Swissgrid investe 2,5 miliardi per le linee, ma il rischio è che le tensioni con l’Europa portino a problemi di collegamento e approvvigionamento
"Ti offro l’intelligenza degli elettricisti", cantava Paolo Conte alla sua amata. Ed è proprio quell’intelligenza che oggi – con davanti scenari non troppo remoti di razionamenti energetici e blackout – serve più di tutte. Lo sa bene Swissgrid, il gestore unico dei quasi 7mila chilometri di linee ad alta tensione in tutta la Svizzera: quelle che collegano centrali e utenti, ma anche la Svizzera col resto dell’Europa. Ora, tra guerra e mercati imprevedibili, nel continente «ci potrebbero essere tensioni» (mai termine fu più appropriato), come ha spiegato giovedì il consulente strategico della società Emanuele Colombo. Durante un incontro con la stampa a Vezia, ha confermato che «la crisi energetica si direbbe ormai un fenomeno su scala mondiale»: in caso di carenza energetica il rischio è che le nazioni europee, invece di collaborare, finiscano per farsi gli affari propri. Un problema anche per la Svizzera, che importa fino al 40% del suo fabbisogno invernale.
Colombo ha notato che «la rete europea è fortemente integrata, vi siamo collegati lungo 41 linee e ci si coordina in maniera il più possibile collaborativa. D’altronde abbiamo visto come tentativi di privilegiare l’interesse del singolo Stato nell’immediato, come quello annunciato dalla Norvegia, abbiano destato subito forti reazioni dissuasive da parte dei Paesi Ue». Insomma, neppure la Confederazione può illudersi di ballare da sola, tenendosi l’energia prodotta col rischio di tirarsi addosso ritorsioni internazionali: «Siamo parte di un sistema unico, non siamo un’isola ma una regione del sistema, e l’idea di essere autosufficienti è un’illusione», ha ribadito Colombo.
Stesso discorso vale per la tenuta della rete, che deve fare i conti con la possibilità di cali di disponibilità e sovraccarichi, e per questo deve costantemente scambiare informazioni coi Paesi vicini: «Per la sicurezza nella trasmissione di energia, la comunicazione e la rapidità sono fondamentali», ha proseguito l’esperto di Swissgrid.
Il problema è che il fallimento dell’accordo quadro con Bruxelles – al quale sono subordinate le diverse intese tecniche – trascina con sé anche la questione energetica. Intanto «la promozione del mercato interno all’Ue e la decarbonizzazione aumentano il divario tra le norme europee e quelle svizzere sulla gestione della rete e del mercato», ha spiegato Colombo, tanto più che dal 2025 i Paesi Ue dovranno dedicare almeno il 70% della capacità di rete agli scambi tra di loro.
Per la Svizzera questo potrebbe tradursi in problemi di importazione, specie in inverno, con pesanti esclusioni dalla rete oltre a difficoltà di gestione degli scambi ‘triangolari’ con altri Paesi (quelli che gli ingegneri chiamano "flussi indotti non pianificati"). «Nel momento in cui le regole del gioco non sono più le stesse, giocare insieme diventa sempre più difficile», mentre un accordo tecnico intergovernativo «può costituire una soluzione, ma solo in via transitoria; per rimanere allineati occorrerà un’intesa di più ampio respiro». Insomma, se produzione e approvvigionamento d’energia – a livello continentale oltre che strettamente nazionale – sono centrali per non passare un inverno al freddo, la gestione della rete riveste un’importanza altrettanto critica, un po’ come succede con un frigo che per quanto ben fornito dev’essere anzitutto attaccato a una presa.
Swissgrid costituisce pertanto una parte integrante del piano d’azione col quale il Consiglio federale intende affrontare i mesi a venire, piano che passa anche dalla costituzione di due riserve: quella idroelettrica e quella ‘strategica’.
La prima consiste nel mantenimento di riserve nei bacini, in modo da poter produrre l’energia sufficiente – 500 gigawatt/ora – ad alimentare le attività essenziali svizzere per una ventina di giorni, nel caso in cui non fosse possibile appoggiarsi all’esterno. Se in questo modo non si ‘crea’ nuova energia, ma si accantona quella che verrebbe altrimenti sfruttata diversamente, una produzione aggiuntiva netta è invece ciò che costituisce la riserva strategica, eventualmente generata da appositi impianti tra i quali le otto turbine mobili a gas, olio e idrogeno appena acquistate dalla Confederazione.
