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‘Palazzo Trevisan, solo la punta dell’iceberg’

Venezia, Pro Helvetia lascia la gotica costruzione in posizione strategica. Chiude un altro centro culturale. E c’è chi parla di ‘tendenza preoccupante’

Nel sestiere di Dorsoduro, nella Fondamenta delle Zattere, a pochi passi dal ponte dell’Accademia
(Pro Helvetia Facebook)

La notizia del ridimensionamento delle attività di Pro Helvetia a Venezia ha fatto nelle scorse settimane il giro delle redazioni culturali, e non solo. A dare il la, la stampa svizzerotedesca annunciando allarmista la conseguente probabile vendita dei 400 metri quadrati che la fondazione svizzera per la cultura occupa dal 2012 al primo piano del bellissimo Palazzo Trevisan degli Ulivi, la gotica costruzione in posizione strategica tra l’accademia e la fondazione Guggenheim, nel cuore di Venezia. L’informazione ha coinvolto l’opinione pubblica e diverse le autorevoli voci che si sono fatte sentire o leggere hanno espresso profonda preoccupazione per un nuovo assetto futuro che non comprenderebbe la presenza della Svizzera in Laguna.

Va detto a scanso d’equivoci che in questo momento la vendita in questione non è confermata; quello che è confermato invece è la cessazione, da parte di Pro Helvetia, delle sue attività nel Palazzo. Qui, da quando è subentrata all’Istituto svizzero di Roma, diventando anche responsabile per i contenuti del Padiglione svizzero alle Biennali d’arte e di architettura, hanno infatti trovato negli anni posto numerose residenze di artisti e attività culturali a esse legate. A fianco della comunque fitta programmazione culturale promossa dal Consolato onorario, che rimarrà.

Chiude un altro centro culturale, termina un’attività importante e necessaria, come sempre lo è la cultura, e come spesso dimentichiamo. E credo che anziché rammaricarsi di non veder più svettare la bandiera svizzera in un luogo tanto prestigioso, temere la probabile perdita di locali così preziosi, andrebbe fatta un’analisi approfondita della situazione, guardando magari più in là di questo evento puntuale – grave, siamo d’accordo – e osservare come sia purtroppo una delle tante preoccupanti conseguenze di una tendenza politica in materia di tagli.

Infatti la decisione della fondazione svizzera per la cultura è in parte riconducibile all’intenzione della Commissione per la scienza, l’educazione e la cultura del Consiglio nazionale (CSEC-N) di ridurre di 6,5 milioni di franchi l’importo destinato a Pro Helvetia per le sue attività all’estero.

Suisseculture, l’organizzazione ombrello delle associazioni di creatori artistici, professionisti dei media e società di copyright in Svizzera ha lanciato un grido d’allarme in un comunicato stampa: “Si tratta di una decisione sbagliata che lancia segnali sbagliati e mette a repentaglio molte attività e iniziative culturali di alto livello. Decisioni di questo tipo colpiscono sempre in primo luogo gli attori culturali che dipendono dalla promozione all’estero e dal sostegno al loro lavoro internazionale. Le attività di Pro Helvetia all’estero costituiscono una base indispensabile e creano reti locali di cui gli artisti svizzeri possono beneficiare”.

In che modo lo fanno? Abbiamo interrogato a questo proposito Pro Helvetia, che ci ha risposto nella persona di Ursula Pfander – relazione media.

Fondazione che promuove e diffonde la creazione artistica e culturale contemporanea svizzera a livello nazionale e internazionale, ricordiamo che Pro Helvetia è finanziata esclusivamente dalla Confederazione svizzera. Si può quantificare la sua presenza all’estero e la distribuzione delle risorse della sua attività?

Il rapporto annuale 2023 può darne un’idea: oltre alle attività in Svizzera, abbiamo sostenuto più di 4’600 progetti artistici e culturali elvetici in 117 Paesi. Se guardiamo alla distribuzione delle risorse di Pro Helvetia, il 46,4% dei fondi è stato destinato a progetti in Svizzera, il 39,2% a spettacoli e attività di artisti svizzeri in Europa e la percentuale rimanente a progetti svizzeri nel resto del mondo. L’Italia è il terzo Paese europeo in ordine di benefici che sosteniamo, dopo Germania e Francia. La presenza di artisti svizzeri che sosteniamo qui va oltre Venezia e dimostra l’importanza della scena culturale italiana per la Svizzera.

È corretto affermare che la decisione di interrompere determinate iniziative, soprattutto all’estero, riguarda anche la recente proposta della CSEC-N e la modifica (in ottica di ridimensionamento) del messaggio sulla cultura?

Nell’ambito della ristrutturazione delle finanze federali, il Consiglio federale ha operato una riduzione lineare del 2% delle spese della Confederazione, che riguarda anche la cultura. Inoltre, il quadro finanziario del messaggio Cultura 2025-28 è stato ridotto rispetto alla pianificazione iniziale, il che richiederà anche una compensazione interna. Tutte le decisioni prese da Pro Helvetia per il piano finanziario 2025-28 si basano su questo quadro finanziario deciso dal Consiglio federale.

Quali le principali conseguenze per le vostre attività di questo ridimensionamento?

Il Padiglione svizzero alle Biennali d’arte e architettura è sempre stato la presenza più importante della Svizzera a Venezia e lo sarà anche in futuro. Ma Palazzo Trevisan non è mai stato solo una sede occasionale per la programmazione artistica. La Fondazione è attiva qui dal 2012 e ha sviluppato programmi di sostegno puntuali per la Biennale, nonché eventi artistici, soprattutto nel campo della musica. Le residenze, di uno o tre mesi, esistono dal 2022. Palazzo Trevisan è inoltre utilizzato per scopi culturali anche dal Consolato svizzero, che vi ha la sua sede ed è responsabile della sua organizzazione.

