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Il docente della Spai di Mendrisio querela il Dipartimento

L'insegnante licenziato ha depositato una denuncia nei confronti di alcuni funzionari del Decs. Ipotizzati reati contro l'onore

Roberto Caruso all’udienza di conciliazione
(Ti-Press)
17 ottobre 2024
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Ha anche dei risvolti penali il caso del docente della Spai di Mendrisio finito al centro della cronaca degli ultimi tempi. L’insegnante ha infatti depositato davanti alla Procura una querela nei confronti di alcuni funzionari e ignoti del Decs, il Dipartimento educazione, cultura e sport. Dal canto suo il Ministero pubblico ha formalmente aperto le indagini, avviando la fase istruttoria. Il nodo gordiano? Le ragioni che hanno accompagnato i licenziamento di Roberto Caruso, professore di elettrotecnica dell’Istituto. Decisione già impugnata, in sede civile, davanti al Tribunale cantonale amministrativo (Tram). Per giustificare la disdetta del contratto di lavoro e avvalorare la tesi della rottura del rapporto di fiducia tra le parti, ci fa sapere Roberto Caruso, «il Decs ha fatto leva su motivazioni non verificate che ritengo infondate e offensive. A tale riguardo lo scorso 13 agosto anche il Tribunale cantonale amministrativo, in occasione dell’accoglimento del ricorso contro la sospensione dalla mia funzione, aveva osservato che la decisione presa dall’autorità di nomina “[...] è suscettibile di influire sulla reputazione professionale dell’insorgente”». Di conseguenza, il docente ha intravisto aspetti rilevanti pure dal profilo penale e ha affidato il mandato al suo patrocinatore legale, l’avvocato Stefano Fornara, di procedere con la denuncia. I reati ipotizzati sono quelli, in particolare, contro l’onore. «Adesso – commenta Caruso – spetterà alla giustizia dirimere la questione».

La querelle

‘Non si può stare zitti’

Nel frattempo, l’insegnante ha ancora più di qualche sassolino nella scarpa da togliersi. Come detto, il professor Caruso ha messo il suo dossier, una volta di più, nelle mani dei giudici del Tram, chiamato a pronunciarsi sul suo licenziamento. Non di meno, l’insegnante ha deciso di non restare in silenzio sugli ultimi accadimenti. Soprattutto sul modo di agire e sulla strategia comunicativa scelta dal Decs. A fare male, infatti, al di là dell’epilogo del contenzioso, è stata l’impossibilità di poter dire la sua. Anche se lo stesso Tram, annullando la sospensione, ha rimarcato l’avvenuta violazione del diritto di essere sentito. Eppure, ribadisce Caruso, «il governo non rispetta le regole e non impara dai propri errori».

‘Il dialogo è mancato’

Tanto più che la ritrosia delle istituzioni cantonali a esporsi sul caso non ha aiutato a fare chiarezza. «Ho trovato un certo imbarazzo – dice il docente – a leggere “non possiamo pronunciarci poiché il caso è aperto” oppure “le istituzioni sono tenute a tutelare la privacy delle persone coinvolte”. Posso comprendere che certe presunte informazioni non debbano essere anticipatamente comunicate al pubblico, ma trovo incomprensibile che non si apra un sano dialogo fra le parti interessate». Ciò che più conta, «il caso riguardante un certo malessere venutosi a creare alla Spai di Mendrisio è noto da anni al Decs – fa notare –, ma di dialogo con me e con altri docenti e organizzazioni che lo hanno denunciato neppure l’ombra. Però nel comunicato della signora Carobbio si legge “[…] come credo di aver dimostrato con i fatti da quando sono arrivata al Decs […] le persone che si fanno portavoce di situazioni di disagio vengono prese seriamente, ascoltate, e – per quanto in nostro potere e nel rispetto delle procedure – sostenute. Ho sempre valorizzato il dialogo, il confronto e la discussione civile e costruttiva”. E Carobbio aggiunge: “Nei confronti di chi invece ha dimostrato comportamenti inadeguati o contrari alle disposizioni vigenti vengono adottate delle misure […]”. In effetti, ho segnalato il disagio dei ragazzi con toni franchi e sono stato licenziato, però chi ha tenuto certi comportamenti ed è caduto nel turpiloquio è ancora a scuola».

‘Quel cortocircuito’

Nel gennaio 2023, in effetti, Caruso scrive una email al suo direttore manifestando la sua frustrazione. Quale docente mediatore afferma di ritenere assurdo il fatto di «essere retribuito per compiti che mirano al benessere, quando la direzione della nostra sede scolastica è causa sensibile e continuata di malessere». Per tutta risposta al professore viene tolto l’incarico. «Non prima però di far leva sul mio rapporto di fiducia con gli allievi per ottenere informazioni relative alle gravi segnalazioni degli stessi sul comportamento del vicedirettore e del direttore, indicandomi poi di indirizzare i ragazzi coinvolti direttamente dal direttore per gestire il loro disagio. Un cortocircuito assurdo, nonché contrario alle direttive dipartimentali. Ma io ho fatto sapere di non voler girare le spalle ai miei studenti». A quel punto, annota ancora il docente, «le mie risposte rivolte ai funzionari dirigenti sono state interpretate come mancanza di tatto e cortesia nonché insubordinazione».

La scuola e gli studenti

Caruso è rimasto ancora più sorpreso davanti alle dichiarazioni della direttrice del Decs. «Nel suo comunicato – rimarca – la consigliera di Stato muove accuse senza sostanziarle: non ha mai accettato il dialogo che più volte le è stato richiesto e ora se ne esce con una missiva che ha più l’aria di essere l’ammissione di lesa maestà. “Mi fa male e non posso accettare che venga gettato fango sulla scuola”: in questa sua affermazione (peraltro di carattere personale) credo che la signora Carobbio confonda i ruoli tra chi cerca di ripulire e chi cerca di infangare. Per esempio, la risoluzione governativa del mio licenziamento, firmata dal consigliere di Stato Christian Vitta, riporta “[…] che l’atteggiamento del docente Roberto Caruso non appare consono alla sua funzione di docente per quanto concerne il suo rapporto con gli allievi, […], in questo ambito non è compatibile con il ruolo di docente fare leva sul suo rapporto con gli allievi nell’ambito della procedura di disdetta”. Una grave e infondata accusa, tra l’altro già rivoltami verbalmente da un funzionario in sede di conciliazione, quando ha affermato che avrei “assoldato i ragazzi per metterli contro di noi”, che in primis offende e infanga il cuore della scuola, gli allievi». La sua speranza? «Che le testimonianze degli alunni non vengano vanificate da un atteggiamento di sola facciata».