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‘Non cambio le mie idee solo per guadagnare qualche voto’

Restare sé stesso è ‘una questione di principio’ per il consigliere nazionale grigionese, candidato al Consiglio federale. Intervista

‘Non ho paura di prendere decisioni, né di assumerne le conseguenze’, dice il consigliere nazionale grigionese
(Keystone)
11 dicembre 2023
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Giovedì 7 dicembre, metà pomeriggio: la prima settimana della sessione invernale delle Camere federali è terminata da un paio d’ore. Buona parte dei parlamentari sono già sul treno, diretti a casa. A Palazzo federale c’è poca gente in giro. Nella Sala dei passi perduti, Jon Pult è seduto a un tavolo. L’ennesima intervista, a un quotidiano romando. Poi arriva il nostro turno. Sono le 15, e l’ipersollecitato candidato al Consiglio federale non ha ancora pranzato. «Non importa, mangio qualcosa più tardi». Questa è l’intervista numero...? «Non le ho contate. Ma sono tante. Solo oggi tre. Anzi, no: quattro. Ancora qualcuna domani. Poi basta». Basta almeno per il weekend. Ma lunedì si ricomincia. Di certo altre interviste, altri innumerevoli pourparler coi colleghi parlamentari, l’ultima audizione (martedì, davanti al gruppo dell’Alleanza del Centro). Fino a mercoledì, il giorno x. Poi si vedrà.

Sei audizioni alle spalle, compresa quella odierna con Alliance F [l’associazione mantello delle organizzazioni femminili, ndr]. Come ha vissuto questa frenetica settimana?

Molto bene. Tutte le audizioni mi sono piaciute. A me piace fare politica, argomentare, discutere, confrontarmi. Per un politico, poter esporre le proprie idee davanti agli altri gruppi parlamentari è un’opportunità unica. L’esperienza è sicuramente positiva, indipendentemente da come andrà a finire.

Qual è stato il momento più difficile?

I minuti precedenti l’inizio dell’audizione davanti al gruppo parlamentare dell’Udc. Martedì è stato il mio primo ‘hearing’. Ero estremamente concentrato, anche un po’ nervoso. Perché quello democentrista è il gruppo più numeroso, e pure il più distante dalle mie idee. Poi però, una volta rotto il ghiaccio, è andata bene.

Una settimana a cento all’ora, giornate lunghissime, un’enorme pressione mediatica. Riesce a staccare la spina?

In questi giorni è stato più difficile del solito. Ma qua e là ce l’ho fatta. Ieri [mercoledì per chi legge, ndr] ad esempio ero a Liestal e a Basilea, per i festeggiamenti dei presidenti delle due Camere [Eric Nussbaumer ed Eva Herzog, ndr]. Ero lì da semplice invitato, per cui ho potuto parlare con molta gente. Ho persino cantato con il coro del Parlamento [di cui fa parte, ndr]. Si è parlato naturalmente anche della mia candidatura, quindi non ho staccato del tutto. Ma tutto sommato è stato ‘wellness’, se penso alla maratona di audizioni della vigilia.

Un po’ di aria fresca in un Consiglio federale che risulterebbe ringiovanito; il fatto di essere un ‘montanaro urbano’, la sua famosa ‘Stammtischkompetenz’: qual è la sua carta vincente?

La mia forte motivazione a rafforzare coi fatti, non solo simbolicamente, la diversità della Svizzera e a creare, rinnovare la coesione sociale e tra le regioni del Paese in un periodo storico difficile. Questa coesione è una delle sfide dei prossimi anni. E io mi sento pronto ad affrontarla, perché porto in me questa diversità. Se poi questa è la mia carta vincente, non lo so. Vedremo.

Lei è da sempre considerato una sorta di enfant prodige del Ps, quasi predestinato a diventare consigliere federale un giorno. Però al Consiglio nazionale non è stato eletto al primo tentativo. E poi non è usuale che uno si candidi al Consiglio federale dopo soli quattro anni alla Camera del popolo. Non sta bruciando le tappe?

No. Però sono consapevole, ad esempio, di non poter vantare esperienza di esecutivo. Per questo ho riflettuto a lungo e in modo molto autocritico. Ho parlato anche con numerose persone, ex consiglieri federali compresi, per capire quali sono le qualità che uno deve avere per assumere questa carica. Alla fine mi sono detto che sì, ho le capacità necessarie per dare un contributo importante al Paese. Credo inoltre che per lo stesso Consiglio federale sia un’opportunità avere un membro di un’altra generazione, che può portare una prospettiva diversa sul mondo.

Bernhard Kunz, Ceo di Hupac, ha dichiarato al ‘Tages-Anzeiger’ che “la capacità di conduzione non è una questione di età, ma di maturità”. Indipendentemente dagli handicap, reali o presunti, che le vengono attribuiti (l’anagrafe, il fatto di non essere mai stato in un esecutivo), cosa le fa dire che è maturo per assumersi questa responsabilità?

Me lo hanno detto persone che stimo, il cui giudizio conta molto per me. E io so di avere la forza di motivare le persone. Ho un’idea moderna di leadership, dò fiducia e libertà alle mie collaboratrici e ai miei collaboratori, affinché possano sviluppare idee innovative. Al contempo, come ‘capo’ [è presidente dell’Iniziativa delle Alpi e membro del consiglio d’amministrazione di un’agenzia di comunicazione, ndr] mi assumo sempre tutta la responsabilità: non ho paura di prendere decisioni, né di assumerne le conseguenze. Anzi, mi piace farlo. Certo, anch’io ho bisogno che mi si dia fiducia, perché non sono ancora rodato per fare il consigliere federale. D’altronde, se vi vuole avere un consigliere federale relativamente giovane, è piuttosto improbabile riuscire a trovare qualcuno che abbia già un’esperienza del genere.

