La moglie: ‘Gravemente malato, non voleva più soffrire’. Dopo l’autodenuncia del tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, un’altra indagine
Non si ferma la "disobbedienza civile" di Marco Cappato sul tema del fine vita. Dopo aver ottenuto nella vicenda di Dj Fabo l’intervento della Consulta che ha aperto, a certe condizioni, al suicidio assistito in Italia, il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni affronterà un’altra indagine a suo carico per un nuovo caso simile ad un altro di cui si è parlato la scorsa estate. L’ex radicale ha deciso nuovamente di accompagnare alla clinica Dignitas di Zurigo una persona che ha scelto di morire per "porre fine alle sue sofferenze" e che non rientrava nei paletti fissati dalla Consulta. In particolare, non era ancora attaccato alle macchine per sopravvivere.
A dare voce per prima a Romano, 82 anni di origini toscane e residente a Peschiera Borromeo (Milano), ex giornalista e pubblicitario, è stata la moglie con un video registrato ieri in Svizzera e diffuso oggi. Ha raccontato che il marito aveva "una forma di Parkinson molto aggressiva che gli ha paralizzato completamente gli arti e che ha prodotto una disfagia molto severa" che lo avrebbe portato "a breve a una alimentazione forzata". Costretto a letto, tra "forti dolori muscolari, in una condizione irreversibile che gli impediva di leggere, scrivere e fare qualsiasi cosa in autonomia".
Quando a luglio Romano, ha spiegato la donna, "ha espresso in maniera molto responsabile e consapevole il desiderio di interrompere questa lunga sofferenza, ci siamo rivolti per informazioni all’Associazione Luca Coscioni e abbiamo chiesto aiuto anche a Cappato. Tutto questo per evitare - ha detto - problemi legali visto che nel nostro Paese non esiste un quadro legislativo chiaro sulla scelta del fine vita che è un diritto fondamentale dell’uomo". Aspetti legali di cui si farà carico ancora una volta Cappato che ha accettato la "richiesta di aiuto". In mattinata ha fatto sapere di essere "di nuovo in Svizzera" e nel pomeriggio Romano è morto "legalmente" alla Dignitas.
L’annuncio l’ha dato con un altro video la figlia Francesca, arrivata a Zurigo dalla California, auspicando che "in Italia, presto, sia possibile per le persone poter fare questa scelta a casa propria e morire a casa propria, circondate dalle persone care". Per il tesoriere della Luca Coscioni si tratta di una "nuova disobbedienza civile", dal momento che Romano non era tenuto "in vita da trattamenti di sostegno vitale", così come la 69enne veneta Elena Altamira, malata terminale di cancro morta nella stessa clinica ad agosto. Situazioni che non rientravano nei casi previsti dalla sentenza di tre anni fa della Corte costituzionale per l’accesso al suicidio assistito.
A seguito della battaglia di Cappato a fianco di Fabiano Antoniani e grazie alla sentenza 242 della Consulta che ne è scaturita, il suicidio assistito in Italia è legale quando il malato che ne fa richiesta è affetto da patologia irreversibile, fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Ma deve essere anche tenuto in vita artificialmente. Tutte condizioni che deve verificare il Sistema sanitario nazionale. Nel frattempo, ha detto Cappato, il Parlamento è rimasto inerte e il suo obiettivo, dunque, è "superare le attuali discriminazioni tra persone malate", perché "è indegno per un Paese civile continuare a tollerare l’esilio della morte in clandestinità".
L’ex radicale si autodenuncerà ai carabinieri e la Procura milanese dovrà in automatico indagarlo di nuovo per aiuto al suicidio, reato punito con pena massima di 12 anni. Per il caso di Elena è già indagato, sempre dopo l’autodenuncia, ed è stato interrogato dai pm. Nel processo sulla vicenda Antoniani, a seguito dell’intervento della Consulta, fu assolto.