La Fondazione ha comunicato ai Comuni del Distretto la decisione di non rinnovare l’accordo. Battuta d’arresto per il Servizio vicino ai giovani
Parcheggiato il Furgosalotto, la Fondazione Il Gabbiano ha deciso di scendere e consegnare le chiavi nelle mani dei Comuni del Distretto. Lascia il campo, ma soprattutto passa la mano nel progetto che dal 2015 a oggi è stato il motore del Servizio operatori di prossimità (Sopr) del Mendrisiotto. Ricevuto il mandato nel 2019, allo stato attuale per la Fondazione non vi sono più i presupposti per continuare il cammino insieme agli enti locali. Nel rapporto con Mendrisio si è rotto qualcosa. Anche se i vertici de Il Gabbiano non intendono entrare nelle questioni proprie dei governi locali, la missione viene riconsegnata alle realtà comunali.
La prima crepa? Il ‘divorzio’ definitivo sancito tra la Città di Mendrisio e il Servizio; deciso dal Municipio e controfirmato il giugno scorso dal Consiglio comunale. Oggi, a poco più di due mesi di distanza e in anticipo sulla scadenza della convenzione (prevista a fine anno), ad annunciare la scelta di non rinnovare l’accordo è la stessa Fondazione. Che martedì sera lo ha comunicato in veste ufficiale al gremio dei Comuni (assenti i rappresentanti del capoluogo). Adesso toccherà alla decina di esecutivi fare la prossima mossa. Autorità comunali pronte, in ogni caso, a portare avanti questa esperienza e capire che strada imboccare a partire dal 2023. «Ciò che conta – è l’auspicio del direttore della Fondazione Edo Carrasco –, è non lasciare i ragazzi senza delle risposte».
Per chi, anche in questi ultimi anni, ha creduto nel progetto, è una scelta dolorosa. Per i tre operatori che, pur occupati a tempo parziale, vivono appieno il territorio della regione – in particolare là dove i giovani si ritrovano, nei piazzali delle scuole (come Canavée a Mendrisio o alle Medie a Stabio), nei parchi (come a Villa Argentina) – è un cruccio interrompere un dialogo che stava dando i suoi frutti. Al di là della contabilità della quota versata dalle undici amministrazioni coinvolte, nel Servizio, si assicura, si sono spese energie e ore di lavoro, senza guardare l’orologio.
«Dal nostro punto di vista – conferma a ‘laRegione’ Carrasco raggiunto a poche ore dall’annuncio –, è stato fatto un ottimo lavoro, ispirato alle linee guida della politica giovanile cantonale e imperniato sulla prevenzione e, appunto, la prossimità. Si lascia una traccia positiva alla quale ora va però data continuità».
Sin qui il Sopr regionale si è focalizzato sui giovani tra i 12 e i 30 anni, dedicando però particolare attenzione ai 14-18enni. Ovvero una fascia di età, ci dice Federico Maffezzoli, uno degli operatori sul terreno, «un po’ dimenticata dalla politica e dalla vita sociale». La stessa che, con la pandemia, ha mostrato segni di malessere che danno da pensare. Ecco che il rischio ora è proprio quello di troncare il discorso intessuto, non senza fatica, con i ragazzi in un momento delicato nel rapporto tra le generazioni. E gli addetti ai lavori ne sono ben consapevoli. Anche se, fanno capire, in questo momento non c’era altra via d’uscita. «In effetti – conferma Carrasco –, non potevamo fare altro che riconsegnare il mandato a Chiasso (che ce lo aveva assegnato), affinché si possa occupare della gestione del progetto. La decisione di Mendrisio è stata, di fatto, unilaterale. Da quel momento in poi non abbiamo voluto entrare nelle dinamiche politiche che si sono innescate». E pensare che nelle intenzioni vi erano il rilancio del Servizio dopo l’emergenza sanitaria, un piano d’azione per i prossimi quattro anni (con il rinnovo delle convenzioni) e l’estensione della rete territoriale.
«Ci spiace molto – si aggiunge la voce di Corrado Solcà, del Consiglio di Fondazione del Gabbiano –, ma ci siamo trovati nel mezzo e senza avere la possibilità di confrontarci, per comprendere, da un lato, le ragioni di Mendrisio, e dall’altro riflettere insieme sul Servizio. Quello che lascia perplessi sono i nostri svariati tentativi, andati a vuoto, di cercare e trovare un contatto diretto, un interlocutore. Un incontro chiarificatore non c’è mai stato, e non per nostra mancanza. In buona sostanza, il tema si è spostato dal piano operativo a quello politico, che non è il nostro settore di competenza». Il messaggio, insomma, è chiaro: «Tocca ai Comuni, adesso, mettersi d’accordo».
Il dibattito aperto da Mendrisio ha portato a galla essenzialmente i nodi dei costi e delle forze a disposizione, insufficienti (a dire della politica locale), per far fronte ai bisogni della Città e di un Distretto intero. Argomentazione che alla Fondazione, però, respingono al mittente, sfoderando il Rapporto d’attività 2021, dunque osservazione sul campo e cifre. Lungo l’elenco delle iniziative realizzate con la collaborazione degli stessi giovani o coinvolgendo le scuole, quasi 800 le ore trascorse in strada, quasi una sessantina le uscite con il Furgosalotto («divenuto un punto di incontro importante»), 14 i ragazzi "persi di vista" e accompagnati individualmente verso servizi specializzati. Senza dimenticare, si richiama, «gli interventi mirati, su richiesta dei singoli Comuni, a fronte di situazioni di disagio e una ottima collaborazione con le tre Polizie regionali». Il tutto, si tiene a rimarcare, per una spesa irrisoria: oltre al costo per il personale (il più cospicuo), nel 2021 si è contabilizzato un onere di circa 37mila franchi a fronte di contributi cantonali per quasi 30mila franchi.
