La ‘senatrice’ del Ps ha tutto il diritto di rimanere in carica a Berna fino a quando verrà eletta in governo. Ma le dimissioni andrebbero rassegnate oggi
Incontri fra partiti alla ricerca di soluzioni e accordi impossibili, considerazioni strategico-partitiche e quindi di bottega, tentativi di inciucio, goffe dichiarazioni, proposte di modifiche legislative ventilate o presentate… Parliamoci chiaro: questa situazione istituzionalmente imbarazzante, per non dire inammissibile, legata al ‘caso Carobbio’, una situazione che nei cittadini-elettori – la stragrande maggioranza dei quali estranea a calcoli, manovre e manovrine – alimenta la sfiducia nella politica, si sarebbe potuta evitare se lei, Marina Carobbio, avesse rinunciato subito, ovvero una volta accettato di candidarsi per il Consiglio di Stato, al seggio alla Camera dei Cantoni. Invece no, l’esponente socialista tira dritto. Quel seggio agli Stati, conseguito nel 2019, vuole mantenerlo almeno sino al prossimo 2 aprile, quando (quasi sicuramente) entrerà nel governo cantonale.
Nessuno può contestare il legittimo diritto di Marina Carobbio di rimanere in carica a Berna fino al giorno in cui verrà eletta – a meno di clamorosi colpi di scena – quale nuovo membro del Consiglio di Stato. Ciò che però le si potrebbe contestare è il fatto di non rassegnare già oggi le sue dimissioni con effetto al 1° aprile 2023, permettendo in questo modo al Cantone di avviare i meccanismi previsti dalla legge per organizzare le elezioni suppletive che, in quel caso, potrebbero tenersi in concomitanza con quelle cantonali. Invece no: avremo delle elezioni suppletive che tra il primo turno e quello, scontato, di ballottaggio si concluderanno praticamente a ridosso delle elezioni federali ordinarie dell’ottobre 2023, con il o la subentrante che potranno partecipare solo all’ultima sessione delle Camere federali, e magari neanche a tutta, della legislatura.
Intendiamoci, Carobbio non viola alcuna legge. E ribadiamo: è un suo diritto conservare quel seggio sino a che non scatta l’incompatibilità. Ma ci sono pure regole non scritte che dovrebbero orientare il comportamento di un politico. Derivano dal buonsenso, e permettono di fare scelte in base anche a criteri di opportunità. Stupisce quindi che una politica navigata come Marina Carobbio non si sia resa conto, e non si renda conto, delle conseguenze della sua decisione. Che sta già innescando polemiche, destinate verosimilmente a montare, le quali non gioveranno né a lei, né al Ps, né all’area progressista. Insomma, un assist a Udc e Lega in primis. Carobbio sostiene che a Berna ci sono dossier importanti di cui vuole continuare a occuparsi. Ci può stare, anche se determinati dossier non si chiuderanno in tempi brevi. Dichiara che la sua candidatura al Consiglio di Stato non è blindata. Qui proprio non ci siamo. Bastano un minimo di conoscenza della politica ticinese e una sbirciata alla lista rossoverde per capire che la candidatura di Marina Carobbio è blindatissima. Asserire il contrario suscita solo ilarità.
Ieri la maggioranza del Gran Consiglio ha respinto la proposta dell’Udc di modificare immediatamente la Legge cantonale sull’esercizio dei diritti politici per evitare, secondo gli intenti dei democentristi e la nuova disposizione da loro confezionata, la vacanza del seggio e dare nel contempo al governo la possibilità di organizzare le suppletive per gli Stati prima del 2 aprile o al più tardi nel giorno delle elezioni cantonali. Niente da fare: le strategie e i tornaconti elettorali dei partiti – e la presunta incostituzionalità della richiesta dell’Udc – hanno avuto la meglio. Che caos!