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In Svizzera la politica mediatica è un grande cantiere aperto

Domani il Parlamento torna a occuparsi del tema. Una panoramica di quel che bolle in pentola a Palazzo federale

La diversità mediatica continua a subire duri colpi
(Keystone)
25 settembre 2024
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Entrate pubblicitarie in caduta libera, accaparrate sempre più da Google, Facebook e altre piattaforme globali; lenta ma inesorabile erosione del numero di abbonati; scarsa propensione dei lettori a pagare per i contenuti sul web; utilizzo massiccio dei social media quali canali ‘informativi’ da parte di giovani e meno giovani; e colossi come Tx Group (di cui fa parte Tamedia), slegati dai territori dove operano, che piegano l’informazione all’implacabile logica del mercato (e all’appetito di dividendi degli azionisti).

Anche in Svizzera i media tradizionali vivono tempi difficili. Quasi non passa giorno senza l’annuncio di posti di lavoro soppressi e redazioni accorpate. La stampa ha «una missione di interesse pubblico», ma è «agonizzante», ha detto lunedì al Consiglio nazionale Brenda Tuosto (Ps/Vd), auspicando che venga sottratta alla «fredda logica di puro mercato». «La stampa non è un bene di consumo come gli altri», le ha fatto eco Damien Cottier (Plr/Ne): «Riveste un ruolo essenziale in una democrazia». Tanto più in un Paese dove si vota a ogni piè sospinto e sui temi più disparati. Il Parlamento torna domani a occuparsi del futuro dei media. Vediamo cosa bolle in pentola.

Il ‘vecchio’ modello...

Sul tavolo del Nazionale c’è un progetto nato sulle ceneri del pacchetto di aiuti respinto in votazione popolare nel febbraio 2022. Elaborato dalla sua Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni (Ctt-N), propone di rafforzare temporaneamente il collaudato strumento del sostegno indiretto (uno sconto sulle tariffe di distribuzione da parte della Posta Svizzera). Quotidiani e settimanali in abbonamento otterrebbero 45 milioni all’anno, anziché 30. Il contributo per la stampa associativa e delle fondazioni rimarrebbe invariato (20 milioni). Verrebbero stanziati inoltre 30 milioni a sostegno del recapito mattutino in settimana. L’idea è di accompagnare le testate piccole e medie della stampa locale e regionale sulla via della trasformazione digitale. Lo strumento del sostegno indiretto – che a Berna molti ritengono un ‘Auslaufmodell’, un modello sul viale del tramonto – verrebbe abolito dopo sette anni. Su suggerimento degli esperti chiamati a individuare misure per risanare il bilancio della Confederazione, anche il Consiglio federale vuole intervenire in quest’ambito: dimezzando (da 50 a 25 milioni) il sostegno alla distribuzione di quotidiani e periodici; e cancellando quello alla stampa associativa.

... e quello nuovo

L’attuale sostegno pubblico è destinato principalmente ai media privati classici. Non vi è alcun aiuto finanziario per i sempre più diffusi media online (che in buona parte sono la versione web dei giornali). Per la maggioranza della Ctt-N, il modello tradizionale dovrà essere rimpiazzato da “un sostegno ai media elettronici indipendente dal canale di diffusione e dal modello commerciale”. La mozione che ne propone l’introduzione (avversata dall’Udc) verrà anch’essa trattata domani dal Consiglio nazionale. Gli aiuti verrebbero versati in base al numero di posti di giornalista e configurati in modo decrescente, affinché le piccole aziende mediatiche ricevano un sostegno più sostanzioso per ogni posto giornalistico rispetto a quelle più grandi.

Anche il Consiglio federale guarda nella stessa direzione. In febbraio ha ipotizzato un futuro sostegno della Confederazione a tutti i media elettronici, indipendentemente dal canale di diffusione (radio, tv, online). A lungo termine, l’attuale legge sulla radiotelevisione dovrebbe essere sostituita da una nuova legge sui media elettronici. Affinché tale sostegno possa includere anche la stampa scritta, andando quindi oltre al sostegno indiretto alla stampa, sarebbe necessaria una modifica della Costituzione. Il Governo afferma di non ritenerla prioritaria.

