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‘Nonna, la mamma ha ucciso un bambino’, poi il vuoto nella testa

La storia di un’anziana donna, vittima delle telefonate shock e la foto, immortalata da una telecamera, di uno dei componenti della banda

20 dicembre 2024
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“Nonna, la mamma ha avuto un incidente, ha ucciso un bambino, dobbiamo pagare, altrimenti andrà in prigione!”. Parole forti, che colpiscono al cuore, che annebbiano la mente, che cancellano in pochi secondi lucidità e senso critico. Tanto sconvolgenti che ti portano in una manciata di minuti ad aprire la piccola cassaforte, nascosta in una parete di casa, prendere i gioielli di famiglia, qualche marengo d’oro e alcune banconote, tenute per necessità impreviste, mettere tutto in un sacchetto di plastica e consegnare sulla porta della propria abitazione quanto raccattato alla bell’e meglio.

È capitato a un’anziana donna, ottantenne, residente a Campione d’Italia, vittima inconsapevole della banda di truffatori delle cosiddette telefonate shock, sgominata nelle scorse settimane in Polonia da un’ingente opera di coordinamento e investigazione fra Ufficio federale di Polizia ed Europol nonché di magistrati e agenti di Polizia giudiziaria dello stesso Paese dell’Est e provenienti da Germania, Italia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Un gruppo criminale, come era stato evidenziato nel comunicato stampa a firma del Ministero pubblico ticinese e della Polizia cantonale, che aveva messo in piedi un vero e proprio call center, con base nella cittadina di Poznań, da cui partivano le telefonate verso il Ticino e il Nord Italia.

‘Sei tu...?’

Una di queste telefonate è arrivata proprio a Carla (la chiameremo così per tutelarne la privacy). Dall’altra parte del filo una voce acuta, quasi infantile. Carla ha pensato subito fosse la nipote. “Sei tu?” facendo il nome dell’adolescente (particolare significativo poi per il proseguo della telefonata). “Sì, sono io nonna! La mamma ha avuto un incidente, ha investito un bambino ed è morto, dobbiamo dare dei soldi altrimenti andrà in carcere!”. Il passo dall’incredulità al consegnare i propri monili e denaro è tanto facile quanto breve. «Mia mamma era davvero scossa... – ci racconta uno dei figli –. E pensare che solo 45 minuti prima mio fratello, essendo venuto a conoscenza di un’altra truffa consumata in paese, anche qui ai danni di un anziano che ha sborsato un bel po’ di soldi credendo fosse in pericolo un familiare, l’aveva avvertita e messa in guardia. Evidentemente sono personaggi senza scrupoli e talmente preparati da colpire al cuore, ai sentimenti più forti e alle emozioni, persone fragili e vulnerabili nonché perlopiù ignare come possono essere gli anziani. Per lei è stato un vero shock tanto che, paradossalmente, una volta scoperto che era ‘solo’ una truffa si è detta sollevata nel sapere che mia cognata non era stata arrestata e che era tutta una bugia... Ora è tornata serena, ride e scherza, ma in quel frangente è stata enormemente in pena».

Oggi, di questa brutta esperienza, rimane solo quel fotogramma immortalato da una telecamera: un giovane, vestito con un paio di jeans e un montgomery, con all’orecchio un cellulare e la presa salda del sacchetto che le porge la vittima. «A mia mamma, la voce della prima chiamata, aveva detto di non parlare assolutamente con la persona che si sarebbe presentata da lì a breve – ci spiega ancora il figlio – che sarebbe stato un poliziotto e che aveva solo il compito di prendere quanto da lei preparato e portarlo alla centrale così che la nuora poteva essere immediatamente rilasciata. Mia mamma si è comportata come le era stato detto, ha consegnato il tutto ed è risalita in casa. Quando è rientrato l’altro suo nipote l’ha trovata sul divano che piangeva. “La mamma ha avuto un incidente” le ha detto. Lui, per fortuna, ha capito subito tutto... “Nonna, stai tranquilla, la mamma è al lavoro”, ma lei era talmente frastornata da non ascoltarlo neppure...».

Reato infimo

Un reato infimo, proprio perché in grado di andare a colpire gli affetti e la paura, un mix terribile per chi lo vive sulla propria pelle, e che aveva visto negli ultimi tempi una recrudescenza preoccupante. Nel corso del 2024, infatti, dopo un iniziale calo, le telefonate shock avevano ripreso vigore ed era stata dunque ulteriormente rafforzata la collaborazione tra autorità, anche estere, sfociata in un incontro, lo scorso settembre, a Bellinzona.

A collaborare per stringere nella rete investigativa il sodalizio criminale anche i Carabinieri dell’enclave. Un compito non facile il loro, come quello in generale di tutti gli inquirenti, considerato che è stato necessario sostenere un importante dispositivo che ha richiesto considerevoli controlli telefonici e traduzioni simultanee non facilmente decifrabili. A finire in manette, lo ricordiamo, due uomini e tre donne tra i 27 e i 67 anni, tutti cittadini polacchi. Le indagini sono nate anche a seguito dell’arresto, effettuato sempre in Polonia, di un 37enne considerato una figura di spicco del sodalizio. Gli accertamenti, per quanto riguarda la parte ticinese dell’inchiesta, sono coordinati dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo.

Proprio per scongiurare questo particolare tipo di raggiro, la Polizia ticinese ha anche invitato a raccogliere ulteriori informazioni e consigli consultando il sito Internet preposto, ovvero www4.ti.ch/di/pol-new/prevenzione/truffe/truffe-telefoniche. “Sono un fenomeno ricorrente negli ultimi anni – si legge – sia in Ticino sia in altri cantoni. Di norma, gli autori o le autrici telefonano alle vittime, solitamente anziane, spacciandosi per nipoti, parenti, amici, agenti di polizia, avvocati o professionisti in campo medico”.

Le scuse più disparate

Malviventi che, sempre più spesso, affinano le loro richieste anche di ingenti somme di denaro o valori giustificandoli con disparati motivi: “Ad esempio – ci spiega ancora la Polizia – debiti da saldare nell’immediato, aste proficue, affari da concludere, operazioni mediche, cauzioni da versare alla polizia stessa. Le vittime prelevano dunque i loro averi (denaro e gioielli) e li consegnano a un o una complice. La voglia di aiutare un parente in difficoltà o il volersi sentire utili e attivi è spesso il motivo che fa cadere nell’inganno. Inoltre questi malviventi sono in grado di carpire e utilizzare a loro favore ogni singola informazione lasciata trapelare dalla vittima”. Proprio come con Carla.

Una chiamata shock, infatti, come ben chiarisce la Polizia cantonale, “è una forma particolarmente aggressiva di truffa telefonica che si sta diffondendo sempre di più. Parlare di chiamata shock significa essere contattati da qualcuno che annuncia una notizia scioccante finta ma che sembra del tutto credibile. Nella maggior parte dei casi, l’interlocutore o ­l’interlocutrice afferma che un familiare si trova in una grave situazione d’emergenza o in grande pericolo (incidente stradale o grave malattia)”. Reati, come detto, spregevoli che hanno portato le forze dell’ordine a essere particolarmente attivi nel contrasto del fenomeno, sia sul piano delle indagini sia su quello della prevenzione. In quest’ultimo ambito, oltre a comunicazioni puntuali rivolte alla popolazione e attraverso i media, è in corso una serie di conferenze di prevenzione rivolta alle persone anziane, proprio per sensibilizzare sul tema delle truffe, anche a livello nazionale.

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