«Gli obiettivi fissati – chiarisce Solcà – sono stati raggiunti, i resoconti annuali sono stati consegnati e lo scambio con le autorità è stato regolare». «Anzi – rilancia Federico Maffezzoli – come operatori vorremmo capire che fine faranno i progetti portati avanti in questi anni. In fondo, nel tempo siamo diventati un punto di riferimento per i ragazzi. E noi ci abbiamo creduto (e continuiamo a crederci). Certo non siamo pompieri, abbiamo fatto il possibile con le nostre forze». Chi ha dato vita al servizio ha ‘investito’, non a caso, soprattutto nella vocazione regionale dell’iniziativa, nata come pilota. «Abbiamo creduto, è vero, nel concetto di regionalità. Anche perché i giovani – si fa notare a una voce – si muovono in un contesto regionale. Insomma, si parla di Città Ticino e di aggregazione e nel Mendrisiotto questo invece non accadrà più». La Fondazione e gli operatori, dal canto loro, restano aperti alla collaborazione. «Non abbandoniamo la prossimità: a suo tempo – annota il direttore Carrasco – Chiasso ci ha dato fiducia. Siamo, quindi, a disposizione per condividere esperienza e competenze, al fine di passare al meglio il testimone». Con una richiesta pressante, però. «Direi quasi una ‘pretesa’ – ci corregge Maffezzoli –: che lavori e progetti messi in campo vengano portati avanti da Comuni e futuro gestore del Servizio».
D’altra parte, ci rende attenti ancora Carrasco, l’approccio sperimentato prima e messo in atto dopo sul territorio del Distretto ha attirato l’attenzione a livello svizzero. «Infatti – esplicita –, negli ultimi due anni abbiamo partecipato a uno studio interessante: una ricerca nazionale sul comportamento in ambito urbano dei giovani, accanto a Zurigo e Ginevra da un lato, e Friborgo dall’altro». La Fondazione Il Gabbiano, comunque, non darà un taglio netto al legame con il Mendrisiotto. «Restiamo presenti – assicura il direttore Carrasco –. Continueremo a esserlo e a rafforzare il nostro lavoro sul territorio attraverso un progetto (di reinserimento socioprofessionale, ndr) come Macondo (realtà dal 2013, ndr) e il negozio Ul Mezanin a Chiasso, per il quale abbiamo in previsione delle novità».
Per il Servizio operatori di prossimità regionale, qui nel Mendrisiotto, si aspettava un finale diverso. Anche perché Andrea Banfi, che quel progetto (ai tempi della sperimentazione e del suo incarico quale responsabile dei Servizi sociali di Chiasso) l’ha visto nascere e l’ha accompagnato nei suoi primi passi, ci ha sempre creduto fortemente, tanto da mettersi di impegno con una certa intensità (ricorda) per farlo partire. Del resto c’erano, fa ancora memoria, radici buone nelle piccole esperienze locali già in atto per dare poi «un respiro regionale» all’iniziativa. «Anche perché credo che oggi certe cose debbano muoversi su un piano regionale, di territori più ampi. I giovani non sono più così stanziali». La delusione, quindi, si fa sentire. «Certo non immaginavo – ci dice con una nota di tristezza – che a seguito del ritiro di Mendrisio, una operazione un po’ poco solidale, si arrivasse a una battuta d’arresto. Si sapeva, però, che avrebbe potuto innescare una serie di reazioni, al di là della questione finanziaria, e di dinamiche politiche». Esiste, insomma, il rischio di disperdere questi anni di lavoro? «Il fatto che questa esperienza subisca un po’ gli eventi spiace – ribadisce Banfi –. Anche perché c’è in vista la revisione della Legge giovani, all’interno della quale il tema della prossimità è uno degli elementi innovativi del nuovo testo: anche il Cantone crede sia una via da seguire. Del resto, la prossimità è qualcosa che si sta sempre più diffondendo, anche rispetto a tutti gli altri bisogni della popolazione e di tutte le fasce di età. C’è sempre di più l’idea di uscire dagli uffici e tornare sul territorio e a collaborare e dialogare con una comunità». Facciamo, però, un passo indietro, agli albori. «A Chiasso, confermo, ci abbiamo creduto. Ed è divenuta in seguito una scelta condivisa a livello regionale. L’esperienza, poi, per noi come negli anni successivi è stata positiva, andando nella direzione auspicata – dichiara Banfi –. Fino alla decisione, maturata fin da subito, di affidare il Servizio a un ente esterno. È chiaro, non è mai facile far confluire visioni diverse in un unico progetto. Occorre averne cura e trovare dei punti di incontro comuni. È indubbio che la decisione, legittima, di Mendrisio va un po’ a sconfessare e indebolire l’idea di fondo di guardare al territorio del Distretto nella sua globalità, anche per avere una massa critica di giovani da raggiungere. Se posso esprimere una speranza, è quella che si possa provare a recuperare e non perdere un’esperienza durata pur sempre 7 anni».