Il 18 giugno si vota sul controprogetto indiretto all’Iniziativa per i ghiacciai. ‘laRegione’ vi fornisce le risposte alle principali domande
Su cosa si vota il 18 giugno?
Su una legge dal nome complesso (Legge federale sugli obiettivi in materia di protezione del clima, l’innovazione e il rafforzamento della sicurezza energetica), ma che pone un semplice (per modo di dire) obiettivo alla Svizzera: raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. In altre parole: entro tale data il saldo netto delle emissioni di CO2 dev’essere pari a zero. In questo modo la Confederazione rispetta l’impegno a lungo termine assunto nel 2017 sottoscrivendo l’Accordo di Parigi sul clima: contribuire a limitare al massimo a 1,5 °C l’aumento globale della temperatura rispetto all’era preindustriale.
Cosa significa ‘saldo netto pari a zero’?
Azzerare le emissioni di gas serra non sarà mai possibile: in alcuni settori (agricoltura, impianti di incenerimento dei rifiuti, ecc.) si continuerà a produrne. ‘Saldo netto pari a zero’ significa che queste emissioni residue andranno compensate (in Svizzera, “nella misura del possibile”). Detto altrimenti: la Svizzera alla metà del secolo non dovrà emettere più gas serra di quanto i suoi pozzi di CO2 naturali (boschi, suoli) e tecnici (depositi artificiali, calcestruzzo usato nell’edilizia) siano in grado di catturare e immagazzinare.
Concretamente, cosa comporta?
Che in Svizzera i consumi di petrolio e gas naturale andranno progressivamente ridotti. La legge stabilisce obiettivi intermedi da raggiungere. Ad esempio: entro il 2040 le emissioni di gas serra dovranno essere ridotte di almeno il 75% rispetto al 1990. Vuol dire darsi da fare. E non poco, dato che tra il 1990 e il 2021 la riduzione complessiva è stata soltanto del 18,2%. La legge fissa obiettivi intermedi (2040) per i singoli settori: edifici -82%, trasporti -57%, industria -50%.
Con quali misure concrete li si vuole raggiungere?
Edifici (25,8%) e industria (23,6%) sono responsabili di quasi la metà delle emissioni di gas serra in Svizzera. La legge prevede essenzialmente aiuti finanziari per ridurre il consumo di energia entrambi i settori:
Cosa prevede ancora la legge?
Affida a Confederazione e Cantoni un “ruolo esemplare”: l’amministrazione federale e le amministrazioni cantonali devono perseguire l’obiettivo zero emissioni nette già entro il 2040; lo stesso sono tenute a fare le imprese parastatali federali. Inoltre, Confederazione e Cantoni sono obbligati a proteggere “persone e cose” dai danni causati dai cambiamenti climatici, adottando le misure necessarie contro inondazioni, frane, canicola e siccità. Anche il settore finanziario viene chiamato in causa: la legge consente alla Confederazione di concludere convenzioni con banche, assicurazioni, gestori patrimoniali e casse pensioni, al fine di orientare i flussi finanziari verso investimenti rispettosi del clima. Ultimo aspetto: ulteriori misure per la protezione per il clima dovranno essere sottoposte dal Consiglio federale al Parlamento in separata sede e saranno impugnabili tramite referendum.
Perché si vota il 18 giugno?
Perché è riuscito il referendum lanciato dall’Udc contro la legge approvata a larga maggioranza lo scorso anno dal Parlamento. Questa è un controprogetto indiretto (sul piano legislativo) alla cosiddetta Iniziativa per i ghiacciai. L’iniziativa, lanciata nel 2019 da una vasta alleanza di organizzazioni ambientaliste e della società civile, vieta dal 2050 il consumo di combustibili e carburanti fossili in Svizzera. Una proposta “troppo radicale”, secondo Consiglio federale e Parlamento. Il governo aveva così elaborato un controprogetto diretto (sul piano costituzionale), che però ha dovuto cedere il passo a quello indiretto preferitogli – in quanto attuabile più velocemente – dal Parlamento. Soddisfatti, i promotori dell’iniziativa si sono detti pronti a ritirare il loro testo.
Due anni fa abbiamo già votato su questo tema. Cosa cambia?
La legge sul CO2 respinta il 13 giugno col 51,6 di ‘no’ conteneva requisiti piuttosto stringenti e nuove tasse, ad esempio sulla benzina e i biglietti aerei. Dentro c’era un po’ di tutto: «Il progetto era molto esteso, forse sovraccarico», ammise dopo la sconfitta l’allora ministra dell’Ambiente Simonetta Sommaruga. La legge attuale – molto più snella, meno ambiziosa della precedente – si smarca sia da quel progetto, sia dall’Iniziativa per i ghiacciai: non introduce alcun divieto, né nuove imposte o tasse. Punta invece su incentivi, ovvero: lo Stato sostiene finanziariamente chi investe in misure rispettose del clima. Inoltre, i programmi d’impulso sono limitati nel tempo (10 anni), finanziati attraverso il bilancio generale della Confederazione e mirati a proprietari immobiliari e aziende.
Chi si oppone alla legge?
