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Alain Touraine, la forza del pensiero critico sociologico

Riferimento imprescindibile per lo studio delle società e dell’azione sociale, ha elaborato la concezione dell'‘historicité’ della società

Era nato il 3 agosto del 1925 a Hermanville-sur-Mer
(Wikipedia)
14 giugno 2023
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Nella notte di venerdì 9 maggio è morto a 97 anni Alain Touraine, riferimento imprescindibile per lo studio delle società e dell’azione sociale. Su di lui si è scritto moltissimo in questi giorni, mettendone in luce la straordinaria produzione scientifica, la notevole influenza sul pensiero contemporaneo e la ininterrotta riflessione sul ruolo critico della sociologia. Autore prolifico, storico di professione convertitosi alla sociologia del lavoro, dove si farà conoscere con una serie di importanti studi sul mondo operaio, sulla società industriale e post-industriale (termine, quest’ultimo, che ha contribuito a creare e diffondere), sulle trasformazioni dei sistemi di produzione e del movimento sindacale. Darà poi un contributo significativo alla sociologia elaborando una concezione della società e della sua “historicité”, ossia la capacità di una società di lavorare su sé stessa e di trasformarsi attraverso i conflitti e i movimenti sociali che li esprimono.

Al di là delle apparenze

Nell’approccio critico di Touraine, il sociologo è chiamato ad ascoltare i movimenti, i gruppi, lavorando su di essi e aiutarli a esplicitare il senso delle loro azioni. La sociologia, per Touraine, non può avere altro scopo che quello di contribuire al buon funzionamento dei sistemi d’azione che studia, abbandonando quella posizione di “osservatore obiettivo” che aspira a registrare decisioni, opinioni, pratiche categorizzandole come fatti sociologici, in linea con quell’empirismo carico di ideologia che Touraine ha sempre contrastato e avversato. Spiega Touraine, in una raccolta di saggi intitolata ‘Pour la sociologie’, pubblicata nel 1974, prolungamento ed estensione del fondamentale ‘Produzione della società’ del 1973, che il lavoro del sociologo consiste nell’andare al di là delle apparenze, del buon senso, per ritrovare le relazioni, le tensioni culturali, i conflitti sociali, aiutando gli individui e i gruppi che li animano a uscire dall’isolamento.

Alla ricerca dei nuovi movimenti sociali, capaci di prendere l’eredità del “vecchio” movimento operaio, Touraine ha dedicato gran parte della sua opera, cogliendo in anticipo il passaggio epocale dalla società industriale alla società post-industriale. Questo passaggio segna, secondo Alain Touraine, l’abbandono della centralità delle lotte operaie e della questione del ruolo dello Stato nell’economia, e l’affermazione di un nuovo sistema di produzione, fondato sui luoghi della creazione culturale, come le università e la ricerca, la pianificazione del territorio, la formazione professionale, dominato dalle grandi organizzazioni in cui sempre più la produttività dipende dalla capacità di produrre, di far circolare, di controllare le informazioni. In questo contesto, le imprese si trasformano in un sistema di regole e di relazioni dove l’attività professionale si definisce sempre più come uno statuto e un ruolo in una rete di comunicazioni. Ciò porta a ricentrare l’analisi sociologica non tanto su gruppi sociali reali, bensì sulle relazioni di lavoro all’interno di un sistema ridefinito attorno a valori, norme e forme di autorità e di equilibrio. Questo passaggio dalla fabbrica alla grande organizzazione è accompagnato da un cambiamento della natura delle rivendicazioni, segnatamente degli operai qualificati, non più semplicemente salariali, ma orientate contro la razionalizzazione capitalistica del lavoro e a difesa della loro autonomia.

Società dell’informazione

Alain Touraine è dunque da annoverare a pieno titolo tra coloro che hanno spinto fin dagli anni Settanta per iscrivere l’idea dell’avvento della società dell’informazione nel dibattito contemporaneo. La società dell’informazione è un nuovo tipo di società che Touraine distingue dalla globalizzazione e dalla mondializzazione che nei suoi più recenti interventi considera una nuova rivoluzione capitalista, una forma di separazione completa dell’economia dalle altre istituzioni che non sono più in grado di controllarla. Da qui discende quell’indebolimento dei movimenti sociali e la fine del sociale inteso come l’uso di risorse destinate alla costruzione di organizzazioni, sociali, appunto, come scuole, ospedali, servizi pubblici, tendenzialmente sostituite da iniziative umanitarie che non sono all’altezza dei problemi posti dallo sviluppo contemporaneo. Ma, come ci insegna lo stesso Alain Touraine, non è tanto essenziale descrivere quanto sta succedendo al modello di società che abbiamo conosciuto, ma cercare di identificare i nuovi attori e le nuove sfide in campo e quindi i nuovi movimenti sociali capaci di contrastare la mondializzazione degli scambi e la fine della società che essa determina. Compito tanto più difficile, quanto più ci situiamo in un contesto caratterizzato dalla finanziarizzazione, dal progresso tecnologico e da una comunicazione che, da quando Touraine ne scriveva nei primi anni Settanta, è diventata istantanea e planetaria.

Tuttavia, secondo Touraine, un nuovo dinamismo è in corso, spinto essenzialmente da due forze. Dai movimenti ecologisti e, più in generale, da quelli che lottano contro la globalizzazione, e dagli individui stessi e dalla loro ricerca di diritti. Qui, Alain Touraine riprende le idee di un grande economista, Amartya K. Sen, secondo il quale, come noto, ciò che conta è la capacità concreta di ogni individuo di farsi cittadino, ovvero soggetto, attraverso il raggiungimento di una serie di obiettivi in termini di funzionamenti, vale a dire in modi di essere e di fare. L’educazione, la scuola, la salute, rappresentano la principale posta in gioco e la massima sfida per un movimento sociale che desidera promuovere la cittadinanza e valorizzare le soggettività, contrastando l’avvento della società post-sociale temuta e teorizzata da Alain Touraine.

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