laR+ Il popolo degli immersivi/1

Nuove odissee immersive

La compagnia teatrale britannica Punchdrunk si è resa famosa in tutto il mondo grazie al teatro immersivo. ‘The Burnt City’ è l’ultima produzione

A Londra, ‘The Burnt City’, nuovo spettacolo della Compagnia Punchdrunk
(Facebook)
3 novembre 2022
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La letteratura, il teatro, il cinema sono delle forme d’arte immersive senza che ci sia il bisogno di definirle esplicitamente tali. Anche il semplice atto di raccontare una storia ha un che di immersivo. Allora perché parlare di teatro, di letteratura o cinema immersivi, quando il teatro, la letteratura e il cinema sono già immersivi? Non si dice forse, per esempio, che un tale è ‘immerso’ nella lettura di un libro? E la sala cinematografica, con l’oscurità che avvolge gli spettatori comodamente seduti su morbide poltrone, non è sufficientemente immersiva? E il teatro, non ci incoraggia forse a immedesimarci e a sconfinare in vicende che a volte ci fanno ridere, e altre volte suscitano emozioni più cupe o riflessive?

È altresì vero che queste forme di immersività, sovente, scivolano in secondo piano, vengono riassorbite dall’esperienza del lettore o dello spettatore che, dandole per scontate, finisce per non accorgersene quasi più. Per questo, l’utilizzo del termine immersivo relativamente a spettacoli o produzioni artistiche contemporanee è riconducibile a un duplice intento. Da una parte vi è una volontà di potenziare la dimensione immersiva di uno spettacolo allo scopo di metterla in valore, di renderla manifesta, e di amplificarne l’esperienza, in modo che chi la sperimenta ne goda maggiormente. Dall’altra parte, l’intento è di mettere in luce il valore dell’esperienza immersiva come evento singolare, speciale. L’immersività potenziata è ciò che giustifica l’esperienza, rendendola unica. L’esperienza vissuta o, come direbbe l’antropologo Leonardo Pianese, la sperimentazione dell’esperienza, è una dimensione imprescindibile dell’arte, della cultura, e dell’intrattenimento contemporanei. Basti pensare alla centralità della performance – nelle sue numerose declinazioni – nell’arte, o alla popolarità di cui godono eventi come festival, mostre, o concerti live.

Storia, miti e fantascienza nel segno dell’immersività

La compagnia di teatro britannica Punchdrunk esemplifica piuttosto bene la rilevanza e la centralità che l’esperienza dell’immersività riveste nella cultura contemporanea, e in modo particolare nell’ambito dell’arte e dell’industria dell’intrattenimento. Gli spettacoli della Punchdrunk sono particolarmente apprezzati perché mettono al loro centro l’esperienza dello spettatore. Chi partecipa allo spettacolo può muoversi liberamente in uno spazio esteso in cui più scene di una stessa vicenda si sviluppano contemporaneamente. Il risultato è che ogni spettatore vive un’esperienza altamente personalizzata, costruita a partire da come si muove all’interno dello show.

‘The Burnt City’, l’ultimo prodotto targato Punchdrunk, da qualche mese fa registrare il tutto esaurito a Londra: inizialmente programmato fino a dicembre, in ragione del grande successo riscontrato verrà riproposto fino ad aprile 2023 e forse oltre. Chi vi prende parte entra in un mondo dove storia, mitologia ed estetica cyberpunk si intrecciano: la cornice narrativa si ispira alla guerra di Troia narrata da Omero nell’Iliade e nell’Odissea, e a opere come la tragedia classica Ecuba di Euripide o, ancora, L’Orestea di Eschilo. In questa cornice inedita dove dèi e mortali risorgono dalle ceneri, gli spettatori si ritrovano nel mezzo di un avvicendarsi di personaggi che si muovono sulla scena integrando, di volta in volta e a seconda dei momenti, elementi affini alla performance, al teatro e al ballo. Tutto attorno "un labirinto tentacolare che nasconde segreti che nemmeno le profezie potevano predire. In questo colossale parco giochi – recita il sito dedicato – le furie osservano mentre i mortali giocano il loro destino. E al calar della notte, la città si anima. Un’ultima volta".

Se la vicenda portata in scena si rifà ai momenti che precedono e che seguono la caduta di Troia per mano dei greci, d’altra parte la scenografia rivela una dimensione futuristica che fa pensare a dei classici della fantascienza come Metropolis di Thea Von Harbou o alla letteratura cyberpunk de Il cacciatore di androidi di Philip K. Dick. Dall’impasto di classicità, mitologia ed estetica futuristica scaturisce, conformemente alle intenzioni dei creatori dello show, un mondo sotterraneo e clandestino minacciato da violenti scontri tra fazioni rivali, e pervaso da un’atmosfera cupa avvolta nel mistero.


