La casa d'alta moda non ha vigilato sulle precarie condizioni dei lavoratori impiegati negli opifici cinesi che di fatto producono i suoi articoli
La Alviero Martini spa, azienda specializzata in borse e accessori d'alta moda, è stata sottoposta a un decreto di "amministrazione giudiziaria" nell’ambito di un'inchiesta dei carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro e della Procura di Milano in quanto "ritenuta incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell'ambito del ciclo produttivo". Sarebbero stati massimizzati i profitti usando "opifici cinesi" e "facendo ricorso a manovalanza ‘in nero’ e clandestina".
L'azienda, secondo gli inquirenti, non ha mai effettuato ispezioni o audit sulla filiera produttiva per appurare le reali condizioni lavorative, ovvero le capacità tecniche delle aziende appaltatrici, tanto da agevolare (colposamente) soggetti nei confronti dei quali esistono molti elementi per ipotizzare il reato di caporalato.
Le indagini hanno accertato che la casa di moda affida, mediante contratto di appalto con divieto di sub-appalto senza preventiva autorizzazione, l’intera produzione a società terze, con completa esternalizzazione dei processi produttivi. Tali aziende appaltatrici dispongono, però, solo nominalmente di adeguata capacità produttiva e possono competere sul mercato solo esternalizzando le commesse a opifici cinesi, i quali riescono ad abbattere a loro volta i costi grazie all’impiego di manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento. Tale sistema consente di realizzare una massimizzazione dei profitti inducendo, con il classico sistema “a strozzo”, l’opificio cinese che produce effettivamente i manufatti ad abbattere i costi del lavoro (contributivi, assicurativi e imposte dirette) facendo ricorso a manovalanza in nero e clandestina, non osservando le norme relative alla salute e alla sicurezza sui luoghi di lavoro nonché non rispettando i Contratti collettivi nazionali lavoro di settore riguardo retribuzioni della manodopera, orari di lavoro, pause e ferie.
Carabinieri
Lo schema del sistema produttivo ‘a strozzo’
Nel caso di specie, il Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano, a partire da settembre del 2023, ha effettuato accertamenti sulle modalità di produzione, confezionamento e commercializzazione dei capi di alta moda procedendo al controllo dei soggetti affidatari degli appalti nonché dei sub affidatari non autorizzati costituiti esclusivamente da opifici gestiti da cittadini cinesi nelle province di Milano, Monza e Brianza e Pavia. In particolare, sono stati controllati 8 opifici tutti risultati irregolari nei quali sono stati identificati 197 lavoratori di cui 37 occupati in nero e clandestini sul territorio nazionale.
Negli stabilimenti di produzione effettiva e non autorizzata è stato riscontrato che la lavorazione avveniva in condizione di sfruttamento (pagamento sotto soglia, orario di lavoro non conforme, ambienti di lavoro insalubri ecc.), in presenza di gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (omessa sorveglianza sanitaria, omessa formazione e informazione ecc.) nonché ospitando la manodopera in dormitori realizzati abusivamente e in condizioni igienico sanitarie sotto il minimo etico. Sono stati deferiti in stato di libertà a vario titolo per caporalato e altro 10 titolari di aziende di diritto o di fatto di origine cinese nonché 37 persone non in regola con la permanenza e il soggiorno sul territorio nazionale.
Infine sono state comminate ammende pari a oltre 153'000 euro e sanzioni amministrative pari a 150'000 euro e per 6 aziende è stata disposta la sospensione dell’attività per gravi violazioni in materia di sicurezza e per utilizzo di lavoro nero.