Va precisato che Pro Helvetia non è proprietaria di beni immobili. Il primo piano del Palazzo è proprietà della Confederazione e gestito dall’Ufficio federale della Costruzione e della Logistica, e a oggi la Fondazione non è a conoscenza di nessun progetto di vendita.

‘Discussione da ampliare’

Abbiamo chiesto un’opinione in merito alla situazione anche a Cristina Galbiati, co-presidente di t. Professioni dello spettacolo in Svizzera, per la sua posizione di ottima analista delle politiche culturali. «Le preoccupazioni espresse negli scorsi giorni circa le possibili ricadute sulla difesa dell’italianità dell’annullamento delle attività culturali a Palazzo Trevisan mi sembrano comprensibili», dichiara. «Credo però che, se non viene ampliata, questa discussione rischi di focalizzarsi sulla punta dell’iceberg, senza mettere al centro quella che è una tendenza molto preoccupante che sta emergendo a livello nazionale e che, in quanto fortemente politica, richiede analisi e prese di posizione più articolate. Il settore culturale è già stato oggetto di tagli nel 2024 e il budget previsto dal Messaggio sulla cultura 2025-2028 è stato decurtato di 14 milioni rispetto al progetto messo in consultazione, nonostante fosse già stato già giudicato insufficiente dal settore. Come se non bastasse, alla fine di giugno, arriva la comunicazione della proposta della Commissione della scienza, dell’educazione e della cultura del Consiglio nazionale. Vi è, in tutto questo, un indirizzo estremamente pericoloso. È probabilmente utile ricordare che in Svizzera il volume di credito medio destinato alla cultura corrisponde allo 0,3% circa della spesa federale complessiva ed è dunque già di per sé molto limitato. I continui risparmi su un settore fondamentale per la sua importanza sistemica richiedono una discussione approfondita, che ci chiama in causa tanto come settore culturale quanto come cittadine e cittadini. Potremo poi certamente confrontarci sull’idoneità o meno delle misure adottate come conseguenza delle riduzioni di budget, ma poco cambierà se non prendiamo davvero sul serio la questione che sta a monte».

Invito a una riflessione più ampia quindi, che riguarda tutti, promotori, attori o semplici fruitori della cultura.

Sul posto

Per tornare alla Laguna, alla vitalità della scena svizzera qui inserita e al vuoto che rischia di venirsi a creare, abbiamo parlato anche con Enrico Bettinelli, curatore del programma New Echo System, nell’ambito delle attività di Palazzo Trevisan. «Dal 2017 proponiamo ogni anno un programma di concerti, performance e residenze creative che mettono artiste e artisti svizzeri nella condizione di sviluppare la propria pratica a contatto con l’ambiente creativo di Venezia e in dialogo con colleghe e colleghi italiani. In questi anni si sono potuti fare conoscere dal pubblico veneziano tantissime e tantissimi musiciste/i e coreografi/performer svizzeri, da Andrina Bollinger a Igor Cardellini, passando per Feldermelder, Julian Sartorius, Clara Delorme, Trickster P, Marcel Vaid, Lucia Cadotsch e decine di altri».

Un progetto nato dall’incontro tra la vitalità della scena artistica elvetica e la necessità di instaurare un dialogo con altre creatività, l’unicità del panorama veneziano e la magia di questo palazzo divenuto ‘casa’ del progetto, come ci racconta Bettinelli. «Negli anni abbiamo collaborato in modo attivo e continuativo non solo con le più importanti realtà culturali cittadine, da Palazzo Grassi all’Università Ca’ Foscari, dalla Guggenheim Collection a Live Arts Cultures, ma anche con partner svizzeri del calibro di L’Abri Genève, Montreux Jazz Artists Foundation, Cully Jazz Festival, Cinémathèque suisse». Appuntamento fisso in Laguna, «non solo è seguito da un pubblico numerosissimo e sorprendentemente vario (da studenti a residenti, stranieri, appassionati, semplici curiosi od operatori culturali), ma è anche in grado di attivare sguardi ed esigenze sempre nuovi». E la popolazione locale ne gioisce: «Di solito dopo la performance il pubblico si ferma a scambiare due chiacchiere conviviali, si instaurano così delle vere e proprie relazioni che fanno sì che in questi anni la scena musicale e performativa svizzera sia entrata in un fervido dialogo anche con tutto il sistema, fortemente internazionale, che si muove al suo interno».

Andare, restare, tornare

Di questo clima ha beneficiato negli anni anche Lorena Dozio, danzatrice e coreografa ticinese. Con una residenza in occasione della Biennale di danza, e una partecipazione proprio a New Echo System. «Palazzo Trevisan è un punto di incontro, una casa nel mondo e allo stesso tempo a Venezia. Ha questa apertura, sia culturale che geografica, affacciato sul Canale della Giudecca, nella quale tu sai che puoi sempre andare, restare, tornare ed essere in relazione con gli artisti del mondo veneto, ma non solo». Interessanti per gli artisti proprio i diversi tipi di formato residenziale. Insomma, «una casa dove poter essere in un qualche modo nella tua terra ma in un contesto che permette incontri, continuità e sostegno. Un’ambasciata artistica nel mondo. Quando ho saputo che verrà chiuso mi si è stretto il cuore perché è un posto che permetteva ispirazione, ricerca, approfondimento, sviluppo di una rete istituzionale in legame con il territorio e l’Italia, e allo stesso tempo anche il mondo delle biennali. Trovo che questo sia di un’importanza enorme, non forse in denaro, ma come pietra miliare del sistema della rete culturale svizzera».

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