Mitologia greca, fantascienza, cyberpunk

L’intervista

Patrik Soergel, il punto di vista di un regista

Dal momento che gli spettacoli della Punchdrunk rimettono in gioco la separazione fra interpreti e spettatori, fra palco e platea, e fra generi artistici (mescolando teatro, performance, danza, ed effetti audiovisivi tipici del cinema), chi prende parte a ‘The Burnt City’ sperimenta, come detto, un alto grado di immersività. Lo spettatore, che porta una maschera che lo distingue dagli interpreti, decide come muoversi all’interno di uno spazio dove si svolgono più azioni in contemporanea: può scegliere liberamente se seguire lo sviluppo di una situazione specifica o, in alternativa, può aggirarsi nei cunicoli di un mondo sotterraneo esaminando luoghi, oggetti, in cerca di indizi che gli permettano di ricostruire la narrazione.

Per approfondire il tema dell’immersività, abbiamo incontrato Patrik Soergel, regista di diversi documentari, molti dei quali andati in onda sulla Rsi. Patrik da qualche anno segue con particolare attenzione le produzioni della compagnia Punchdrunk. Di recente si è pure cimentato nella realizzazione di una videoinstallazione immersiva – presentata dalla Rsi quest’estate al Locarno Festival – dello spettacolo teatrale Luna Park della Compagnia Finzi Pasca andato in scena al Lac nel 2020.

Patrik, come ti sei avvicinato e cosa ti affascina in modo particolare degli spettacoli della compagnia Punchdrunk?

Ho scoperto la compagnia cinque anni fa mentre soggiornavo a New York. Era in scena ‘Sleep no more’, un loro spettacolo ispirato a Macbeth. Credo sia stata una delle esperienze artistiche più forti che abbia vissuto, perché rompeva le barriere tra le arti performative e il cinema. Era come essere dentro un film o un grande teatro senza palco, senza confini. Potevo esplorare vasti spazi (un intero albergo di 5 piani) seguendo attori che non recitavano a parole. Si esprimevano con la danza. La musica incalzava ovunque come una misteriosa colonna sonora di Hitchcock. Le atmosfere dei locali evocavano i film noir. Era tutto molto disorientante e vertiginoso, ma nel contempo anche affascinante. Mi sembrava di vivere un sogno piacevolmente strano, dal quale non volevo svegliarmi, anche se faceva un po’ paura. Non c’era una trama lineare, una storia definita. Ciò che contava era la mia esperienza personale, la mia libertà di scegliere dove andare e cosa approfondire. Una sorta di vagabondaggio libero nel mondo creato da Punchdrunk. È impossibile, in una sola volta, conoscere tutti i personaggi e tutte le scene. È come se gli autori ci invitassero alla sospensione, a essere curiosi, a tornare ancora nel loro mondo e a parlare con spettatori che hanno vissuto esperienze diverse. È un invito ad accettare l’incompletezza, perché avremo sempre in mano solo alcuni pezzi di un enorme puzzle che non possiamo terminare. Con ‘Burnt City’ ho avuto una sensazione simile. Lo spettacolo è ancora più complesso e gli spazi da esplorare ancora più grandi (una vecchia fabbrica di 10mila metri quadrati). L’intuizione e la ricerca della Punchdrunk mi colpiscono per il suo modo di espandere i confini della scena e i sensi dello spettatore.

Parlaci della tua recente videoinstallazione immersiva legata allo spettacolo ‘Luna Park’ della Compagnia Finzi Pasca. Di cosa si tratta?

Si tratta di una videoinstallazione di realtà virtuale, filmata a 360° e fruibile da un visore Vr, dove il pubblico segue un percorso in movimento e si trova letteralmente sulla scena, tra gli attori e le macchine sceniche, libero di esplorare i dettagli che preferisce. Un’esperienza arricchita anche dalla tecnologia audio ambisonica che, con un formato surround full-sfera, copre tutte le sorgenti sonore attorno a chi ascolta. È stato molto interessante per me poter fare questo lavoro, perché lo spettacolo originale era già pensato in modo immersivo. Il pubblico teatrale seguiva un percorso, che nel mio video a 360° è stato poi enfatizzato e rielaborato. Ho apprezzato molto la collaborazione con la compagnia Finzi Pasca, perché hanno saputo cogliere il potenziale dell’immersività. Loro, infatti, non sono nuovi a questo tipo di linguaggio. Già agli albori delle loro produzioni con il Teatro Sunil proponevano degli spettacoli site-specific e interattivi, che col tempo si sono sviluppati fino ad arrivare ai grandi lavori recenti per il Cirque du Soleil e le cerimonie dei giochi olimpici.

Hai già in cantiere nuovi progetti legati al tema dell’immersività?

Sì, l’anno prossimo farò un documentario radiofonico per Rete Due proprio sulla compagnia Punchdrunk. Incontrerò gli autori Felix Barrett e Maxine Doyle e, partendo dalle loro testimonianze, racconterò la storia della compagnia soffermandomi in particolare sulla loro ultima produzione, ‘The Burnt City’.

Un documentario radiofonico che saprà essere, ne siamo certi, molto coinvolgente. E a coloro che avessero in programma un viaggio a Londra prossimamente, non possiamo che raccomandare di andare a vedere ‘The Burnt City’. Ricordatevi però di prenotare con un certo anticipo il vostro biglietto: lo spettacolo è molto richiesto.