a scuola, come funziona il sonno, la sua importanza per gli aspetti cognitivi e psichiatrici, per la salute e la qualità di vita.
Il sonno. Spesso viene sottovalutato, ma è un aspetto che incide in maniera molto importante sulla qualità di vita. C’è chi medica l’insonnia con sonniferi, chi ricorre all’alcol, alla canapa e chi chiede aiuto. Il Ticino è campione di consumo di benzodiazepine rispetto al resto della Svizzera. Una tendenza che negli ultimi anni la sanità pubblica ha cercato di arginare. «Attenzione, se togliamo il sonnifero alle persone dobbiamo dare un’alternativa, altrimenti aumenterà il consumo di alcol, canapa e anche il rischio di suicidi». Al Centro della medicina del sonno centinaia di insonni partecipano ogni anno a terapie cognitive comportamentali.
Il primo approccio al Centro di Medicina del sonno non è farmacologico ma si basa sulla terapia comportamentale insegnata individualmente o a gruppi di pazienti, grazie a tre specialisti. Anche qui ci sono liste di attesa. La novità, spiega il dottor Manconi, è avere questi corsi anche in forma virtuale a distanza, o se non vi è altra via in forma digitale con una App. «Perché è meglio di nulla».
Grosse novità anche dal punto di vista dei medicamenti, grazie a un nuovo approccio farmacologico che riduce gli effetti avversi e gli svantaggi dei sonniferi precedenti come la dipendenza, l’alterata coordinazione motoria e conseguente maggior facilità di cadute. «L’obiettivo dei sonniferi tradizionali è sedare l’insonne. È come avere un pentolone in ebollizione e metterci un coperchio», precisa l’esperto. I nuovi farmaci non potenziano la sedazione ma riducono l’attivazione: «Riducono il fuoco sotto la pentola». E ci spiega: «Depotenziano l’attività di una molecola – si chiama orexina – che, nel nostro organismo, regola i cicli sonno-veglia e i cui livelli potrebbero essere alterati in chi soffre di disturbi del sonno. Chi non ne ha abbastanza soffre di narcolessia. Dai primi studi non sembra che questa nuova categoria di farmaci dia una dipendenza».
Passiamo un terzo della nostra vita a dormire, eppure solo ora si inizia a intuire perché. «Nella fase più profonda (Non Rem) il cervello si depura, è un processo di potatura, sintesi, selezioni delle informazioni fondamentale per l’apprendimento e il benessere cognitivo». Ancora più affascinante il ruolo dei sogni. «Nelle fasi Rem in cui si sogna – di regola fino a 5 per notte – il cervello consuma più ossigeno e zucchero rispetto a quando siamo svegli. La mente simula scenari che servono per un allenamento emotivo che di regola ha una relazione con quanto vissuto. I centri cerebrali che si attivano potrebbero non essere diversi da chi, in psichiatria, soffre di allucinazioni». E questo apre nuovi scenari che vanno ben oltre il sonno.
Nel Paese degli insonni c’è carenza di specialisti. Non esiste infatti ancora una specializzazione nella medicina del sonno; di fatto sono neurologi, psichiatri, pneumologi, anche pediatri che decidono di fare un corso per diventare esperti, ma sarebbe utile – precisa il prof. Manconi – creare un percorso FMH più strutturato e anche avere adeguamenti del Tarmed (la struttura tariffale per le prestazioni mediche, ndr), perché i rimborsi per queste malattie sono troppo bassi. Di conseguenza si fa fatica a sviluppare nuovi Centri del sonno.