Luganese

L'ex Macello, la demolizione e i tanti quesiti senza risposte

La Corte dei reclami penali: ‘Prematuro’ il decreto di abbandono firmato dal Procuratore generale Andrea Pagani, che dovrà completare l'inchiesta

L’edificio ‘F’ in macerie
(Ti-Press/Archivio)
30 giugno 2023
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Il tetto dell’edificio ‘F’ dell’ex Macello di Lugano, demolito nella notte tra il 29 e il 30 maggio del 2021, era davvero pericolante? Sono stati eseguiti lavori per i quali il Consiglio comunale, il 19 novembre 2012, votò un credito di 350’000 franchi, poche settimane prima della convenzione siglata dal Municipio di Lugano e dall’Associazione Addio Lugano Bella, attraverso la quale l’autorità politica concesse agli autonomi l’uso di poco più di metà del sedime? Quali verifiche avrebbe effettuato la Polizia comunale, o la Polizia cantonale, al momento della pianificazione dello sgombero, sulle effettive condizioni di quel tetto, rispettivamente sulla statica delle pareti? Quali informazioni sarebbero state riportate allo Stato Maggiore (Sm), in particolare al capo impiego Lorenzo Hutter, per poter affermare che “si sapeva che lo stesso era fatiscente e che la sua demolizione avrebbe verosimilmente comportato il crollo delle pareti”?

Questioni ancora da approfondire

Queste sono soltanto alcune delle questioni fondamentali rimaste senza risposta nel decreto di abbandono deciso dal Procuratore generale Andrea Pagani nel dicembre 2021, nei confronti della municipale di Lugano Karin Valenzano Rossi e del vicecomandante della Polizia cantonale Lorenzo Hutter, interrogati dapprima come persone informate sui fatti, poi indagati per le ipotesi di reato di abuso di autorità, violazioni delle regole dell'arte edilizia e infrazione alla legge sulla protezione dell'ambiente. L'abbandono del procedimento penale è stato prematuro secondo la Corte dei reclami penali, presieduta dall'ex sostituto Procuratore generale Nicola Respini, che ha annullato il decreto firmato da Pagani. L’ipotesi di reato più pensante che avrebbe dovuto essere verificata meglio è relativa all’abuso di potere, che può essere realizzato anche quando l’autore persegue uno scopo legittimo ma ricorre, per raggiungerlo, a mezzi sproporzionati. La legge richiede inoltre che il pericolo non possa essere evitato altrimenti (come, per esempio, era stato fatto al Maglio di Canobbio, con la muratura degli accessi).

Un abbattimento già pianificato?

Sempre in merito all'accusa prospettata di abuso di potere, il Pg ha stabilito che l’elemento oggettivo del reato fosse dato, ma non l’aspetto soggettivo. In altre parole, non c'era la licenza edilizia per la demolizione dello stabile usato da alcuni autonomi per passare la notte. Pagani ha ritenuto che chi aveva prospettato la demolizione, (il capo impiego Lorenzo Hutter, vicecomandante della Polizia cantonale) e chi l’aveva deciso/autorizzato (i membri del Municipio), avessero agito con l’intento di preservare l’incolumità fisica dei manifestanti e degli agenti di polizia. Tuttavia, su questo punto le versioni fornite al magistrato dai municipali non coincidono con le dichiarazioni del vicecomandante della Polizia cantonale. Il Pg dovrà pertanto acquisire dal Municipio e dalla Polizia comunale di Lugano ed eventualmente anche da quella cantonale, dai Dicasteri interessati, tutta la documentazione relativa al piano di sgombero che sarebbe stato allestito nel 2020 (risoluzione municipale, verbali delle riunioni, protocolli e piani esecutivi, ordini d'impiego, corrispondenza, e­mail e altro), per accertarne il contenuto, così da verificare quali fossero le intenzioni del Municipio e/o della polizia nel 2020 e se già allora era stata ipotizzata e pianificata la demolizione dell’edificio ‘F’ dopo lo sgombero del Centro sociale.

Altre persone da interrogare

Pagani, si legge nella sentenza, dovrà pure valutare se interrogare anche gli altri municipali presenti alla seduta di Municipio dell'11 marzo 2021 ed eventualmente il segretario comunale, per conoscere la loro versione dei fatti in merito a quanto era stato discusso e deciso quel giorno (modalità dello sgombero ed eventuale demolizione). Valuterà pure se sentire il direttore del Dipartimento Istituzioni Norman Gobbi, il comandante della Polizia cantonale Matteo Cocchi e il comandante della Polizia comunale Roberto Torrente sui contenuti della videoconferenza dell'11 marzo, così come sugli ordini ricevuti dal Municipio al termine della stessa. Passando alla notte della demolizione, la Crp scrive che “Lorenzo Hutter e un ufficiale della Polizia di Lugano avrebbero chiesto a Karin Valenzano Rossi l’autorizzazione ad abbattere il tetto ed eventualmente una (non meglio precisata) parete dello stabile ‘F’, ottenendo il consenso dell’allora sindaco Marco Borradori, di Filippo Lombardi e Michele Foletti”. I giudici della Crp non credono che lo Stato maggiore abbia improvvisamente adottato la demolizione del tetto, benché consapevole che questo intervento avrebbe probabilmente comportato anche il crollo delle pareti.

Verdi di Lugano ‘sollevati’

In merito alla sentenza, hanno preso posizione anche i Verdi di Lugano, salutando “con piacere la decisione della Corte dei reclami penali che ha riaperto anche a livello giudiziario il dibattito sulla demolizione di una parte dell’ex Macello. Ricordiamo che il giorno dopo la demolizione si era già avviato lo sgombero delle macerie, nel pieno sbigottimento e disorientamento di una popolazione che chiedeva risposte; solo grazie al deposito della denuncia dei Verdi di Lugano si è iniziato a fare chiarezza. Ma poi il frettoloso decreto di abbandono del procuratore generale non ha permesso di fare luce, alimentando unicamente il senso di frustrazione e smarrimento in chi si aspetta che ad agire nella trasparenza e legalità siano in primo luogo esecutivi e polizia". Ora continuano i Verdi di Lugano, "sono riemerse tutte le domande di fondo a cui l’inchiesta non ha dato risposta. Siamo quindi soddisfatti che siano presi sul serio i dubbi, non solo nostri, sullo svolgimento di quegli eventi. E siamo anche sollevati, perché l’apparato giudiziario ha mostrato di non accontentarsi di scorciatoie rassicuranti. È del resto l’unica via per ricucire lo strappo con le istituzioni: fare luce permetterà di uscire dalle speculazioni e dall’ambiguità e ristabilire il rapporto di fiducia con la giustizia da parte della popolazione”. Secondo i Verdi “solo dopo un approfondito processo di ricostruzione della verità e della fiducia si potranno porre delle fondamenta solide per ricostruire anche su queste macerie”.

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