La decisione è stata fatta in memoria di quanto avvenne ad Arzo nel 1943, quando venne respinta dalle guardie svizzere
Sabato 2 dicembre, la Città di Mendrisio ha organizzato una cerimonia pubblica per consegnare la distinzione comunale straordinaria 2023 alla Senatrice italiana Liliana Segre, superstite dell'Olocausto e testimone della Shoah. La decisione è stata presa in risposta a una mozione del gruppo l’AlternativA - Verdi e Sinistra datata 27 gennaio 2021, con primo firmatario Jacopo Scacchi, vicepresidente del Consiglio comunale di Mendrisio. Nella mozione erano contenute due richieste: la prima era di denominare/intitolare uno spazio pubblico nel quartiere di Arzo alla memoria di ciò che avvenne in paese dal 1940 al 1945, fatti storici già oggetto di un documentario di Ruben Rossello che racconta, da una parte, il ricordo dei respingimenti alle frontiere di profughi (soprattutto di origine ebraica) avvenuti durante la Seconda Guerra Mondiale e che consegnarono alla barbarie nazifascista donne, uomini e bambini colpevoli solamente del crimine di essere nati, e dall’altra gli episodi di umanità e solidarietà che permisero all’86 percento dei rifugiati che si presentarono alle nostre frontiere di salvarsi. In secondo luogo veniva chiesto di conferire la cittadinanza onoraria di Mendrisio a Liliana Segre, la cui storia personale è strettamente legata ad Arzo, a causa della scellerata decisione di respingimento, presa nei confronti della sua famiglia da due ufficiali dell’esercito svizzero.
“Mi ritengo particolarmente contento – scrive Scacchi – della risposta istituzionale del Municipio, che ha così riconosciuto l’importanza di compiere questo gesto simbolico e ha concretizzato lo spirito della mia mozione che quindi posso ritenere positivamente evasa. Intendo tuttavia ribadire la prima richiesta, ovvero l’iter per la creazione di un luogo dedicato alla memoria dei fatti avvenuti durante la seconda guerra mondiale ad Arzo, presentando a breve un’interrogazione”.
”A Mendrisio porterò il saluto di mia madre. Nessuno può negare che la Svizzera, quando era un'isola circondata da totalitarismi, sia stata terra d'asilo per migliaia di persone. Ma alcune migliaia le ha invece respinte e mandate verso un destino fatale, e il dovere di ciascun Stato e di ciascun popolo è trasmettere alle nuove generazioni una storia veritiera, che non è mai bianca o nera. Noi per primi”, afferma Luciano Belli Paci, terzogenito di Liliana Segre, la quale fu brutalmente respinta l'8 dicembre 1943 al confine di Arzo e, in conseguenza a quel rifiuto di essere accolta come profuga, deportata ad Auschwitz, dove fu l'unica della sua famiglia a sopravvivere al campo di sterminio. Il fatto che a ottant'anni dal respingimento di Arzo la Città di Mendrisio ha deciso di conferire a Liliana Segre l'onorificenza che si richiama a un “profondo obbligo morale”, è motivo di grande interesse e riflessioni anche al di qua della frontiera, incominciando dalle considerazioni che il terzogenito della senatrice a vita ha affidato al quotidiano milanese “Il Giorno”, che all'incontro ha dedicato due pagine. Innanzitutto, il ricordo di Liliana Segre di quando l'8 dicembre 1943, allora tredicenne, assieme al padre Alberto, 43enne, e due anziani cugini, Rino e Giulio Ravenna, entrambi ultra settantacinquenni, si ritrovò nella scuola di Arzo, adibita a comando di militari mandati dal Canton Friborgo a sorvegliare la frontiera. “Con le baionette alle spalle siamo stati scortati in frontiera per essere consegnati alla Guardia di Finanza”. L'arresto, il carcere a San Vittore, il trasferimento al binario 21 della Stazione Centrale di Milano, per salire assieme al padre su un treno per Auschwitz. “La condanna a morte di mio padre e dei cugini (uno si è suicidato a San Vittore, ndr) venne pronunciata da quell'ufficiale svizzero che ci disprezzò e rifiutò di accoglierci. I nazisti si limitarono a metterla in pratica” scriverà molti anni dopo la senatrice a vita.
Ora il riconoscimento di sabato prossimo. Un modo per chiedere scusa per quanto accaduto l'8 dicembre 1943 ad Arzo? “Sì, in un'altra forma” è la risposta di Luciano Belli Paci, che fra gli autori del documentario Rsi ‘Arzo 1943’, di Ruben Russello (sarà proiettato sabato pomeriggio al cinema Plaza), due anni fa ha percorso il sentiero che scende dalla cava di Saltrio verso Arzo, lungo il quale sua madre aveva seguito i contrabbandieri, immaginando l'abbraccio dei cugini, dopo aver oltrepassato la ‘ramina’ voluta da Mussolini. Davanti all'ondata di fuggitivi, non solo ebrei, ma anche antifascisti e interi reparti sbandati dell'esercito italiano, la decisione della Svizzera fu quella di stringere le maglie. E in quelle maglie rimasero le speranze di Liliana Segre e dei suoi cari.