In entrambi i casi si tratterebbe di approvvigionamenti ‘fuori mercato’, capaci di entrare in rete nel momento in cui proprio sul mercato domanda e offerta non dovessero più incontrarsi. Un piano che fa il paio con i tentativi di risparmio sul fronte dei consumi, perché come ha notato sempre Colombo «la migliore energia è quella non consumata».
E se, come ha sottolineato il portavoce di Swissgrid Alessandro Cameroni, «possiamo costruire tutte le centrali che vogliamo, ma senza allacciamento alla rete non possiamo sfruttarle», l’importante è anche consolidare e potenziare le linee, risalenti per circa due terzi agli anni Sessanta o giù di lì. L’investimento per i prossimi anni è di due miliardi e mezzo a livello nazionale, le sfide altrettanto notevoli: basti pensare che servono dieci o vent’anni per realizzare una linea, dall’identificazione del bisogno alla sua messa in funzione. «Tempi che dobbiamo coordinare con le esigenze della popolazione e del tessuto produttivo, nel rispetto di reclami e ricorsi e nel segno del dialogo, ma sapendo che questi investimenti sono fondamentali per evitare congestioni e blackout», ha osservato Cameroni, aggiungendo che «si tratta sempre di lavori in totale sicurezza, assolutamente rispettosi delle norme sulla salute pubblica e sui campi elettromagnetici, tra le più severe in Europa».
In Ticino verrà inoltrata a breve la domanda di costruzione per la linea ‘in cavo’ attraverso il San Gottardo: scompariranno i 70 tralicci che solcano il passo e la nuova linea correrà sotto al tunnel autostradale, sfruttando i lavori di rinnovamento e realizzazione del secondo tubo (un impegno non indifferente, visto che gli impianti interrati costano da cinque a dieci volte di più rispetto a quelli di superficie, e qui la tratta sarà di 18 chilometri per un costo di 107 milioni). Un altro grande progetto riguarda l’aumento della capacità di trasporto tra All’Acqua, in Val Bedretto, e Magadino, passando per la Vallemaggia: un collegamento che permetterà di sfruttare finalmente appieno il potenziale della centrale idroelettrica e di smantellare circa 60 chilometri di linee esistenti. Inoltre c’è il nuovo collegamento a 380 kV tra Airolo e Lavorgo, che rimpiazzerà la linea esistente e correrà lontano dai nuclei abitati, garantendo anche una maggiore sicurezza di approvvigionamento. Tutti i progetti contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi della strategia energetica 2050, la stessa che mira a superare il nucleare, potenziare le rinnovabili e aumentare l’efficienza.
Sempre a proposito di sicurezza, c’è da tenere in conto anche quella informatica: un team dedicato si occupa di evitare attacchi di hacker e di cyberwarfare alla rete, almeno finora con successo. Quanto alla stabilità di approvvigionamento, va detto che a livello europeo la rete svizzera è una delle più capillari e ridondanti (tale cioè da poter gestire picchi e deviare flussi su linee ‘parallele’ in caso di panne o altri imprevisti, evitando in particolare i blackout). È anche efficiente dal punto di vista della dispersione di energia in calore, aspetto importante soprattutto di questi tempi, visto che quell’1,5% inevitabilmente perso dev’essere poi ‘rabboccato’ dalla stessa Swissgrid a sue spese, comprando energia sul mercato.
Alla fine, tra investimenti e acquisti (sempre più cari) sul libero mercato, il peso della rete ad alta tensione sulla bolletta svizzera si aggira attorno al 6% del totale, che l’anno prossimo salirà fino all’8% a causa della volatilità sulle piazze internazionali. Lo scopo dell’esercizio, invece, resta sempre il medesimo: nelle parole di Colombo, «lavorare perché il gesto di premere l’interruttore e accendere la luce continui a essere qualcosa che tutti possono dare per scontato».
L’azienda elettrica ticinese (Aet) nell’ultima settimana del mese d’agosto, quando i prezzi dell’elettricità sono aumentati in maniera vertiginosa, si è ritrovata con una momentanea scarsità di liquidità e per far fronte alla situazione ha attinto per 110 milioni a una linea di credito garantita dal Cantone e attiva già da anni. Un’esposizione durata però soltanto qualche giorno. Lo ha confermato la stessa Aet alla Rsi, che l’ha contattata a seguito di un articolo pubblicato dalla ‘Neue Zürcher Zeitung’ in cui si parlava di un salvataggio in gran segreto per l’Azienda elettrica ticinese da parte del Cantone. "Nessun paracadute particolare dunque, la situazione è stata gestita con gli strumenti già a disposizione di Aet, la cui liquidità – è stato assicurato – resta sufficiente e proprio per questo, allo stato attuale, non prevede di chiedere nessun tipo di aiuto statale".