Lo scorso 3 luglio aveva perso la vita una 36enne che caduta dalla moto di un amico era stata travolta da un’auto. Neanche il perito ha compreso la causa
Un tragico incidente, quello avvenuto il 3 luglio scorso sulla A2, all’altezza di Rancate, in cui una 36enne italiana domiciliata nel Mendrisiotto ha perso la vita cadendo dalla motocicletta di un amico e venendo poco dopo travolta da un’auto.
La Procura, lo riferisce la Rsi, ha ricevuto la perizia disposta per far luce sull’episodio di cronaca nera. Neanche l’esperto ha saputo identificare la causa. La moto non aveva problemi, e il conducente "ha accertato l’ingegner Massimo Dalessi – stava viaggiando a una velocità di poco superiore al limite. Né eseguì manovre particolari, tali da sbilanciare la passeggera".
Per quanto riguarda il conducente dell’auto che ha travolto la donna, Dalessi ha calcolato che la sua velocità era inferiore ai 100 all’ora imposti su quel tratto. "La 23enne (residente nel Comasco) – comunica ancora la Rsi – si accorse del corpo a terra quando si trovava a una trentina di metri; appena entrata nello spazio visibile, determinato dall’illuminazione dei suoi fari. Per fermarsi in tempo avrebbe dovuto viaggiare a circa 50 chilometri orari".
Sarà il procuratore pubblico Simone Barca a stabilire, nelle prossime settimane, se vi siano o no responsabilità di carattere penale. Al momento sia il centauro (un 43enne della zona), sia l’automobilista restano indagati per omicidio colposo. Accusa che entrambi contestano. A maggior ragione sulla base delle considerazioni espresse dal perito.