laR+ la guerra in ucraina

La Legione Georgiana che sfida i russi

La Brigata internazionale che passa dal fuoco nemico a quello della brace per la carne. Si urla ‘Slava Ukraini’, si beve, si combatte contro l’invasore

Soldati al fronte
(Keystone)
31 agosto 2023
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A circa tre ore di macchina da Zaporizhzhia, Lyudmyla Stovba sta camminando in mezzo alle rovine del suo villaggio completamente distrutto dai russi. Siamo a Osokorivka, regione di Kherson. Nel giugno 2022 avevo passato due settimane nel villaggio di fronte, Novovorontsovka.

I russi in quel periodo erano appostati su una collina a circa tre chilometri di distanza e da lì bombardavano senza sosta i due villaggi. La scuola, il centro sportivo, l’amministrazione comunale sono solo rovine, come la stragrande maggioranza delle abitazioni. Nessun negozio, posta, ambulatorio. Nulla è rimasto. La quasi totalità delle case è stata distrutta o lesionata, racconta Lyudmyla. Eppure la gente sta rientrando.

Prima della liberazione dai russi, nel villaggio erano rimaste una sessantina di persone, la maggior parte anziani. Oggi sono circa un migliaio, anche se manca ancora l’acqua potabile e la rete elettrica non è stata ripristinata.


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Pompieri al lavoro dopo un attacco russo

La ‘pace’ tra cristiani

Nel villaggio c’è una chiesa del patriarcato di Mosca. Il 16 febbraio scorso la comunità di Osokorivka ha deciso di cacciare dalla chiesa il prete, considerato un collaborazionista. “Questi non sono religiosi, sono come gli zombie. Anche quei pochi che ancora lo seguono. Oggi la maggioranza qui sceglie il patriarcato ucraino”.

Lyudmila racconta che un suo cugino, mosso da fervore religioso, si presentò un giorno con una croce e con un rosario in mano nel vano tentativo di cercare la pace “tra fratelli cristiani”.

Gli spararono al checkpoint. Il suo corpo venne recuperato mesi dopo, durante la ritirata russa. “Quando i luoghi abitati dall’uomo restano deserti, subito vi si annida l’orrore, promana da essi un alito come da tombe dischiuse” scrive Ernst Junger nelle sue osservazioni al fronte durante la Prima guerra mondiale.


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Prove di pesca nel Dnipro

La natura se ne frega

Nel guardare questa piazza, queste vie deserte, invase dall’erba, i rampicanti salire sui muri sbrecciati, infilarsi nelle voragini delle bombe, si capisce il senso delle sue parole: “La natura non tiene nessun conto dell’uomo e delle sue distruzioni. Semplicemente se ne riappropria”. Qui molti sono agricoltori o pescatori. C’era un piccolo porto e una laguna. Oggi c’è solo una distesa di terra che si estende per chilometri. Lontano, si vede il fiume Dnipro.

“Siamo come gli scorpioni – dice Lyudmyla – sopravviveremo anche senza l’acqua del bacino, come i nostri padri quando il villaggio si trovava molto più in là, prima che ci portassero via quando il governo sovietico iniziò a costruire la diga e le acque iniziarono a coprire la pianura. Avevo circa sette anni quando è arrivata l’acqua e ha inondato tutte le nostre terre, i giardini delle nostre case. L’acqua è arrivata un poco alla volta e mano a mano che saliva, le persone venivano evacuate. Ecco, lì c’era la vecchia Osokorivka e c’era anche un ponte che lo attraversava e portava al paese vicino di Novovorontsovka. Adesso, dopo la rottura della diga di Kakhovka il ponte è riemerso ma non si può andare sulla riva perché ci sono i nostri militari. Questo era un posto bellissimo. Le persone venivano in villeggiatura da Kryvyj Rih e da altre città, c’è chi veniva a pescare e chi in vacanza per riposarsi. Adesso non c’è più niente”. L’acqua si è ritirata anche qui. Davanti si estende una piatta vallata e, a circa dieci chilometri, l’altra costa dove si trovano i russi.


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Un soldato riposa nei pressi della prima linea del fronte

Gli uomini in trincea

Il fronte di combattimento nel sud dell’Ucraina si estende per oltre centocinquanta chilometri su una fascia di terra essenzialmente piatta. Difficile avanzare in queste condizioni per l’esercito ucraino. I russi oppongono resistenza, ci sono trinceramenti, campi minati, attacchi aerei, sbarramenti. Bisogna spesso andare all’assalto con piccole unità per conquistare qualche centinaio di metri e poi, di nuovo, ripartire con lo stesso schema. È quello che stanno facendo gli uomini della Legione georgiana. Li abbiamo incontrati a Kherson in missione umanitaria e poi seguiti in una delle loro basi a sud di Zaporizhzhia, verso la linea del fronte.

