La recensione

La vita in plastica di Barbie… è così fantastica?

La più famosa bambola di sempre trova il suo spazio cinematografico, meravigliando i più giovani, ma non è oro, o meglio rosa, tutto ciò che luccica

Ryan Gosling (sx, Ken) e Margot Robbie (Barbie)
(Keystone)
22 luglio 2023
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Barbie non è solo un innocuo giocattolo, bensì un’icona, un modello che porta con sé tutta una storia. In un modo o nell’altro risulta inevitabile il suo accostamento al femminismo, essendo utilizzata come argomento in suo favore o, più spesso, come simbolo negativo opposto all’emancipazione femminile. Oggi, soprattutto nei Paesi anglofoni, il termine ‘barbie’ è ormai d’uso comune e viene usato in riferimento a un’immagine femminile stereotipata e sessualizzata, basata sull’estetica e quindi racchiudente una certa superficialità. Non a caso, il noto brano di successo planetario ‘Barbie Girl’ degli Aqua, con cui l’azienda Mattel intraprese una causa legale e quindi escluso dalla colonna sonora del film, parodiava già nel 1997 la perfezione naïf della bambola, rimanendo tutt’oggi un elemento critico delle implicazioni che Barbie ha sulla crescita infantile, soprattutto delle bambine, e dei modelli che crea, spesso visti esternamente come supporti di un certo tipo di patriarcato.

Il primo live-action del brand, già noto nel mercato coi suoi tantissimi prodotti in animazione, è chiaramente un tassello del marketing di Mattel, ma si inserisce in un contesto sociale complesso, forse non riuscendolo fino in fondo a rispettare. Magnifico il suo mood visivo, caratterizzato da toni fiabeschi, kitsch e rosa, supportato dal duo stellare Margot Robbie e Ryan Gosling, rispettivamente Barbie e Ken, nonché diretto da Greta Gerwig (‘Lady Bird’, ‘Piccole Donne’). Oltre a ciò, il film sembra voler fare anche un certo discorso sovversivo di questo finto ideale, allargando il proprio target, quindi il grado di serietà con cui questo prodotto andrebbe osservato. Come risultato, lo spettatore con alte aspettative potrebbe rimanere deluso nel trovarsi davanti, al di là di tutti i discorsi, un prodotto spensierato, quasi esclusivamente per bambini e famiglie, con un particolare focus verso il genere femminile.

Barbie, o meglio, la più classica versione di Barbie, vive il suo idillio a ‘Barbieland’, mondo fantastico in cui i personaggi vengono mossi, come da mani invisibili di bambini. La vita perfetta della protagonista entra dunque in crisi, portandola a compiere un viaggio, accompagnata dal sottomesso Ken, nel ‘Mondo Reale’, per trovare la persona che ha originato questo suo cambiamento negativo e ripristinare la propria abituale felicità.

Un’occasione un po’ mancata

Costumi e scenografie pressoché impeccabili, soluzioni visive accattivanti e interpretazioni che, seppure senza troppa profondità, ben svolgono il ruolo affibbiatogli. Ciò che risulta meno consistente si palesa quando il film prova a prendersi sul serio, risultando piuttosto banale e superficiale nel modo di trattare temi tutt’altro che facilmente sviscerabili. Nel pieno del movimento LGBTQ+, all’apice della lotta per una maggiore inclusione che ha coinvolto minoranze di tutti i tipi, negli ultimi decenni, in favore dell’accettazione della diversità, Barbie si inserisce molto timidamente, avanzando perlopiù lamentele e prediche che si scontrano con l’attualità. Una direzione intrapresa che ricalca un femminismo più arcaico e radicale, a tratti iracondo, in un certo senso riportando il discorso alle divisioni di genere, polarizzandole: le Barbie sono tali e tali restano, così come, tutto sommato, i Ken, lasciando davvero troppo poco spazio a un discorso meno divisorio. Questa sorta di capovolgimento a specchio del patriarcato risulta quindi in un prodotto che in un certo senso rimane attaccato all’idea di escludere a priori i maschi dal movimento femminista, ostacolandone forse il principio cardine di eguaglianza.

Senza fraintendimenti, il film non trasmette in nessuna maniera evidente messaggi negativi o pericolosi e, essendo destinato a un pubblico giovanissimo, funziona su tutti gli aspetti da un punto di vista cinematografico e d’intrattenimento, come dimostrano anche le tante persone soddisfatte in sala, molte vestite interamente di rosa. Ciononostante, non convince la critica socio-politica, piuttosto debole e superata.


Keystone
Let’s go party (Margot Robbie)