A breve il rapporto sulla terza fase della professionalizzazione, che prevede il potenziamento dei militi e probabili nuovi distaccamenti nel distretto
Da quaranta a sessanta professionisti, con un posizionamento strategico in più punti del Luganese e con immutata la spina dorsale del volontariato. Avrà quest’aspetto, in estrema sintesi, il Corpo civici pompieri Lugano (Ccpl) fra una decina d’anni. Questo, qualora anche la terza fase di professionalizzazione andasse in porto senza particolari ostacoli così come successo alle prime due. Ne abbiamo parlato con il comandante Federico Sala, che guida l’unica caserma di professionisti urbani in Ticino.
Prima di volgere lo sguardo al futuro, val forse la pena ripercorrere le tappe principali di quanto fatto sin qui.
La professionalizzazione del Ccpl ha avuto inizio nel 2005, quando siamo stati accolti nell’Associazione svizzera dei pompieri professionisti. Prima avevamo comunque personale assunto che lavorava a tempo pieno, oltre naturalmente ai volontari. Poi c’è stata un’evoluzione. Della città in primo luogo, che si è ingrandita. E poi il nostro Corpo ha man mano assunto sempre nuovi compiti. I miei predecessori si sono quindi trovati una situazione difficile da gestire, con i pochi permanenti, i motociclisti della Polizia comunale e i volontari che riuscivano a lasciare il posto di lavoro in caso di necessità. In un contesto di costante crescita del numero di interventi. Siamo passati nel 2010 ad averne poco più di 900, ai quasi 1’600 dell’anno scorso (che comprendono anche le disinfestazioni, prima conteggiate separatamente, ma la cifra sarebbe comunque superiore di circa 400 unità rispetto al 2010, ndr). Da lì sono partite le riflessioni di aumentare il personale e di professionalizzarlo, così come era già stato fatto in diverse altre città svizzere. Per poter entrare nell’associazione di categoria, era tuttavia necessario adempiere a determinati criteri.
Per esempio?
Ad esempio la prontezza d’intervento e l’operatività tutto l’anno, giorno e notte con tempi di partenza molto ridotti che obbligano una costante presenza in caserma. Per garantirla, è necessaria anche una formazione adeguata. I militi che lavoravano già permanentemente sono stati riconosciuti nel 2008 con un attestato federale di capacità come professionisti. E da lì in poi, ogni assunzione ha comportato la frequentazione di una scuola della durata di diciotto mesi. Prima c’era solo a Ginevra, Losanna o Zurigo. Nel 2020 siamo stati accreditati dall’Organizzazione del mondo del lavoro dei pompieri quale Accademia per pompieri professionisti di lingua italiana (Appli), per preparare gli aspiranti agli esami federali, e la gestiamo interamente noi. Il direttore (ad interim, ndr) è l’aiutante Marco Besana. Nel 2008, anno del riconoscimento della professione a livello svizzero, eravamo in 14-15 unità. Oggi, con le ultime assunzioni effettuate nel 2022 abbiamo chiuso la fase 2 e siamo 40. Oltre al raddoppio dei militi e all’avviamento della scuola in Ticino, durante la seconda fase abbiamo anche aperto il distaccamento all’aeroporto di Agno (inaugurato pochi giorni fa, ndr) per aggirare le problematiche viarie e garantire la prontezza d’intervento. Non è escluso che un domani siano aperti dei distaccamenti anche in altre zone della regione. Ne discuteremo nella terza fase.
Oltre a eventuali nuovi distaccamenti, cosa comporterà avere 60 professionisti?
In particolare un miglioramento dell’efficienza negli interventi. Oggi siamo al limite. È importante precisare che questi venti nuovi colleghi non arriverebbero in un colpo solo, ma entrerebbero a scaglioni in concomitanza con l’avvio di ogni nuovo ciclo di formazione dell’Appli, quindi un gruppo ogni biennio, per arrivare fra una decina d’anni a completare l’organico. Valuteremo in corso d’opera se continuare con l’attuale organizzazione, se acquisire più distaccamenti o se passare alla copertura professionale ventiquattro su ventiquattro, come fanno quasi tutti i Corpi professionisti svizzeri.