Henri ci dà appuntamento davanti a un supermercato alla periferia della città. Si occupa della logistica del battaglione e delle relazioni con i media. Con lui ci sono Barry e Jessica, lui irlandese e lei gallese. Stanno facendo un documentario sui volontari internazionali e si sono aggregati alla Legione nella speranza di seguirli in combattimento. Jessica è in Ucraina da cinque anni ed è stata anche paramedico del battaglione degli Ospitalieri.

Una delle basi dei georgiani è in un paesino a circa venti chilometri dalla prima linea. Quando le macchine parcheggiano davanti all’edificio c’è già aria di festa. Alcuni soldati stanno preparando la brace per gli shashlik, tipici spiedini di carne marinata, arrostiti sulla brace. Ci si riunisce intorno al tavolo, i bicchieri alzati per un discorso e un brindisi. Poi tutti gridano ‘Slava Ukraïni’ – Gloria all’Ucraina – con la consueta risposta: ‘Gloria agli eroi’. Mancano due giorni alla missione. Adesso si può ancora bere un bicchiere, poi l’alcool sarà vietato. Ci sono una ventina di persone, molti giovani. “Quando è scoppiata la guerra in Ucraina ho detto ai miei amici: se riescono a resistere almeno due settimane, tutto il mondo darà loro le armi. Ed è successo. E noi adesso siamo qui con loro” dice un ragazzo.


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Addestramento di ucraini da parte di militari georgiani

Il soldato americano

Nel gruppo c’è anche un americano. Il suo nome di battaglia è ‘Copperhead’, ‘Testa di rame’, un serpente velenoso diffuso principalmente nel Nord America. È un ex militare. Ha combattuto in Iraq e Afghanistan, poi nelle fila dei curdi siriani, come consigliere militare nella Brigata internazionale di Liberazione.

“Perché sono qui? Perché era la cosa giusta da fare. Ho combattuto contro maniaci genocidi nel passato come i talebani e l’Isis. Con i russi è la stessa cosa. Sono dei criminali. Hanno invaso una nazione sovrana uccidendo donne e bambini. Qualcuno doveva fare un passo avanti e fermarli. E io l’ho fatto. Ho scelto di stare con la Legione georgiana perché è dal 2014 che combatte contro i russi e sono tra i più esperti e addestrati”.

Copperhead viene bruscamente interrotto da un altro soldato convinto di aver visto nel cielo un drone militare russo, un Orlan-10. Le luci vengono spente. Henry sposta tutti all’interno della struttura. Sul muro c’è la bandiera georgiana e quella del battaglione, una testa di lupo con le due bandiere nazionali. Ora c’è solo da aspettare, non è ancora il momento di andarsene. Copperhed si accende una sigaretta al chiuso. “Quando è scoppiata la guerra ero a casa di un amico in Italia, a Cividale del Friuli. Ero da lui in vacanza. Mi ricordo che quella notte ero nella mia camera quando Putin ha attaccato. Non ci ho pensato due volte. Ho preso tutta la mia roba, salutato il mio amico e mi sono diretto prima in Polonia e poi a Kiev. E mi sono arruolato con loro. Avevo già dei contatti. Qualche amico comune. Molti dei ragazzi che sono qui hanno ricevuto un addestramento Nato, persone con esperienza in Afghanistan o altri teatri di guerra, gente preparata. Quando ti rechi in un nuovo teatro operativo la cosa che più desideri è trovare professionisti come te, e poi siamo fratelli, combattiamo sulla stessa barricata. Combattiamo per la democrazia. La cosa buona è che qui non accettano razzisti o esaltati e nemmeno persone senza esperienza di combattimento”.

Copperhead è texano. Non racconta molto sulla sua vita privata. Dice che ha una moglie e che a breve tornerà a casa per un periodo di vacanze. Ci sono attimi di tensione tra i georgiani. C’è chi pensa che a breve potrebbero arrivare colpi di artiglieria da parte russa.


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Il relax è fatto di piccoli momenti a due passi dalla trincea

Da Tbilisi e non solo

Sasha Gviniashvili è nella Legione da diversi mesi. Si occupa di gestire l’unità droni, sia quelli di sorveglianza che quelli kamikaze. “Le ragioni che mi hanno spinto qui sono molteplici, ma alla fine è tutto molto lineare: la Georgia combatte da anni contro il fascismo russo, non solo dall’invasione del 2008, ma anche precedentemente, dalle guerre degli anni 90. In tutto questo periodo i nostri fratelli ucraini ci hanno sempre aiutato. Quando è iniziata questa invasione, quando ho visto le prime immagini dell’attacco russo in tv e come venivano uccisi donne e bambini, mi sono deciso a venire qui per combattere insieme agli ucraini”.

