È trascorso un altro anno a Lugano, città che ambisce a diventare la capitale delle criptovalute. Un anno concluso con l’ultima azione degli autonomi nei locali dell’ex mercatino Caritas di proprietà della Fondazione Vanoni. Il 2022 era cominciato con le macerie in bella vista di un edificio abbattuto dell’ex macello, che si potranno sgomberare solo con una decisione favorevole dei giudici e con l’auspicio istituzionale che si confermi il non luogo a procedere stabilito in prima istanza dal Procuratore generale Andrea Pagani. Le macerie potrebbero restare alla luce del sole ancora per un po’ di tempo, in caso di ricorso, o potrebbero esserci conseguenze politiche, se invece giungesse una decisione sfavorevole che consideri l’intervento in parte sproporzionato, come successe per l’operazione di polizia di fine 2021. In ogni caso, di autogestione si parlerà anche nel 2023.
Questo 2022 appena terminato sarà però ricordato soprattutto per la scelta del Municipio, sostenuta dal sindaco di Lugano Michele Foletti, di lanciare il Plan B e di sottoscrivere un accordo con Tether, sostenendo e cercando di attirare in città il mondo che ruota attorno alle blockchain e alle criptovalute. In attesa della discussione generale prevista nella prossima seduta di Consiglio comunale, nel febbraio 2023, la società partner dell’esecutivo Tether, nei giorni scorsi, ha già annunciato per il prossimo ottobre la seconda edizione del Plan B Forum a Lugano.
Nel frattempo, l’autorità politica locale è stata oggetto di rimproveri per aver sottoscritto quello che viene considerato come una sorta di "patto con il Diavolo". In effetti, la scelta presta il fianco a critiche legittime. Non sono pochi quelli che pongono domande. A cominciare dai motivi che hanno spinto un ente pubblico a sostenere un comparto in odor di speculazione, e perché intercettare proprio quel mondo fatto di criptoboys? Potrebbe davvero generare un circolo virtuoso a favore dell’erario pubblico e di riflesso della cittadinanza tutta? La connessione cercata con un mondo finanziario poco trasparente appare in evidente contraddizione con le decisioni di sensibilizzare la popolazione sui pericoli e i rischi dell’eccessivo indebitamento, compiute dallo stesso Municipio, che ha dato alle stampe pubblicazioni sul tema. D’altro canto, a questi interrogativi, si potrebbe replicare con un altro quesito: fino alla sepoltura del segreto bancario, la piazza luganese non ha forse approfittato per decenni dell’evasione fiscale italiana generando benessere e ricchezza a beneficio di una larga fetta di popolazione?
Tutte questioni che suscitano comunque forti perplessità, in particolare sull’opportunità, per un Comune, di mettersi a stringere patti con una nazione come El Salvador, Paese tra i più poveri e violenti dell’America Latina. La scelta dell’esecutivo cittadino e, soprattutto, la decisione del sindaco di esporsi in prima persona potrebbe essere una scommessa troppo azzardata. Una scelta di campo che, del resto, non dovrebbe sorprendere più di tanto, perché è figlia di una politica che abbraccia il velato mondo della moderna e consumistica ricchezza, stendendo tappeti rossi ai ricchi, mentre tende a sollecitare il manganello contro chi osa contestare anche duramente le regole del sistema.