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Giudice di pace del Circolo di Lugano Est, il confronto

Fabrizio Demarchi, classe 1963, e Giuseppe Aostalli-Adamini, classe 1957, sono i due candidati in lizza. Si voterà il prossimo 25 settembre

Fabrizio Demarchi e Giuseppe Aostalli-Adamini (a destra)
(Ti-Press/laRegione)
12 settembre 2022
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In vista dell’elezione, il prossimo 25 settembre, del giudice di pace del Circondario Lugano Est, parola ai due candidati in lizza: Giuseppe Aostalli-Adamini e Fabrizio Demarchi. Il magistrato funge da autorità di conciliazione e giudica in prima istanza le controversie patrimoniali fino a 5’000 franchi, con possibilità di sottoporre alle parti una proposta di giudizio.

Qual è il vostro percorso?

FD: Sono nato nel 1963. Da sempre residente ad Aldesago, patrizio di Brè, ex-Comune di cui l’ultimo sindaco fu mio padre, da cinque anni ricopro la carica di presidente del relativo Patriziato. Dopo la formazione (liceo triennale economico sociale a Lugano), ho intrapreso l’attività professionale nel settore informatico, della logistica e della sicurezza conseguendo certificati e diplomi specifici parallelamente all’attività lavorativa svolta nei settori della grande distribuzione, dell’amministrazione pubblica e del comparto finanziario, da tempo con ruolo di dirigenza e conduzione. Seguo da vicino la realtà turistica e la ristorazione, area nella quale è attiva la mia famiglia (hotel Colibrì).

GAA: Sono nato nel 1957, ho ottenuto la licenza in diritto nel 1983 all’Università di Neuchâtel, dove ho lavorato in qualità di assistente. Nel 1987 ho ottenuto il brevetto di avvocato e l’anno seguente l’abilitazione all’esercizio del notariato. Nominato responsabile dell’Ufficio dei Registri di Lugano nel 1988, ho svolto questa mansione fino al 2016. Nel 1999 sono stato eletto per la prima volta Giudice di pace del circolo di Vezia, carica che ho mantenuto fino al 2019.

Quali requisiti sono necessari per essere un buon giudice di pace? Quali competenze avete?

FD: L’empatia e le capacità di dialogo e negoziazione. Tutti aspetti che mi caratterizzano e che sono necessari nello svolgimento delle mie attività professionali, sia con i fornitori sia con i clienti interni ed esterni. Mediare e proporre soluzioni condivise fa parte del mio mestiere e credo siano qualità che deve avere un giudice di pace, che non deve limitarsi ad applicare il diritto "stricto sensu", ma deve saper trovare compromessi accettabili per tutte le parti coinvolte. Inoltre, sia nelle mie attività professionali che come presidente del Patriziato di Brè, sono spesso confrontato con leggi e regolamenti. Conosco bene il territorio e sono quindi abituato, pur non avendo una formazione giuridica, a destreggiarmi negli aspetti legali.

GAA: Il punto fondamentale è la professionalità. Infatti il mondo è cambiato, la funzione si è evoluta radicalmente rispetto a quando è nata nel 1803. Oggi l’accento non deve essere messo solo sull’approccio empatico, ma è imperativo che questo sia professionale. Poi, certo, qualunque magistrato dovrebbe caratterialmente essere attento alle esigenze delle parti, ma oggi, non basta più la buona volontà. Una formazione giuridica è imprescindibile. Nel mio caso, ho una solida formazione giuridica, ma soprattutto, indubbiamente, i 20 anni di esperienza come giudice di pace del circolo di Vezia sono il migliore degli atout. Infatti, se da una parte la formazione teorica è importante, dall’altra la messa in pratica di tali conoscenze sul campo lo è ancor di più.

Perché si è candidato?

FD: Ho visto che c’era questa possibilità e mi interessava fare un cambiamento di quella che è la mia attività da oltre 40 anni. L’attività di giudice di pace mi interessa perché a me piace parlare con la gente, discutere e trovare soluzioni. Ammetto di non avere manie di protagonismo per fare campagna "elettorale", non sono un uomo di scena. Quanto scritto sui social, riferito all’imbarazzo di "passare da una votazione", era legato al mio carattere, non voleva in alcun modo essere una critica al voto popolare per l’elezione del giudice di pace. Riallacciandomi al ruolo di giudice di pace, credo che la discrezione sia una delle caratteristiche "soft" che occorra detenere.

GAA: Per etica e anche per la mia formazione culturale e umana, ho sempre ritenuto che se una persona ha delle capacità e ha anche avuto la fortuna di studiare, deve restituire alla comunità una parte di questa fortuna. Lavorare per la comunità, per l’interesse pubblico, è sempre stato per me una priorità, tant’è che non ho mai fatto l’avvocato. Pur avendo il brevetto, ho sempre scelto di lavorare per il settore pubblico. Rivestire la carica di giudice di pace è un modo supplementare per mettere al servizio del cittadino le mie capacità professionali: una maniera per me di contribuire all’interesse generale, al bene pubblico.

Quali cambiamenti dovrebbe introdurre la riorganizzazione delle giudicature di pace, uno dei capitoli della riforma ‘giustizia 2018’ voluta dal direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi?

FD: Nonostante io abbia un’opinione in merito, sarebbe prematuro esprimermi prima di toccare con mano l’attività di giudice di pace. Trovo positivo che sia già operativo e in consolidamento il percorso formativo per non giuristi.

GAA: Tra i diversi circoli, ci sono disparità incredibili. Oltre al numero di abitanti nei circoli, le realtà sono molto diverse. Bisognerebbe fare una grande riflessione su quale sia il ruolo attuale del giudice di pace. So che uno degli aspetti della riforma prospettata è la risistemazione dei circoli, per avere un certo equilibrio. A Vezia avevamo 500 incarti all’anno, la giudicatura di Airolo, ad esempio, ne avrà qualche decina. Sarebbe anche importante sapere cosa dice la famosa perizia di Neuchâtel, rimasta misteriosamente nascosta, soprattutto circa la preparazione dei magistrati popolari. Si è certo introdotta la formazione, ma questa avviene dopo l’elezione. L’aiuto offerto dai coach esterni non è una soluzione valida, perché si viola il principio che la sentenza va redatta dal giudice che ha istruito l’incarto. Bisogna quindi sapere cosa si vuole e quindi riformare radicalmente questo istituto.

In che area politica di riconosce?

FD: Plr, partito in cui mi ritrovo sin dalla mia gioventù.

GAA: Io sono sempre stato un cattolico. Il partito in cui mi situavo era il Ppd, ma da quando sono diventato giudice di pace nel 1999, non ho più frequentato il partito. Per me una cosa è la visione politica, un’altra è la visione partitica. I partiti non devono interferire. Io sono competente e indipendente, come la mia lista "competenza ed esperienza". Io sono sostenuto trasversalmente da persone e da tutte le sensibilità e schieramenti politici che ritengono valido ciò che dico e penso e credo di poter rappresentare le migliaia di cittadini che non si riconoscono più nei partiti e che votano le liste senza intestazione.