‘La Pasqua più bella della mia vita’: il progetto di Nigel Stanley, imbarcato dall'ex biancoblù Jannik Fischer, che fa felice i ‘Rinoceronti’
Le strade di Damien Brunner e Dario Bürgler tornano a incrociarsi. Dopo aver giocato assieme a Lugano nelle passate stagioni, presto i due attaccanti (il primo nel frattempo finito a Bienne, dove è impegnato nella finale per il titolo, il secondo ora con la maglia dell’Ambrì Piotta) torneranno ‘ipoteticamente’ a vestire la medesima maglia. Quella dei Rinoceronti del Sudafrica, che da lunedì saranno impegnati nei Mondiali del Gruppo D (Girone A). Più che loro, sul ghiaccio della Grand West Arena (il palazzetto dello sport di Città del Capo che ospita il torneo) ci andrà parte della loro attrezzatura, e in particolare i bastoni. Arnesi di lavoro che facevano entrambi parte del carico di attrezzature da hockey stipati in un container e poi spediti (con... la complicità anche dell’ex biancoblù Jannik Fischer) da Basilea prima in direzione del porto di Genova e da lì, via mare, alla volta della capitale sudafricana.
A monte di questo progetto sportivo-umanitario, varato nell’aprile di un anno fa, tre persone: Nigel Stanley (la vera e propria mente del tutto e il cui cognome... richiama curiosamente il trofeo messo in palio nella Nhl), Björn Kinding (alla sua seconda stagione in veste di selezionatore dei Rinoceronti ma con un trascorso da allenatore anche sulla ribalta del massimo campionato, a Bienne dal 1988 al 1991 e a Zugo dal 1991 al 1994) e il citato ormai ex biancoblù (in procinto di accasarsi a Porrentruy per vestire la maglia dell’Ajoie) Jannik Fischer (il ‘tramite’ di questa cordata tra Svizzera e Sudafrica).
«Non ho mai giocato a hockey, so a malapena pattinare – racconta Nigel Stanley –. Sono più un rugbista: è lo sport che ho praticato da ragazzo. Ma ai nostri tre figli, miei e di mia moglie, che è nata a Durban, l’hockey piace. E, vivendo a Zugo, hanno la fortuna di poterlo praticare senza troppi problemi: il più piccolo fa pratica libera, mentre i due più grandi da diversi anni giocano nel vivaio dell’Evz, allenandosi fino a 3-4 volte la settimana, più le partite al weekend. Un giorno di un anno fa, su LinkedIn, mi sono imbattuto in un messaggio di Björn Kinding e Stefan Hedlund, l’allenatore del Rapperswil il cui figlio giocava assieme a uno dei nostri quando ancora era qui a Zugo. Visti i miei legami affettivi con il Sudafrica e sapendo che Björn allenava lì, ho così deciso di scrivergli dicendogli che avevo un paio di pattini che mio figlio non usava più, per chiedergli se a qualcuno laggiù potevano tornare utili. Era entusiasta, e di rimando mi ha chiesto: “Quante paia di pattini hai?”. È a quel punto che qualcosa dentro di me è scattato: ho realizzato che con un po’ di buona voglia avremmo potuto fare qualcosa di più concreto per i ragazzi che vogliono giocare a hockey in Sudafrica». Sembra l’inizio di una favola. Un inizio che porta la data di aprile 2022 e che il giovedì precedente alla Pasqua ha visto chiudersi il primo avvincente (e pure commovente) capitolo.
«Quando Björn mi ha fatto quella domanda, ho iniziato a interpellare le famiglie dei compagni di squadra dei miei figli e gli amici, per vedere quanto più materiale riuscissi a radunare. Dal Sudafrica, Björn ha poi fatto anche lui la sua parte, contattando a sua volta i suoi conoscenti in Svizzera per raccontargli della mia colletta. Così, settimana dopo settimana, il mio garage di casa si è riempito fino all’orlo di attrezzatura da hockey: non sapevamo più cosa fare, e a quel punto abbiamo trasferito tutte le cose in un magazzino preso in affitto nel Canton Argovia. Ma non bastava nemmeno questo, per cui mi sono dato da fare e alla fine ho trovato una ditta specializzata nell’invio di container in Sudafrica, l’Africa Container Shipping: ho mandato loro un’e-mail e un quarto d’ora dopo il mio telefono già squillava. All’altro capo c’era Jannik Fischer (che, assieme al fratello Simon dal 2017 è appunto contitolare della ditta che spedisce container in Africa). Il fatto che fosse un giocatore di hockey a richiamarmi è stato come un segno del destino, come se i pianeti si fossero allineati in una strana congiunzione astrale. In più, proprio in quel periodo avevo lasciato il mio impiego in banca per cominciare a lavorare per Google, azienda sempre molto sensibile quando si tratta di progetti a scopo umanitario: questo mi ha permesso di avere più tempo e maggiori risorse per proseguire la colletta di attrezzature da hockey. Il disco su ghiaccio non è uno sport molto popolare in Sudafrica, ma sono parecchi i bambini che lo vorrebbero praticare, malgrado i prezzi delle attrezzature siano inaccessibili. Con questo nostro progetto vogliamo fare in modo che possano continuare a cullare i loro sogni, perché un bambino messo in pista, laggiù, significa uno in meno sulla strada... È anche qualcosa di educativo per i bambini di qui in Svizzera, a cominciare dai miei, affinché capiscano quanto sono fortunati a essere cresciuti in un Paese come il nostro, dove uno sport come l’hockey è accessibile praticamente a tutti».