Lei ripete spesso: «Non mi piego», «resto me stesso». Perché? Cosa intende esattamente?

“Cos’ha ‘promesso’ all’Udc per ottenere il loro sostegno?” I giornalisti mi hanno fatto dozzine di volte questa domanda. Io mi presento per quello che sono, con i miei valori e le mie convinzioni: non cambio le mie idee solo per guadagnare qualche voto, posso solo promettere di essere sincero, trasparente, aperto al dialogo. Insomma, di essere il più autentico possibile. Per me è una questione di principio. Del resto, un consigliere federale dev’essere in grado di non piegarsi di fronte a fortissime pressioni, provenienti anche dall’estero, e di tenere sempre ben presente l’interesse del Paese.

Più che di sostanza, di contenuti, è una questione di stile: quest’atteggiamento piuttosto inflessibile non rischia di essere mal visto qui a Palazzo?

Tanti parlamentari sanno che sono una persona aperta al dialogo, molto interessata alle opinioni altrui, sempre disposta a negoziare per trovare un compromesso. Per me questi sono valori fondamentali. Poi, che si faccia pressione su un candidato, affinché cambi la propria posizione, è anche un modo per testare la sua capacità di gestire situazioni del genere.

Si definisce “un classico socialdemocratico”, afferma che era un pragmatico già ai tempi della sua militanza nella Gioventù socialista, sottolinea l’importanza di lavorare oltre gli steccati partitici. Dunque non è così a sinistra come di primo acchito potrebbe sembrare?

Il mio profilo Smartvote indica che sono al centro del mio gruppo parlamentare. Inoltre, ho sempre fatto politica in realtà dove il Ps era in minoranza: in Consiglio comunale a Coira, in Gran Consiglio, come presidente del Ps grigionese. Ovunque siamo cresciuti grazie alla capacità di dialogo, a una politica pragmatica, cercando alleanze con altre forze politiche. Anche all’Iniziativa delle Alpi ho collaborato costruttivamente con la controparte. Tant’è che Nils Planzer [Ceo e presidente del Consiglio d’amministrazione dell’omonima ditta di trasporti, ndr] sostiene apertamente la mia candidatura, cosa che non mi sarei aspettato. Ripeto: l’apertura c’è sempre, ma partendo dalla propria autenticità, dalle proprie convinzioni di sinistra.

È da quattro anni in Consiglio nazionale. Qual è stato il suo maggior successo, e quale la sconfitta più bruciante?

La delusione maggiore è stata la bocciatura in votazione popolare del pacchetto di aiuti ai media [febbraio 2022, ndr]. In Parlamento mi ero impegnato davvero a fondo per raggiungere un compromesso che a mio avviso era ragionevole. Invece, tra i successi citerei la mia mozione per l’istituzione di una commissione indipendente per i beni culturali sottratti a seguito delle persecuzioni naziste. La mozione, firmata da esponenti di tutti i gruppi parlamentari, è stata accolta da entrambe le Camere. E di recente il Consiglio federale ha deciso di istituire questa commissione, che porta la Svizzera avanti rispetto ad altri Paesi che già conoscevano entità simili. Un altro esempio: mi sono battuto assieme a parlamentari di altri partiti (come l’ex ‘senatore’ vodese Olivier Français, del Plr) affinché alle Ffs venisse garantito un finanziamento duraturo, dopo le difficoltà vissute durante la pandemia. È stato un lavoro impegnativo, fatto dietro le quinte, cercando di convincere le stesse Ffs (reticenti in un primo tempo), il Dipartimento federale dei trasporti, i parlamentari interessati. Ora la legge è al Consiglio nazionale, dove ha buone chance di essere approvata. Sono molto contento, perché si tratta di una soluzione che aiuterà a stabilizzare le finanze della più importante azienda di trasporto pubblico del nostro Paese.

Restiamo più o meno in tema: come giudica l’idea di un pedaggio al Gottardo? Una volta realizzata la seconda canna del tunnel autostradale, tutte le quattro corsie verranno aperte al traffico?

Capisco che il pedaggio possa essere considerato un’idea per ridurre il traffico di transito. Non credo però nell’efficacia della misura: per ridurre in maniera significativa il traffico, la tariffa dovrebbe essere molto elevata, altrimenti l’effetto dissuasivo non si produce. E una tariffa troppo alta non otterrebbe mai una maggioranza. Sono scettico, ma aperto alla discussione.

E sulla seconda canna del tunnel autostradale?

Il rischio che lei evoca c’è, ma al momento non lo considero così grande. Occorrerebbe modificare la Costituzione, cosa che il Consiglio federale ha detto di non voler fare. E casomai bisognerà lanciare un’iniziativa popolare, quindi ottenere la maggioranza di popolo e cantoni in una votazione popolare. Una cosa tutt’altro che semplice. Sono abbastanza tranquillo.

Hans-Peter Tschudi, Willy Ritschard, Otto Stich: il Ps ha una tradizione relativamente importante di candidati non ufficiali eletti in Consiglio federale. Non teme che uno scenario simile possa ripetersi mercoledì?

Il Ps ha due candidati ufficiali. La regola non scritta in auge ormai da parecchi anni vuole che gli altri partiti scelgano all’interno del ticket ufficiale. Perciò sono abbastanza fiducioso che l’Assemblea federale il 13 sceglierà Beat Jans o me. Ma sappiamo tutti che i 246 parlamentari sono liberi di eleggere chiunque. Non c’è mai una garanzia. A mio avviso, però, non sarebbe un bene per il Paese creare ‘drammi’ politici in questo momento.