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Bellinzona fa il pienone eppure c’è ancora chi chiude

Quattro storie di negozi del centro storico che non ce l’hanno fatta: chi se ne va altrove ‘dove c’è più vita’ e chi si trasforma ‘cogliendo la sfida’

Spazi commerciali quasi tutti occupati ma potere d’acquisto in calo
(Ti-Press)
17 ottobre 2024
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Ci risiamo. Storie di chiusure, di attività commerciali senza futuro in centro a Bellinzona. Perciò si fermano, o traslocano, o si trasformano. Per cercarne un altro, di futuro, magari altrove o in altra forma. Ne avevamo scritto a più riprese in primavera suscitando dibattito e qualche critica di chi considera la portata del problema cantonale e non solo turrito; di chi sorride perché quasi tutti gli spazi commerciali sono occupati con successo; di chi indica tanti negozi che non solo resistono, ma hanno successo in un centro storico invaso da funzionari e studenti in orari di lavoro e scuola e da ondate di ticinesi e turisti il sabato durante il mercato e nei weekend di eventi a forte richiamo, come quello passato dedicato ai formaggi (ma l’elenco è lungo).

Riattivati gli incontri mensili informali

«Chi posta sui social le immagini del centro deserto per dire che Bellinzona è morta muovendo critiche a tutti, mostra solo una parte della realtà, del tutto simile a molte altre città», premette Claudia Pagliari, da cinque anni presidente della Società commercianti. Bellinzona «in molti periodi dell'anno è invece vivissima e lo dimostrano le iniziative che di volta in volta riempiono vie e piazze». Lo sforzo organizzativo «è importante e siamo senz’altro una delle società più attive della Svizzera. Inoltre non siamo affatto un club esclusivo e proprio per rafforzare lo spirito di apertura e condivisione nei giorni scorsi abbiamo riattivato gli incontri mensili informali dopo una lunga pausa iniziata con la pandemia». Negozianti ed esercenti «possono partecipare portando spunti, idee, critiche, condivisioni. Sia a favore delle rispettive attività, e infatti qualche collaborazione spontanea può sempre nascere, sia nell’ottica più generale di una Bellinzona che ha un grande potenziale e vuol essere vivace e accogliente».

‘La gente tende a spendere meno’

Però è innegabile la presenza di alcuni problemi. La prima a elencarli era stata la titolare dell’ormai ex boutique Switcher di via Camminata fermatasi dopo 17 anni: «Ho tentato di stare sul mercato aggiornandomi», ci aveva spiegato in marzo la vulcanica Lorenza Turra. Il problema di fondo «è che il potere d’acquisto è diminuito: la clientela è in calo costante e spende sempre meno». A schiacciare i piccoli negozi sono l’avanzata dei centri commerciali, la concorrenza estera e gli acquisti online: «La conseguenza è che Bellinzona è sempre più morta». Anche il mercato del sabato «non porta più la clientela di una volta». Elogiata la Società commercianti «che organizza diversi eventi e tiene vivo il dialogo con le autorità cittadine. Ciò nonostante la situazione si è fatta insostenibile». Un mese dopo era stata la dirimpettaia Nadia Pesenti, titolare di un negozio di fiori, a motivare la decisione di chiudere col fatto che «la gente tende a spendere molto meno». Ad anni positivi ne erano seguiti di negativi: «In generale nei negozi il lavoro è calato. I costi degli affitti restano elevati e far quadrare i conti non è evidente». Il giorno dopo, altra doccia fredda. Ad annunciare la chiusura era stato ‘101 Caffè’, aperto solo un anno e mezzo prima: colpa dei costi fissi elevati (affitto e dogana in primis, ma non sono gli unici) a fronte di incassi insufficienti e di un florido commercio in internet di capsule e cialde. A sua volta la titolare Veronica Chionne meditava di darsi all’e-commerce. Mese nero quello di aprile, perché di punto in bianco aveva chiuso in piazza Governo anche la panetteria e pasticceria Acqua & Farina. Impossibile conoscerne i motivi, perché il titolare comasco Gianpaolo Colombo ha preferito non esporsi sui media.