È ‘Udc contro tutti’, anche stavolta: come nel 2021, quello di Marco Chiesa è l’unico partito a livello nazionale a raccomandare il ‘no’ a una “legge divoratrice di elettricità”. A dargli man forte sono anzitutto una manciata di parlamentari del Plr. I delegati del Plr si sono espressi a larga maggioranza a favore della legge. Ma stando a un sondaggio Tamedia, il 45% dei simpatizzanti del partito sarebbero contrari. I Giovani liberali radicali, dal canto loro, hanno optato per la libertà di voto. Per il ‘no’ si battono poi alcune organizzazioni dell’economia: Gastrosuisse, l’associazione svizzerotedesca dei proprietari fondiari Hev (il suo comitato si è espresso in questo senso con una maggioranza di due terzi, mentre l’associazione ‘sorella’ romanda caldeggia il ‘sì’) e la sezione zurighese dell’Unione svizzera arti e mestieri (Usam). Quest’ultima lascia invece libertà di voto, benché il suo presidente – il consigliere nazionale del Centro Fabio Regazzi – faccia campagna contro la legge.
Perché votare no?
L’Udc sostiene che la nuova legge, spingendo nella direzione di un’elettrificazione di riscaldamenti e trasporti, causerà un aumento massiccio dei consumi di corrente. Con relativi costi supplementari, stimati in 6’600 franchi all’anno in media per persona. E questo proprio in un momento di penuria sul fronte dell’approvvigionamento, la cui sicurezza rischia così di venir compromessa in futuro. Benzina, diesel, nafta e gas, che rappresentano il 60% dell’energia oggi consumata in Svizzera, verranno di fatto vietati. Occorrerà dunque rimpiazzarli con turbine eoliche, parchi solari e nuove dighe. Natura e paesaggio verrebbero deturpati. E anche in questo modo in inverno non sarebbe possibile accumulare elettricità in quantità sufficienti. L’Udc mette in guardia dall’“abbandono precipitoso” delle fonti energetiche fossili. La Hev, dal canto suo, si scaglia contro gli obiettivi intermedi “arbitrari” stabiliti per il settore degli edifici. E deplora il fatto che proprietari immobiliari in là con gli anni, che vivono in vecchie abitazioni, vengano spinti a investire ingenti somme per sostituire caldaie a nafta o a gas (il che porta con sé in molti casi un inevitabile risanamento energetico complessivo dello stabile).
Chi sostiene la legge?
Tutti i grandi partiti tranne l’Udc. La campagna per il ‘sì viene condotta – con lo slogan ‘Proteggiamo ciò che conta’ – dall’Associazione svizzera per la protezione del clima, un’ampia alleanza comprendente circa 200 tra associazioni, organizzazioni, aziende e politici. Sullo stesso fronte si battono anche Economiesuisse, organizzazione mantello delle grandi imprese, e l’influente Unione svizzera dei contadini (Usc). Oltre 200 scienziati di università e istituti di ricerca svizzeri hanno lanciato un appello a sostegno della legge, considerata una tappa decisiva sulla via che porta al raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Il Consiglio federale difende il controprogetto. In prima linea – dunque contro il suo partito – c’è il neo ministro dell’Energia dell’Udc Albert Rösti, che da parlamentare si era speso non poco per combatterla. I suoi non hanno mancato l’occasione per rinfacciarglielo: “Il consigliere federale Rösti dice il contrario del consigliere nazionale Rösti”, ha scritto l’Udc in un comunicato stampa.
Perché votare sì?
La Svizzera, Paese alpino, è particolarmente colpita dalle conseguenze del cambiamento climatico. Già oggi frane, siccità, inondazioni e altri fenomeni naturali viepiù frequenti (che i contadini, tra gli altri, toccano ogni giorno con mano) provocano costi miliardari. La Svizzera deve pertanto contribuire a frenare il riscaldamento globale con uno sforzo corrispondente, che dia sostanza agli impegni assunti sul piano internazionale. La legge attuale – che non comporta nuove tasse, promuove l’innovazione tecnologica e genera investimenti significativi – è una risposta necessaria, adeguata e rapida alle sfide urgenti che si pongono in quest’ambito, corroborate peraltro dall’ultimo, affatto rassicurante rapporto dell’Ipcc (il gruppo intergovernativo di esperti delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici). I sostenitori sostengono inoltre che la Svizzera, finora dipendente in modo eccessivo dalle fonti energetiche fossili estere, ha tutto da guadagnare da una legge che rafforza la sua indipendenza energetica e di riflesso la sicurezza dell’approvvigionamento a lungo termine. Il progetto crea i “giusti incentivi”: non solo per la popolazione, che viene aiutata “nell’inevitabile passaggio a sistemi di riscaldamento più rispettosi del clima”, ma anche per le aziende, che possono pianificare al meglio attività e investimenti futuri. Rösti e i sostenitori della legge lo ammettono: il consumo di elettricità aumenterà a seguito della sostituzione delle energie fossili. La lacuna, però, può essere colmata in larga parte sviluppando la produzione di elettricità da fonti rinnovabili indigene e promuovendo l’efficienza, soprattutto in inverno, grazie a incentivi per la sostituzione di riscaldamenti elettrici.
Cosa succede in caso di ‘no’?
Il controprogetto indiretto è piaciuto ai promotori dell’iniziativa. Nel frattempo questi si sono detti pronti a ritirare il loro testo. Un ritiro condizionato però all’accettazione del controprogetto indiretto. Se il 18 giugno dalle urne uscisse un ‘sì’, l’iniziativa verrebbe definitivamente ritirata; se invece il risultato dovesse essere un ‘no’, i promotori dovranno decidere se mantenerla (si voterebbe in un prossimo futuro; servirebbe la doppia maggioranza di popolo e Cantoni), oppure ritirarla comunque.