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In campo difensore, in politica ‘piuttosto un attaccante’

‘Vent’anni fa non sarei mai stato un consigliere federale migliore di quanto lo possa essere adesso’, dice il candidato del Ps Beat Jans. Intervista

‘Nessun partito ha interesse a un rinnovo disordinato del Consiglio federale’, dice il consigliere di Stato di Basilea Città
(Keystone)
9 dicembre 2023
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Ha sempre davanti agli occhi sua madre quando parla: “Se lei mi dice che non ha capito, allora so di aver sbagliato qualcosa”, ha dichiarato al ‘Tages-Anzeiger’. Quasi a fine giornata, seduto a un grande tavolo nell’elegante Sala 6 di Palazzo federale, Beat Jans anche adesso fa tesoro di quelle parole. Dice subito di volersi esprimere lentamente, per darci la possibilità di tradurre al meglio. A un paio di metri di distanza, Stefan Batzli – coordinatore della sua campagna da candidato al Consiglio federale – si assicura che non ci siano intoppi. Non ce ne saranno. Anche perché il presidente del Consiglio di Stato di Basilea Città soppesa ogni parola e, prima di rispondere, si concede spesso alcuni secondi di tempo per trovare quelle giuste.

Signor Jans, siamo alla fine della prima settimana di sessione. Qual è stato il punto più alto e quale quello più basso?

[sorride] È stata una settimana molto intensa per me. [pausa] Il culmine... difficile a dirsi. Sì, forse ieri [mercoledì per chi legge, ndr]: i festeggiamenti per i nuovi presidenti delle Camere federali, Eric Nussbaumer [di Basilea Campagna, ndr] ed Eva Herzog [Basilea Città, ndr]. Sono stati accolti sulla piazza del mercato, per le strade, persino nella St. Jakobshalle. È stato molto bello. E ancora una volta ho capito quante persone desiderano che un basilese venga eletto in Consiglio federale [l’ultimo è stato il socialista Hans Peter Tschudi, ritiratosi nel 1973, ndr]. [pausa] Il punto più basso? Ce n’è stato uno? Forse l’intenso pomeriggio di martedì, con le audizioni davanti a quattro gruppi parlamentari.

A quanto pare se l’è cavata bene, non parlerei di punto basso.

Sì, ha ragione. Quale potrebbe essere allora? Ah, forse sì: la sera, al termine delle audizioni. Ho rilasciato alcune brevi interviste, non sapendo bene cosa dovevo dire.

Lo si è capito...

[ride] Tutti volevano sapere cos’era capitato durante gli hearings [che si svolgono a porte chiuse, ndr], quali domande mi erano state poste. Ma il contenuto delle audizioni è confidenziale. Ed è impossibile giudicare come sono state accolte le mie risposte, visto che tu sei già fuori dalla sala quando i membri del gruppo parlamentare ne discutono tra loro.

Pensavo a un momento di difficoltà sul piano emotivo.

[pausa] La prima audizione, davanti ai rappresentanti dei contadini, è stata dura. Ma del resto me l’aspettavo. E ho l’impressione che non sia andata male. Quindi nemmeno qui possiamo parlare di punto basso [ride].

Una settimana molto intensa, ha detto. Riesce a staccare la spina?

Negli ultimi due giorni no. Ma gli hearings ormai sono quasi alle spalle [ne resta uno, martedì, davanti al gruppo del Centro, ndr], molte interviste sono state fatte. Spero di riuscire a staccare un po’ nel fine settimana. Due passi con mia moglie e il cane, confidando nella meteo. Forse verranno anche le nostre figlie, ma capita piuttosto raramente: ormai sono grandi [ride].

Nel Football Club Consiglio nazionale giocava in difesa...

[ride] Vero.

Anche politicamente è un difensore?

No, sono piuttosto un attaccante. Come consigliere di Stato sono riuscito a far progredire alcuni dossier secondo i miei propositi. Sono contento quando posso contribuire a dei cambiamenti, e non semplicemente frenare.

Per esempio?

La legge sull’uguaglianza [una delle più avanzate in Svizzera, ndr], oppure l’attuazione della strategia climatica cantonale, voluta dal popolo, con l’obiettivo zero emissioni nette entro il 2037. C’è poi il controprogetto governativo all’iniziativa popolare ‘Basilea costruisce futuro’, sulla trasformazione di vaste aree industriali: è stato difficile, c’è voluto molto tempo, ma alla fine abbiamo trovato un compromesso [ora al vaglio della competente commissione del Gran Consiglio, ndr] con il quale sia i promotori dell’iniziativa che gli investitori possono convivere.

Esperienza di leadership, origine, capacità di costruire compromessi: qual è il suo asso nella manica?

Direi, da un lato, l’esperienza di vita e di leadership; dall’altro, la mia origine: sono presidente del Consiglio di Stato di un cantone urbano, e questo può portare al Consiglio federale un’esperienza supplementare, importante per trovare delle soluzioni. [pausa] Per quanto riguarda le mie qualità personali, credo la grande pazienza: nel caso del controprogetto all’iniziativa di cui abbiamo appena parlato, ho mediato mediato mediato, finché siamo riusciti a trovare una soluzione.

Proviene da un cantone economicamente forte, contributore netto nella perequazione finanziaria. “Questo suscita invidia”, ha scritto la ‘Nzz’. L’ha sentita, questa invidia?