‘L’hanno uccisa. Difficile dire chi’

Ora, ecco altre serrande abbassate. In via Dogana ha chiuso in agosto Emma Design che proponeva oggettistica e arredamento. «Nel frattempo ho preso in gestione un bar a Riazzino e al piano di sopra riprenderò la mia attività di arredatrice d’interni», ci spiega Emma Cerutti. E Bellinzona? «Anche lì, come altrove, ho dei clienti. Ma la piazza ha un grosso problema acuitosi negli ultimi due anni: l’hanno uccisa in tutti i sensi. Non gira più gente». L’hanno uccisa chi? «Difficile indicare una responsabilità precisa. Le politiche sono sbagliate? Non saprei. In occasione degli eventi arrivano migliaia di persone? Non le vedo. Di sicuro i commerci non ne traggono beneficio. Ricordo gli appelli ai proprietari affinché riducessero gli affitti. Qualcosa ho ottenuto, ma solo per alcuni mesi. In compenso, con la scusa del caro energia, ho dovuto pagare spese aggiuntive. Peraltro, da esterna, avevo segnalato alcune idee alla Società commercianti. Inascoltate. Senza parlare delle multe di posteggio: la polizia è inflessibile e la clientela si arrabbia e non torna più. Per tutti questi motivi ho preferito spostarmi in periferia».


Ti-Press
Centro storico non di rado straripante

Se l’hamburgeria trasloca a Biasca

A pochi metri di distanza, sempre in via Dogana, analoghe riflessioni hanno spinto il titolare dell’hamburgeria Go-Gò Nº1 a traslocare recentemente a Biasca nello stesso stabile dov’era già presente la pizzeria take away Il Ghiottone. «Insieme lavoriamo molto bene», ci spiega Vincenzo Doria: «La clientela di qui apprezza i nostri prodotti di alta qualità e a chilometro zero, con i quali cerchiamo di tener testa ai colossi del settore. Arrivano da Biasca ma anche dai paesi vicini, dalla Riviera e anche da… Bellinzona. Strano eh? Eppure è così, probabilmente perché in città ho lasciato un buon ricordo». La sera dopo il lavoro, prosegue Doria, «Biasca e i suoi locali si animano più di Bellinzona, che offre poche opportunità a chi ci lavora. E infatti alle sei di sera si svuota. Tant’è che c’è più vita a Giubiasco e Sementina. Perché la gente va dove c’è altra gente e dove si fa qualcosa per la gente. Purtroppo Bellinzona, dove ho lavorato quattro anni, da questo punto di vista si è spenta. E non parlo solo di via Dogana, ma di tutto il centro storico. Quanto agli eventi, bisogna riconoscere che c’è tanto impegno nell’organizzarli, ma non sono frequenti. Per contro in alcune zone periferiche la vivacità è lì tutta da vedere, e riscontra un buon successo. Questo fa la differenza». Non da ultimo Doria concorda con chi sostiene che a Bellinzona «i costi sono abbastanza elevati a fronte di ciò che si può realizzare. Si tratta di un punto centrale per non dover chiudere». Al suo posto ha aperto una paninoteca.

‘La nostra sfida: adeguarci ai cambiamenti’