La Legione georgiana ha ormai più di un migliaio di volontari integrati nelle forze armate ucraine. Henry dice che ormai sono quasi il doppio. Nessuno sa quanti siano esattamente ma nel corso degli anni sono diventati uno dei battaglioni più affidabili. Per questo vengono spesso impiegati in prima linea. Il giorno seguente c’è una riunione. Henry convoca tutti sotto un tendone. Il briefing è per rivedere tutti i dettagli della missione che avverrà il giorno seguente. Si studia ogni minimo particolare, già provato sul campo in un poligono di addestramento. Il primo attacco a colpi di mortaio insieme ai droni kamikaze. Poi l’assalto. “Se tutto va secondo i piani, l’intera operazione può richiedere circa dodici ore – dice Henry - calcolando il tempo dal momento in cui lasciamo la base fino all’arrivo sulle posizioni. Una volta che abbiamo completato la missione, un altro gruppo prenderà le trincee che abbiamo ripulito. A quel punto, ci concentreremo sulla prossima posizione da prendere”.

Dove infuria la battaglia

A nord, sul fronte di Svatove, al confine tra le regioni di Kharkiv e Lugansk, si combatte senza sosta. La situazione per gli ucraini è difficile, qui i russi sono riusciti ad avere parziali successi in un contrattacco disperato, mandando all’assalto migliaia di uomini. L’artiglieria echeggia senza sosta. Le perdite sono alte. Lungo il fiume Oskil si trova un ospedale da campo.

“Siamo pieni di feriti, molti gravi – dice uno dei militari di guardia all’entrata –. I medici stanno pensando di spostarli in un’altra struttura, più sicura e più lontana dal fronte. Dopo una prima serie di attacchi i russi sono stati contenuti ma la situazione rimane difficile, soprattutto intorno a Kupyansk. In uno dei villaggi lungo l’Oskil incontriamo una unità speciale: i ricognitori dell’unità 3027 del battaglione Kulchitsky della Guardia nazionale dell’Ucraina. Sono gli occhi e le orecchie di un battaglione di fanteria. Addestrati per infiltrarsi dietro le linee nemiche, dirigere il fuoco, osservare. Sono otto. Il più giovane ha 22 anni e quello più anziano 40.


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Panni stesi e palazzi bombardati

Si dorme tutti in due stanze, in questa modesta casa di campagna. I fucili al muro, in fila su una rastrelliera, ordinati come vestiti su un appendiabiti. In una delle stanze da letto ci sono dei poster appesi al muro di una serie americana, ‘Riverdale’ e di un cantante russo, Sergey Zverev. I soldati sono appena rientrati da una missione nella foresta di Kreminna. “Abbiamo ricevuto l’ordine di andare a verificare alcune trincee avanzate con le quali avevamo perso contatto”, racconta Yuri, 26 anni. “Dovevamo vedere se erano state occupate dai russi e in tal caso eliminarli. Siamo arrivati la sera, era già buio. Purtroppo non avevamo tutti i visori notturni. Dovevamo assaltare le loro posizioni ma alla fine sono stati loro ad assaltarci. Il combattimento è iniziato alle quattro del mattino. I russi si trovavano in posizione sottostante rispetto a noi. Quel giorno ci sono stati almeno dieci, dodici assalti da parte loro. Li abbiamo inizialmente respinti ma erano molti più di noi, e a un certo punto hanno iniziato ad accerchiarci. Abbiamo avuto morti e feriti”.

Bang bang-Tik Tok

Yuri ha un profilo Tik Tok dove posta video suoi e della sua unità al fronte. Dice che tutto è nato per gioco. Era l’inizio della guerra e alcuni suoi commilitoni lo hanno filmato mentre usciva da un riparo e sparava un razzo contro i russi. Quel video ha realizzato oltre dieci milioni di visualizzazioni. Un altro modo per raccontare la guerra.

“Come ricognitori ci occupiamo di raccogliere informazioni sul nemico. Verifichiamo quanti nemici ci sono e dove sono posizionati. Facciamo un’analisi del terreno. Poi guidiamo le nostre truppe su percorsi sicuri fino alle posizioni assegnate. Quando è iniziata la guerra mi trovavo vicino a Svatove ed è stata una cosa inaspettata. All’inizio non sai bene cosa fare, come reagire, ma poi con il tempo capisci che da semplice soldato sei diventato qualcos’altro, ti sei trasformato in un professionista della guerra. Il mio battesimo del fuoco è stato particolarmente duro perché il soldato con il quale ho condiviso più di quattro mesi in trincea, con il quale ho dormito, mangiato, scherzato e bevuto, un mio amico, è stato ucciso dai russi nelle prime fasi dell’attacco. Un’esplosione gli ha staccato la testa di netto. Ho dovuto portare il suo corpo in spalla fino al punto di evacuazione. È stato terribile”.