[pausa, sospiro] È una buona domanda. A Basilea vogliamo assolutamente essere parte della Svizzera ed essere visti come tale. Non solo come... [pausa] i ricchi [ride], bensì come una regione che può dare parecchie cose positive al Paese. Se il fatto di provenire da un cantone economicamente forte rappresenta uno svantaggio per la mia candidatura, questo non riesco a giudicarlo. [pausa] Quel che posso dire è che mi sono reso conto che non è sufficiente dire: “Vengo da Basilea e ho esperienza di esecutivo”. Da solo, questo non basta. Si deve convincere con la propria personalità, per riuscire a guadagnarsi una maggioranza in Parlamento.

L’insuccesso di Eva Herzog, un anno fa, ne è la dimostrazione.

Eva Herzog mi sta aiutando molto adesso, lavoriamo bene assieme. E probabilmente mi aiuta anche il fatto che stavolta le aspettative nel mio cantone si sono abbassate rispetto allo scorso anno: abbiamo imparato che le cose si decidono solo all’ultimo momento.

L’Assemblea federale elegge abbastanza raramente qualcuno di esterno. Non è un forte handicap il fatto di non essere presente a Palazzo da quasi tre anni?

Non credo. Ruth Metzler [consigliera di Stato dell’allora Ppd ad Appenzello Interno quando nel 2003 venne eletta in Consiglio federale, ndr] è stata una sorpresa, per il motivo che dice lei. La differenza è che io sono stato dieci anni in Consiglio nazionale. La maggioranza dei membri dell’Assemblea federale mi conosce ancora. Ed ero presente all’inizio dell’iter legislativo di molti temi tuttora pendenti in Parlamento.

A quanto pare non è più lo spauracchio dei contadini. O quantomeno adesso lo è meno del suo ‘rivale’ Jon Pult. ‘Läckerli’ a parte [lunedì all’audizione ne ha portato un cesto pieno, ndr], com’è riuscito a rassicurare i parlamentari affini all’agricoltura?

Ecco, in questo caso forse mi ha aiutato il fatto di avere un’esperienza di esecutivo. Ho potuto mostrare in che modo lavoro: come presidente di un governo devo essere presente per tutti, devo mediare e non difendere una posizione di parte. Ho spiegato che lo voglio fare anche come consigliere federale. Ho aperto una porta, offrendomi di rimanere in un dialogo aperto con loro e assicurando di prendere sul serio le loro preoccupazioni.

Ha 59 anni. Il Ps ha già una consigliera federale di questa età, che per giunta si è subito definita «di transizione». L’età media del Consiglio federale è di 59-60 anni. Lei dice di sentirsi ancora in forma, ok. Ma non è giunto il momento di ringiovanire il Consiglio federale, non da ultimo per portare avanti con maggior decisione dossier come la digitalizzazione, o semplicemente per portare in Governo un diverso modo di pensare?

[pausa] Per me è adesso che si è materializzata la costellazione propizia. L’età, di per sé, non è un argomento. Ritengo importante, invece, il fatto di essere padre di due figlie di 16 e di 18 anni che vivono in una casa aperta, dove abbiamo molte visite: ho ottimi contatti, costanti, con le generazioni più giovani, che si affacciano al mondo del lavoro. Credo sia molto prezioso conoscere i bisogni della ‘generazione X’. Quand’ero nell’età di mezzo questi contatti non li avevo. [pausa] Per il resto, cosa posso dire? Sono in forma, non ho mai lavorato volentieri come faccio adesso. Forse anche perché le mie figlie ormai sono indipendenti, e non penso più costantemente a loro. Vent’anni fa non sarei mai stato un consigliere federale migliore di quanto lo possa essere adesso. Oggi ho molto di più da dare.

Lei è più introverso di Jon Pult, al quale si attesta un’eccellente ‘Stammtischkompetenz’. E la ‘competenza’ di bere una birra assieme ai colleghi parlamentari, anche con quelli che non la pensano come te, pare sia una qualità importante per un aspirante consigliere federale.

Sto molto volentieri in mezzo alla gente. E questa è anche la parte migliore del mio ruolo di presidente di governo. Ma è così: sono una persona piuttosto riservata. E quando sono assieme ad altre persone, tendo ad ascoltare, non a fare da intrattenitore. [pausa] Non so se alla fine questo sia un vantaggio o uno svantaggio.

Hans-Peter Tschudi, Willy Ritschard, Otto Stich: il Ps ha una certa tradizione di candidati non ufficiali eletti in Consiglio federale. Qual è la probabilità che il 13 dicembre un candidato ‘selvaggio’ venga eletto al posto suo o di Jon Pult?

Quello che so l’ho letto sui media. Non ho parlato con nessuno di queste cose: sono speculazioni nelle quali non sono coinvolto. È difficile per me giudicare.

In Ticino i frontalieri sono una questione politica, a Basilea no. In Ticino suscitano un diffuso malcontento tra la popolazione, a Basilea no.

Posso capire molto bene le preoccupazioni dei ticinesi. Del tema ho potuto parlare varie volte qui in Parlamento, e anche nel comitato dell’Unione delle città svizzere, con Filippo Lombardi ad esempio. Le due realtà sono molto diverse: noi a Basilea siamo il fulcro della regione transfrontaliera, mentre da voi il centro è Milano. E questo determina dinamiche completamente differenti. Da noi senza frontalieri non funzionerebbe quasi niente: è una situazione ‘win-win’. Anche perché il fenomeno del dumping salariale è praticamente inesistente. Credo che al Ticino servano soluzioni proprie per gestire al meglio la presenza dei frontalieri, e della manodopera estera in generale, sul mercato del lavoro.

Sua madre nelle ultime settimane le ha ancora detto: “Non ho capito”?

[ride] No. Però mi dice sempre: “Beat, devi restare coi piedi per terra. E devi occuparti della tua famiglia”. Ed è quello che farò.