Questi fatti accadono più di quanto si immagini, anzi, esattamente quanto si immagini, ma a volte fanno più rumore. Alcuni ambienti però rimangono silenti
Dovrebbe essere chiaro a tutti che certi contenuti non andrebbero condivisi sul posto di lavoro, come pure dovrebbe essere cristallino che determinati modi di fare e allusioni non andrebbero rivolti alle colleghe. Non tanto perché sia richiesta maggiore attenzione o prudenza nei confronti delle donne – non vogliamo cadere nei soliti cliché triti e ritriti –, piuttosto perché è semplicemente inappropriato. A maggior ragione dovrebbe saperlo chi ricopre cariche di rilievo e di fondamentale importanza a livello istituzionale. Che il presidente del Tribunale penale cantonale, il giudice Mauro Ermani, abbia invece trovato opportuno, magari anche divertente, inviare a una collega, una segretaria presunta vittima di mobbing come emerge dalle segnalazioni sul caos che regna nello stesso tribunale, una foto a sfondo sessuale di due peni giganti di plastica piazzati chissà dove, lascia senza parole. L’immagine, come riportato nell’edizione di ieri della ‘Regione’, raffigura al centro dei due membri maschili una donna seduta, forse in una sala d’attesa, forse in un museo. A corredo la scritta ‘Ufficio Penale’.
Anche se si dovesse trattare di uno scherzo, che a prescindere sarebbe di cattivo gusto, questo non giustifica che chi per lavoro si trova a celebrare processi anche per reati sessuali, contro l’integrità delle persone e per pedofilia possa sperare che il tutto venga interpretato come una leggerezza. Leggerezza forse ancora (troppo spesso) concessa in contesti più informali o in quelle professioni non così di spicco e di riferimento per la società tutta. Queste vicende, diciamocelo, succedono più di quanto si immagini, anzi, esattamente quanto si immagini. È però altrettanto vero che in alcuni ambiti fanno più rumore. E per fortuna. Sono proprio questi casi, così notevoli, a smuovere le acque e, si auspica, a portare a farsi qualche esame di coscienza in più sul rapporto con le altre persone.
Tornando alla magistratura, dell’immagine sono al corrente la Sezione risorse umane dell’Amministrazione cantonale e il Consiglio della magistratura che si dedicheranno alle dovute valutazioni in merito. Il clima al Tribunale penale cantonale è insomma tutt’altro che sereno e questa sembrerebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso. A seguito della pubblicazione di ieri sono infatti puntualmente arrivate le prese di posizione e le reazioni politiche: il presidente della commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’, nonché presidente del Centro, Fiorenzo Dadò si è detto sconcertato dalla foto, il consigliere di Stato Norman Gobbi amareggiato dalle inevitabili conseguenze negative per le istituzioni, il giudice d’Appello e presidente del Cdm Damiano Stefani preoccupato per l’immagine della magistratura, mentre i due deputati dell’Mps Matteo Pronzini e Giuseppe Sergi hanno scritto al parlamento e al Consiglio della magistratura chiedendo se Ermani sia al posto giusto. Nel frattempo è stato pure annunciato dal governo che sarà un procuratore pubblico straordinario, il sostituto del primo procuratore dei Grigioni Franco Passini, a occuparsi del caso.
A stonare, tuttavia, il silenzio degli ambienti femministi e di sinistra vicini alle rivendicazioni e ai diritti delle donne, di norma – giustamente, ci mancherebbe altro – sempre molto attenti a episodi di questo tipo e pronti ad attaccare a testa bassa laddove necessario.