Canone radiotelevisivo/1

Prima c’è da affrontare l’esplosivo dibattito sul canone radiotelevisivo. L’iniziativa popolare ‘200 franchi bastano!’ chiede di ridurlo da 335 a 200 franchi per le economie domestiche e di esentare tutte le imprese. Con una modifica d’ordinanza, il Consiglio federale propone di abbassarlo a 300 franchi dal 2029 e di esentare l’80% delle aziende. La patata bollente ora è nelle mani della Ctt-N. Probabile che spunti un controprogetto indiretto all’iniziativa. Il ministro dei media Albert Rösti ha ventilato la possibilità che il Consiglio federale, a seconda di quanto deciderà di fare il Parlamento, rivaluti la situazione e corregga le sue intenzioni. La votazione popolare è prevista nel corso del 2026, a una data ulteriore se il Parlamento nel frattempo avrà adottato un controprogetto. L’ordinanza governativa dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2027.

Canone radiotelevisivo/2

La Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del Consiglio degli Stati propone invece misure di sostegno attuabili in tempi brevi. In luglio ha posto in consultazione fino al 28 ottobre un progetto preliminare in tal senso, elaborato sulla base di iniziative parlamentari dell’ex ‘senatore’ Philippe Bauer (Plr/Ne) e della ‘senatrice’ Isabelle Chassot (Centro/Fr). Si tratta di aumentare (dall’attuale 4-6% al 6-8%) le quote di partecipazione al canone radiotelevisivo per le emittenti radiofoniche e televisive locali e regionali (persino la futura direttrice generale della Ssr Susanne Wille è d’accordo, secondo i giornali di CH-Media). Un ulteriore 1% dei proventi del canone verrebbe destinato al finanziamento di “misure generali di sostegno” al settore, a beneficio in particolare dei giornalisti (formazione e formazione continua), del Consiglio svizzero della stampa e dell’agenzia di stampa Keystone-Ats. Anche queste tre misure facevano parte del pacchetto bocciato in votazione popolare due anni e mezzo fa.

Far pagare i ‘big’

L’offerta dei motori di ricerca, dei media sociali e delle piattaforme multimediali è in larga misura alimentata dalle prestazioni giornalistiche dei media tradizionali. Attualmente, le anteprime di immagini e testo non sono protette dal diritto d’autore: i fornitori di servizi online le utilizzano senza versare alcun compenso. Il Consiglio federale vorrebbe chiamare alla cassa Google & co., obbligandoli a retribuire imprese mediatiche e giornalisti per la fruizione delle loro prestazioni giornalistiche. Un avamprogetto per l’introduzione del ‘diritto di protezione affine per le imprese mediatiche’ è uscito male dalla procedura di consultazione. Nonostante questo, il Consiglio federale ha incaricato il Dipartimento federale di giustizia e polizia di allestire entro la prima metà del 2025 un messaggio da trasmettere al Parlamento.

La via cantonale

Nell’attesa che qualcosa si sblocchi a Berna, alcuni Cantoni romandi hanno preso il toro per le corna. In febbraio, ad esempio, il Consiglio di Stato friburghese ha deciso un sostegno “indiretto e temporaneo” ai media regionali. Duplice l’obiettivo: incrementare la loro capacità d’investimento nel contesto della transizione digitale (1,8 milioni di franchi su quattro anni per progetti puntuali, altri 800mila per coprire il 50% delle spese d’abbonamento a Keystone-Ats) e rafforzare l’educazione ai media nelle scuole (250mila franchi). Inoltre, se il Gran Consiglio darà l’ok, il Cantone offrirà un abbonamento digitale annuale a un media regionale a tutti i diciottenni residenti che ne faranno richiesta (900mila franchi su cinque anni).

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