A livello pratico, la colletta di Nigel è durata circa un anno: «Ho girato quasi tutta la Svizzera per raccogliere il materiale. Una volta sono partito da casa con il baule pieno di materiale da portare al magazzino ad Aarau, ma a causa di un’errata comunicazione tra me e Jannik, all’arrivo non c’era nessuno ad aspettarmi, per cui son dovuto ritornare a casa con la macchina ancora stipata all’inverosimile».
Attrezzatura proveniente dalle singole famiglie, ma anche dai club: «Stefan Hedlund a suo tempo aveva fatto qualcosa di analogo per i discatori ucraini, così ho deciso di seguire il suo esempio, scrivendo ai dirigenti dello Zugo e pregandoli di diffondere il mio appello a tutti gli allenatori dei vari settori giovanili. La risposta è stata quasi immediata: in parecchi a bordo pista mi hanno consegnato il loro materiale. Altre paia le ho reperite su ricardo.ch. Björn Kinding, a sua volta, ha interpellato la sua schiera di conoscenti qui in Svizzera e così è arrivato materiale: caschi, bastoni...». E poi arriva il grande giorno: il 6 febbraio di quest’anno il container parte da Basilea per raggiungere Genova, e da lì essere imbarcato alla volta del Sudafrica, circa due mesi più tardi.
«Quando Nigel mi ha contattato l’ho subito richiamato: unire l’hockey alla mia attività accessoria a... bordo pista è stato come un jackpot», racconta entusiasta Jannik Fischer. «Il grosso della raccolta l’ha fatto lui, contattando privati e società, ma anch’io ho fatto la mia parte: sono ad esempio andato a Biasca a recuperare del materiale, come bastoni, caschi e altro. Poi sono rimasto in contatto con Björn Kinding che mi ha subito mandato delle foto per rendermi partecipe dell’arrivo a destinazione di tutto il materiale e dell’entusiasmo con cui è stato accolto. Ma, e ci tengo a ribadirlo, il grosso del lavoro lo ha svolto Nigel: merita veramente un grosso applauso per quanto ha fatto».
L’entusiasmo si sente tutto anche all’altro capo del telefono, quando raggiungiamo Björn Kinding a Città del Capo, dove malgrado i preparativi per l’imminente ingaggio d’apertura dei Mondiali, il tecnico dei Rinoceronti trova qualche istante per parlare di questa iniziativa e per inviarci un’istantanea dell’hockey in Sudafrica. «Quando Nigel mi ha contattato chiedendomi come potesse aiutare lo sviluppo dell’hockey in Sudafrica ero davvero contento. Raggiante perché qui non è certo uno sport che va per la maggiore, e men che meno accessibile a tutti, anche perché di negozi specializzati praticamente qui non ce ne sono. E in più l’attrezzatura ha prezzi quasi inaccessibili: un bastone arriva a costare tanto quanto in Svizzera, anche due-trecento franchi. Considerando che qui gli stipendi si aggirano sui 500 dollari mensili e che un giocatore attivo arriva a usare (e rompere) due bastoni al mese, ben si capisce il contesto in cui ci stiamo muovendo... Per cui l’iniziativa di Nigel è stata come una manna dal cielo per tutto il movimento. E la conferma l’ho avuta dalle parole di un giocatore che, alla vista di quel materiale, arrivato giusto giusto prima di Pasqua, con gli occhi luccicanti mi ha detto: “Questa è la più bella Pasqua della mia vita”. Scene così ti scaldano il cuore».
«Ora il materiale è stipato nel garage del presidente della Federazione sudafricana. Visto l’approssimarsi dei Mondiali, i primi a potersene servire per rimpiazzare la loro attrezzatura sono stati i giocatori della Nazionale maggiore; alcuni dei quali scendevano in pista addirittura con lo stesso materiale con cui avevano cominciato a giocare, magari quattordici o quindici anni prima... Per nostra estrema gioia c’era almeno un bastone per ogni giocatore della rosa. C’erano anche quelli di Damien Brunner e Dario Bürgler, allora ho spiegato ai giocatori che uno ha pure giocato in Nhl e l’altro ha vinto due titoli svizzeri: erano orgogliosi di poter usare quell’attrezzatura, come pure quella di altri professionisti! Poi è toccato a tutti i giovani e le giovani, perché pure qui ci sono anche le ragazze che praticano questo sport che vestono la maglia della selezione e infine tutti gli altri giovani: molti genitori sono infatti spaventati quando il loro figlio manifesta l’idea di giocare a hockey: non se lo possono permettere e temono che questa passione possa durare un solo anno e poi finire, con la conseguenza che si è bruciato un capitale di soldi... Ecco, questo carico di aiuti proveniente dalla Svizzera dà loro la possibilità di continuare a coltivare i loro sogni, senza doversi sobbarcare investimenti da capogiro».
Il progetto però non si ferma a questo primo viaggio. «Affatto. Anzi, stiamo cercando di rendere ancora più efficiente la colletta di materiale – sottolinea ancora Nigel Stanley –. Mi piacerebbe poter instaurare una collaborazione con i principali fornitori di materiale da hockey qui, affinché all’acquisto di un paio di pattini nuovi, ad esempio, quelli vecchi vengano ritirati e poi messi nella scatola di quelli comperati, per poi spedirla a noi, in modo da rendere ancora più efficiente la raccolta del materiale. Per cui, chi ha attrezzatura che non utilizza più non esiti a contattarci! Parallelamente il mio sogno è anche quello di trovare uno sponsor svizzero che possa supportare l’hockey in Sudafrica».