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Una passeggiata commestibile col sapore della condivisione

Al Parco Robinson un progetto con capofila il municipale Pierluigi Zanchi vede ortaggi e piante da frutta coltivati tra sassi e neofite invasive

Zanchi al lavoro
2 agosto 2023
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Un kiwi glabro che si erge solitario attorniato dagli “invasori” arrivati dal Giappone (leggasi Poligono), un caco che si è fatto strada tra la fitta boscaglia, un gelso «venuto su bene» anche se trapiantato in un terreno pieno di sassi. Ma anche patate, cipolle, more senza spine, uva moscatella, mais, zucche, segale speciale («con gli steli ci facciamo le cannucce»). E ancora mirtilli, fagioli borlotti, lamponi «coltivati, come molto altro, dai bambini durante le attività del doposcuola nell’orto», menta, insalata e via dicendo. La particolarità, è che solo una parte di tutto ciò si trova recintata e all’interno di un vero e proprio orto (seppur inserita in un contesto piuttosto “selvatico”). Il resto cresce infatti “libero” – ma controllato – tra la boscaglia e le ormai iconiche casette in legno (o quel che ne rimane) del Parco Robinson di Locarno.

«Nel giro di due o tre anni qui non ci sarà più Poligono, perché per questa pianta risulta più difficile crescere, e per noi più facile rimuoverla, con la pacciamatura che abbiamo sparso», afferma convinto Pierluigi Zanchi, mentre con i guanti da lavoro strappa effettivamente senza troppe difficoltà qualche esemplare della neofita invasiva, facendo ulteriore spazio alla pianta di kiwi che si sta sviluppando ai margini del boschetto situato nella parte posteriore del parco, a ridosso dell’argine del fiume Maggia.

Uno spazio di 500 metri quadrati

Lungo il sentiero per arrivarci, la vera novità introdotta quest’anno da un gruppo di una ventina di cittadini locarnesi “condotto”, appunto, dal municipale responsabile del Dicastero ambiente, territorio e sport: la passeggiata commestibile, ossia uno spazio di circa 500 metri quadrati (a cui se ne aggiungono altrettanti di orto “ufficiale”) facilmente accessibile a tutti nel quale, dopo una bonifica “alla buona” effettuata dai volontari, sono stati piantati vari tipi di alberi da frutta e ortaggi…

«L’anno scorso abbiamo rimesso in sesto la zona dell’orto, quest’anno l’abbiamo seminata e parallelamente abbiamo preparato la camminata commestibile – spiega ancora Zanchi, nel frattempo spostatosi lungo il sentiero verso il nuovo appezzamento, dove coglie e ci offre alcuni lamponi gialli decisamente gustosi –. È praticamente tutto a costo zero, le piantine sono state autoprodotte a casa dai volontari e poi trapiantate a secco, rispettando il più possibile il terreno. Non abbiamo né vangato né zappato, il diserbo è stato minimo e non serve annaffiare o concimare, così come non usiamo prodotti fitosanitari. Per la pacciamatura, ricicliamo gli scarti (rami, foglie ecc.) provenienti dai giardini comunali, cosa che permette anche alla Città di risparmiare qualcosa, visto che non deve portarli a Cadenazzo per lo smaltimento».

Modalità condivise di lavoro e dei suoi frutti

La stessa Città di Locarno ha d’altronde messo a disposizione i terreni (a Piano regolatore destinati proprio alla coltivazione ma in attesa, come il resto del comparto, della riqualifica prevista dalla revisione pianificatoria) per un gruppo di cittadini proattivi che con la loro azione contribuiscono, tra le altre cose, alla cura del territorio. E che stanno tra l’altro lavorando «per diventare un’associazione ed essere a tutti gli effetti un referente per il Comune. La sfida è dimostrare che con il lavoro in comunità e il volontariato è possibile gestire un terreno golenale incolto e abbandonato per produrre cibo di prossimità, senza acqua, concimi e a chilometro zero. Rispetto agli orti parcellizzati, dove ognuno pensa al suo orticello, la grande differenza è data dalla modalità condivisa, nella quale la comunicazione e l’interazione tra le persone è fondamentale. Ognuno porta il proprio contributo e le proprie conoscenze. A tal proposito, siamo sempre aperti ad accogliere nuovi membri, per cui se altri cittadini vogliono partecipare, si facciano pure avanti».

Condivisione del lavoro, ma anche dei frutti di esso… «Il concetto della passeggiata commestibile è proprio quello di una modalità condivisa nella quale però non ci si aspetta niente in cambio, il che rappresenta un cambio totale di paradigma. Noi impieghiamo il nostro tempo e le nostre energie per riqualificare un terreno dal quale magari non coglieremo niente in prima persona, dato che la zona è aperta e tutti possono “servirsi” del risultato del nostro lavoro. Lo facciamo per l’intera comunità e, oltre alla terra, coltiviamo la fiducia nel cittadino, partendo dalla convinzione che la condivisione porta abbondanza, l’esclusione carestia», nota il municipale.

Ortaggi, relazioni e… un libro

Zanchi, tecnico in nutrizione umana e insegnante in questo ambito, non è nuovo a iniziative del genere, visto che è stato l’ideatore dell’orto urbano sperimentale, che grazie al lavoro di associazioni di quartiere, allievi della scuola speciale e molti volontari, per oltre cinque anni ha fornito vari ortaggi coltivati – anche in questo caso senza l’utilizzo di acqua per l’irrigazione, pesticidi e fertilizzanti – partendo da un sassoso e arido appezzamento in via alla Morettina a Locarno, tra la superstrada e un parcheggio.

Proprio la riqualifica di quest’ultimo ha portato all’interruzione del progetto, che ha però dato ottimi risultati e sul quale il 64enne ha scritto anche un libro, “L’orto inclusivo”, che verrà pubblicato a dicembre… «È emerso un guadagno pazzesco per la comunità: non solo abbiamo prodotto tra i 450 e i 570 kg di cibo, ossia quanto basta per sfamare un adulto per circa 115 giorni, ma abbiamo anche rigenerato un terreno di 100 metri quadrati, che secondo le analisi già dopo otto mesi aveva recuperato buona parte della vitalità del suolo. E, soprattutto, abbiamo prodotto relazioni tra persone, oltretutto in un periodo da questo punto di vista complicato come quello del Covid. È un po’ quello che vogliamo ripetere con la passeggiata commestibile».