Chiuderà a fine gennaio anche il negozio Officina 103, atelier-bottega di illustrazioni, grafica e oggettistica creato nel 2009 da Chantal Ambrosini e Sheila Stanga. Al primo negozietto di via Dogana, situato nel vecchio stabile comunale ex Gaggini destinato alla demolizione, nel 2020 era seguito il trasloco in uno spazio commerciale più ampio e arioso dietro piazza Indipendenza. «La nostra attività non si ferma ma si trasforma», puntualizzano le titolari di formazione illustratrici e grafiche: «Per quanto riguarda la vendita ci concentreremo sulle nostre produzioni che saranno a disposizione della clientela tramite lo shop online già esistente. Chiuderemo dunque il negozio inteso come spazio fisico, rinunceremo alla vendita di prodotti fornitici da terzi, ma non fermeremo la nostra attività creativa continuando a lavorare a progetti di illustrazione e grafica. Ci piacerebbe, in futuro, proporre ancora dei momenti di vendita diretta, ma solo in determinati periodi, magari con un pop-up store». La sfida, assicurano, «è stimolante e riteniamo il cambiamento positivo, non da ultimo perché riguarda la capacità di adeguarci ai cambiamenti della società, del commercio e del modo di fare acquisti. Una trasformazione costante nel tempo che non riguarda soltanto Bellinzona. La chiusura è stata una scelta ponderata e abbiamo tenuto conto di tanti fattori, anche di quelli congiunturali, ma sarebbe riduttivo polemizzare o pensare di tornare alle abitudini e possibilità della società di anni fa». La situazione del commercio, concludono, «è ampia e complessa, ma bisogna evitare di generalizzare: ovviamente la soluzione che va bene per noi, per altri può risultare impossibile da mettere in atto”.

Sigari cubani presto in mani cinesi?

Nella Galleria Benedettini ha il tempo contato El Bucanero che vende tabacchi, alcolici e caffè sudamericani, con tanto di lounge per eventi privati. «Cedo l’attività sia per motivi familiari, sia perché le aspettative non hanno trovato una risposta concreta. Ho una clientela fidata che purtroppo non basta a coprire le spese, che sono ingenti. In definitiva concordo con chi sostiene che a Bellinzona non vi sia un gran giro», ci spiega il titolare Karim Giugni. «Un altro giornale che nemmeno mi ha interpellato – aggiunge – recentemente ha scritto che sarei l’unico punto vendita specializzato a Sud delle Alpi. Sbagliato. Ci sono altri negozi a Lugano e al FoxTown. Idem ad Ascona, che ha il suo particolare mercato turistico. Nel Sottoceneri il settore tira e la clientela abbonda, a tal punto che taluni colleghi faticano a reperire la merce da vendere. Da Milano salgono asiatici che acquistano sigari e affini per 10, 20, 30mila franchi a volta. Ma fino a Bellinzona non arrivano. C’è chi compra da me qualcosa per pochi franchi e poi scende a Lugano a fare spesa grossa». Non c’era modo di capire in anticipo che a Bellinzona un’offerta simile avrebbe avuto poca fortuna? «Ho fatto delle verifiche. In Spagna c’è molta richiesta ma ho preferito la Svizzera. Zurigo ha un gran potenziale, ma è cara come il fuoco. Perciò ho scelto Bellinzona. Ho voluto creare l’offerta prima della domanda. Inizialmente, nel 2021, il riscontro è stato ottimo, poi la situazione è andata pian piano scemando. Anche perché la vendita online domina, in questo settore. E io stesso, non essendo commerciante di formazione, ho pagato alcuni errori commessi per inesperienza». Chi potrebbe ritirare la sua attività e subentrare? «Quattro interessati hanno rinunciato quando hanno capito che il negozio si trova a Bellinzona. Il centro storico è bello ma organizzarvi qualcosa è problematico e alla prima telefonata di un abitante che si lamenta per il rumore, la polizia si mostra inflessibile. Vent’anni fa non era così. Il giovedì, venerdì e sabato sera in via Codeborgo non ti muovevi dalla gente che c’era. Ora è l’esatto contrario. A pesare sono anche le restrizioni per le auto. Il ticinese medio sappiano bene com’è fatto: magari si fa 30 chilometri a piedi in montagna, ma poi vuole posteggiare l’auto davanti al bar per bersi un caffè». Quanto al futuro del Bucanero, una soluzione potrebbe arrivare dalla… Cina. «Una società è stata appositamente creata di recente. Promette bene», conclude fiducioso Karim Giugni.

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