La crescita dei democentristi non deve far diventare il partito un taxi per chiunque vuole salire sul carro del vincitore, perché le cose possono cambiare
Ogni lato scintillante della medaglia ha il suo rovescio, e al netto della comprensibile baldanza per i nuovi arrivi – ultimo della lista il fino a un attimo fa convintissimo liberale radicale Moreno Colombo – il presidente dell’Udc Piero Marchesi è bene che abbia sempre presente quali sono i rischi di operazioni che inizialmente sembrano paganti ma un domani chissà.
Che l’Udc abbia una linea granitica e perfettamente riconoscibile è vero, e fa bene lo stesso presidente cantonale democentrista a ricordarlo nell’intervista che pubblichiamo oggi. Ma è altrettanto vero, e Marchesi dovrebbe esserne ancor più consapevole di quel che sembra, che un partito in crescita costante grazie alle sue forze e alla persuasione nell’elettorato, deve fare attenzione a gestire il proprio successo. Il trend è chiaro: l’aumento percentuale dell’Udc non compensa il crollo della Lega, considerando che l’area di destra visti i risultati delle ultime elezioni è in calo. Logico, quindi, guardarsi attorno per allargare la base di consenso. Ma un partito come l’Udc, che è arrivato ad avere due consiglieri nazionali, una pattuglia più che discreta in Gran Consiglio e alle prossime Cantonali avrà l’obiettivo di entrare in Consiglio di Stato – magari proprio con il suo attuale presidente – ha davvero bisogno di rischiare di annacquare un vino che finora numeri alla mano è risultato appetibile? La linea più che chiara e riconoscibile su immigrazione, politica energetica, sicurezza ed economia è stata la sua fortuna. E, va concesso, è stata raggiunta grazie al fondamentale apporto di Area liberale che ha donato ai democentristi un capogruppo in Gran Consiglio che ha legato il suo cognome al concetto massimo (ed esasperato) dei conti in ordine, e il raddoppio alla Camera del popolo. Ma fino a quando la corda reggerà? Fino a quando ci sarà spazio sul carro del vincitore? E per quanto rimarrà del vincitore, questo carro?
Sarà compito di Marchesi, e di chi prima o poi gli succederà alla testa dei democentristi, mantenere il giusto equilibrio tra le varie sensibilità. Facendo però attenzione al fatto che un partito non è un taxi, e nemmeno un’assolata spiaggia per rilassarsi a fine carriera. Un partito è attivismo, proposta e soprattutto credibilità. Avere posizioni ferme su molti temi aiuta a essere riconoscibili. Aprire le porte per un pugno di crocette a chi poi prende un po’ alla carlona il concetto di appartenenza – due nomi su tutti: Franco Denti e Brenno Martignoni Polti – può minare quella stessa credibilità.
L’Udc ha davanti un compito che non è semplice. Essere saliti così in fretta dà comprensibile soddisfazione ma consegna anche la necessità di sviluppare il prima possibile una responsabilità e un’autorevolezza in casa propria. Marchesi lo sa, e per questo motivo è pronto ad accelerare sulla riorganizzazione interna, sulla struttura del partito e si è impegnato molto per migliorare la capillarità nel territorio con le sezioni comunali sorte negli ultimi tempi in giro per il cantone. Assistere a certi interventi surreali di no vax e complottisti incalliti ai propri comitati cantonali, vedere in quelle stesse riunioni aggirarsi circospetti benché sorridenti municipali del movimento loro alleato, strizzare l’occhio in così tante direzioni da aver bisogno del collirio non fa sicuramente bene a un partito che, invece, conscio della propria forza e del proprio ruolo a destra dovrebbe più affinare e far invecchiare al meglio il vino di cui sopra, che annacquarlo. La posta in gioco a destra è molto alta. E l’Udc deve dimostrare di essere in grado di saper resistere al canto delle sirene a cui lei stessa ha dato il La.