Il Ccpl si compone di circa 150-160 militi e la maggior parte sono comunque ancora volontari. La strada verso la professionalizzazione non comporta una loro marginalizzazione?
Assolutamente no, per noi il volontariato rimane importantissimo. Ma si è evoluto anch’esso. Oggi come oggi, sia a causa della viabilità sia per via delle condizioni lavorative, praticarlo durante il giorno è diventato estremamente complicato per non dire impossibile. Il volontariato resta la nostra spina dorsale e senza i volontari non potremmo tenere in piedi l’attuale organizzazione: loro subentrano in caso di richiesta di rinforzo ai colleghi professionisti o accasermati già impegnati in intervento, durante i fine settimana a copertura del picchetto domenicale e in occasione di servizi di prevenzione o comandati. Teniamo molto affinché si mantenga uno spirito di squadra nel Corpo fra volontari e professionisti, perché per noi sono tutti egualmente validi.
Che cosa distingue volontari e professionisti?
Tutti i militi sono bravi e preparati. I professionisti vanno nel dettaglio. Abbiamo maggior conoscenza ed esperienza nel capire come affrontare una determinata tipologia di intervento perché abbiamo studiato la materia in profondità. È una questione di formazione. Quella cantonale di base è uguale per tutti e dura circa due anni. Noi assumiamo come professionisti solamente pompieri che sono attivi come volontari in un qualsiasi Corpo cantonale. Poi, il pompiere professionista deve fare anche la citata scuola di diciotto mesi.
La città è costellata di cartelloni che invitano a diventare volontari. Come sta andando la campagna di reclutamento?
Ottimamente. Dall’anno scorso, è gestita a livello cantonale dalla Federazione Pompieri Ticino, mentre prima ogni Corpo era competente per sé. Il 12 settembre si è tenuta una serata informativa. Abbiamo avuto oltre 200 presenze, a riprova del forte interesse nella popolazione verso quest’attività. Di questi, 80 si sono dimostrati interessati alla giornata di selezione, che comprende anche una visita medica. Passata questa, c’è il colloquio con il comandante del Corpo. Alla fine selezioneremo i circa 15 volontari dei quali abbiamo bisogno.
Il Ccpl dunque è in salute e il terreno pare fertile per avviare la terza fase di professionalizzazione. Quale sarà l’iter istituzionale? Ne abbiamo parlato con la capodicastero Karin Valenzano Rossi. «Il rapporto da sottoporre al Municipio arriverà sicuramente entro la fine della legislatura – spiega –, forse già entro l’anno». Quanto è previsto come investimento? «Prevediamo una spesa aggiuntiva complessiva per la terza fase nell’ordine dei 2 milioni di franchi. È una spesa abbastanza importante, ma che verrà introdotta gradualmente su dieci anni e coordinata con gli altri investimenti della Città. È un progetto che parte da lontano. La prima e la seconda fase ne hanno dimostrato la bontà. La terza fase è particolarmente importante perché constatiamo vieppiù un aumento rilevante degli interventi e la necessità di risorse qualificate. Da quando è stato aperto il distaccamento di Agno a luglio, sono stati fatti oltre quaranta interventi solo da lì». E a proposito degli eventuali nuovi distaccamenti, la municipale anticipa che «siamo già in una fase avanzata di discussione. Qualcosa potrebbe concretizzarsi già nel 2024, nel comparto sud della regione di nostra competenza. L’obiettivo è collocarci in modo strategico per poter coprire tutto il territorio del Luganese, aggirando i noti problemi viari esistenti. Per procedere, il presupposto è avanzare con la professionalizzazione del Corpo, altrimenti non è possibile».