L’insufficiente urbanizzazione della Zona residenziale montana mette al sicuro il comparto da nuovi insediamenti (‘mega resort’ ovviamente compresi).
Non c’è trippa per gatti, fra il Monte Brè e Cardada-Colmanicchio. Qualsiasi ipotesi di sviluppo edilizio rispetto alla situazione attuale, a partire da eventuali nuove strutture turistiche alberghiere e para-alberghiere (leggi "mega resort" e affini) è destinata a fallire perché mancano le condizioni essenziali per giustificarla e metterla in atto. La prima, e principale, è una adeguata urbanizzazione del comparto.
Più chiaro non potrebbe essere, il Dipartimento del territorio nel suo esame preliminare della variante di Piano regolatore riguardante la zona edificabile del comparto Monte Brè-Cardada/Colmanicchio. L’esame è necessario per individuare aspetti da correggere o completare rispetto alla proposta fatta elaborare dalla commissione del Piano regolatore, che si era assunta il compito di dar seguito all’iniziativa popolare "Salva Monte Brè", scattata in contemporanea con le "minacce" confederate di una domanda di costruzione per realizzare, fra Brè e Colmanicchio, una grande struttura alberghiera (il famoso "mega resort" Borgo Miranda) con albergo, appartamenti, annessi e connessi per wellness e spa, nonché ristoranti e negozi, per un investimento di svariate decine di milioni di franchi.
Se parliamo della zona montana sopra Locarno, premette il Dipartimento, parliamo di un "ambito pregiato del territorio locarnese, molto sentito dalla popolazione locale, luogo di svago e di riposo". Un luogo regolato dalle condizioni poste da una revisione del Pr approvata nel ’96 e che lo determina come luogo di svago e turistico. Luogo che, "nel caso in cui si confrontasse con pressioni turistiche frutto di investimenti finanziari e commerciali importanti – sottolinea il Cantone – perderebbe la sua capacità di mantenere coerenti gli obiettivi posti dal Pr, sentiti, sostenuti e riconosciuti dalla popolazione locale. Specialmente a Brè, che ha infatti reagito attivamente all’avverarsi di una simile eventualità".
Ovvero ciò che è esattamente successo con l’iniziativa popolare del "Salva", con cui si chiede che "la disciplina edilizia della zona montana del Pr settore 3 è adattata al fine di permettere uno sviluppo del comparto montano della Città compatibile con il carattere di quartieri discosti, destinati a una residenza e ad attività turistiche e alberghiere a bassa densità". In particolare, la richiesta è di "rivedere i parametri edificatori relativi ai volumi edilizi, ai bonus edificatori e alle disposizioni di occupazione del suolo nello spirito dell’evoluzione avvenuta finora nel comparto".
Ricorda il Dipartimento che "per la corretta ponderazione delle scelte pianificatorie da operare, il Municipio ha provveduto all’elaborazione del compendio dello stato dell’urbanizzazione, impostato tenendo in considerazione sia la percentuale di occupazione dei fondi in Zona residenziale montana che il loro grado di sfruttamento in funzione della superficie utile lorda realizzata in relazione a quanto ammesso dal Pr".
I dati raccolti dimostrano che oggi molti terreni sono liberi o poco sfruttati, soprattutto a Cardada, "dove i fondi sotto-sfruttati rappresentano il 61,2% del comparto"; a Brè la percentuale è di poco inferiore – il 48,1% – così, sull’insieme, ben "il 52,5% della superficie edificabile presenta ancora ampie potenzialità edificatorie sfruttabili".
Ma sotto-sfruttamento non significa automaticamente possibilità di accendere le ruspe e "mettersi in pari" con le possibilità date dalla pianificazione in vigore. Infatti, come sottolinea il Dipartimento, "per definire il dimensionamento del Pr, la capacità delle riserve edificabili sull’orizzonte di 15 anni dev’essere relazionata alle prognosi di crescita auspicata per i prossimi 15 anni". E un’analisi del genere "non può essere limitata al solo comparto montano, ma dev’essere estesa all’intero territorio comunale". Di conseguenza, "per il proseguimento dei lavori d’affinamento della revisione del Pr è indispensabile disporre di un esame della plausibilità del dimensionamento delle zone edificabili elaborato sull’intero territorio del Comune e fondato su un compendio dello stato dell’urbanizzazione".
Si tratta in verità di un compito che il Comune sta già portando avanti e che, quando concluso, "permetterà di disporre di una fotografia globale delle proprie riserve di zona edificabile; una base imprescindibile per definire le strategie di sviluppo territoriale comunali". In parole povere: un ragionamento sulle riserve edificabili di Locarno va fatto globalmente e non può ridursi a un’analisi puntuale di un singolo comparto.
Sulla base di questi ragionamenti il Dipartimento posa la sua lente sull’urbanizzazione della Zona residenziale montana, partendo dal Monte Brè. Esso, quanto ad accessi, risulta collegato ad Orselina da una strada di montagna. "Secondo le analisi del Municipio, a livello teorico l’attuale configurazione del tracciato stradale di via Monte Brè consente di gestire un flusso veicolare massimo di 60 veicoli all’ora (oggi siamo sui 40, ndr), mentre un’edificazione sino a saturazione del Pr condurrebbe a un flusso veicolare massimo di 70 veicoli all’ora", ricorda Bellinzona. Pertanto, "via Monte Brè è inadeguata ad accogliere le potenzialità edificatorie della Zona residenziale montana, che, se interamente realizzate, condurrebbero al collasso viario della strada".
In più, il calibro è estremamente ridotto e, visti i pendii presenti, non garantisce neppure "la necessaria sicurezza viaria richiesta a una strada d’urbanizzazione". Risulta quindi "evidente che via Monte Brè non materializza un accesso confacente alla Zrm, nella quale è ammessa la residenza primaria". Da ciò deriva un fatto significativo, e cioè che "il Comune non ha compiutamente soddisfatto i suoi obblighi legali in materia di urbanizzazione delle zone edificabili".
Non sono più leggere le note riguardanti Cardada e Colmanicchio, il cui comparto è notoriamente servito soltanto dalla funivia, oltretutto funzionante solo a fasce orarie e mai nelle ore notturne (19.45 - 7.45). In più, è da mettere in conto una chiusura di 6-8 settimane ogni anno per la manutenzione degli impianti di risalita, cui si aggiungono soste forzate in situazioni di maltempo. Anche in questo caso, insomma, i presupposti per l’ossequio dell’articolo 19 della Legge sulla pianificazione del territorio non sono dati poiché la zona "non è convenientemente urbanizzata". E quando si parla di urbanizzazione vanno considerati anche aspetti affatto secondari come il Piano generale delle canalizzazioni (quello di Locarno è vetusto) e il Piano generale dello smaltimento delle acque (attualmente in fase di elaborazione).
Rimanendo a Cardada e Colmanicchio, prosegue il Dipartimento, "l’edificazione diffusa del comparto è assimilabile a una casuale disseminazione di case, prive di particolari pregi, più o meno ravvicinate, nella quale non è riconoscibile una chiara e omogenea struttura insediativa"; in quel contesto agro-forestale, è "manifesto" il sovradimensionamento della zona edificabile in parola. Addirittura, "il mantenimento della Zona residenziale montana e la relativa destinazione d’uso residenziale devono necessariamente essere riconsiderati"; e "la conferma della zona edificabile deve giocoforza fondarsi sui necessari approfondimenti e la definizione di congrue misure pianificatorie", già a partire dalla questione dell’accesso stradale. Ciò "non unicamente in ordine alla viabilità (evitare il collasso) ma bensì al calibro della stessa, al fine di garantire la necessaria sicurezza della circolazione e il passaggio dei mezzi pesanti".
Le conclusioni non possono quindi che essere addirittura più nette rispetto alle stesse speranze/previsioni degli iniziativisti, desiderosi di proteggere la Zona residenziale montana da insediamenti considerati eccessivi e fuori contesto. Infatti, "l’esame dipartimentale è critico sulla conferma del comparto quale zona edificabile. Da una parte, in relazione alla Zona residenziale montana, si chiede di integrare negli atti di variante i dati, le tabelle e le risultanze della verifica del dimensionamento globale del Pr comunale – scrive il Dipartimento –. Dall’altra, una zona edificabile istituita nel ’78 e confermata nel ’96 con un aumento degli indici pianificatori, ritenute in particolare le gravi carenze circa le infrastrutture di urbanizzazione, difficilmente si giustifica in termini di sviluppo centripeto degli insediamenti".