il commento

Bruce Springsteen ha perso la voce

Biglietti fino a 5mila dollari, i fan protestano, lui tace e manda avanti il suo manager. Eppure il Boss ci aveva insegnato la coscienza sociale

Bruce Springsteen sul palco (Keystone)
12 agosto 2022
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Ha perso improvvisamente la voce, Bruce Springsteen. Proprio lui, che con quel suo ruggito inconfondibile – duettando con Stevie Wonder – rubò la scena ad artisti di almeno tre generazioni in quella parata di all-star che era "We are the World"; lui che rispose a muso duro perfino all’uomo più potente del mondo, Ronald Reagan, quando – senza permesso – utilizzò in campagna elettorale, storpiandone i significati, la dolente "Born in the Usa". Era un controinno americano, parlava di militari mandati allo sbaraglio che – una volta tornati a casa – venivano ignorati da chi li aveva usati come carne da cannone.

Invecchiando, Springsteen è passato da voce a megafono dei democratici e di quella sinistra sociale americana vista come fumo negli occhi dagli ultraconservatori che vedono comunisti dappertutto. Con la canzone "American Skin (41 Shots)", ha denunciato – dal palco del Madison Square Garden – il grilletto facile della polizia di New York che aveva freddato un ragazzo con la sola colpa di essere nero e di mettere la mano in tasca per tirare fuori il portafoglio con i documenti. E si è anche caricato sulle spalle il dolore di una nazione intera per l’11 Settembre, elaborando il lutto per tutti con il suo "The Rising".


Durante la cerimonia per il ventennale dell’11 Settembre (Keystone)

Springsteen è l’alfiere del cosiddetto "blue collar rock", il rock operaio: da sempre canta gli emarginati, i migranti, gli sfruttati, mostrando a tanti piccole quotidiane ragioni per vivere e godersi le briciole del sogno americano. Barack Obama, per cui ha fatto campagna elettorale, ha detto: "Ho deciso di diventare presidente degli Stati Uniti quando ho capito che non potevo essere Bruce Springsteen".

Eppure – già, perché c’è un eppure grosso così – oggi il Boss sembra tradire sé stesso e quello che rappresenta da quando è nata la polemica sul "dynamic pricing", uno di quei termini orrendi e vaghi che nascondono sempre qualcosa di peggio. I ‘prezzi dinamici’, come già accade per le linee aeree, aumentano con la domanda: ovviamente nel caso del nuovo, imminente tour di Springsteen (che non si esibisce dal vivo con la band ormai dal 2016), le richieste erano talmente tante che alcuni biglietti messi in vendita a un centinaio di dollari sono schizzati fino a oltre 5mila dollari, sconfinando nel bagarinaggio legalizzato.

I fan, tra i più attenti (e talvolta maniacali) del pianeta, gli si sono rivoltati contro: "Tu quoque, Bruce", o come diavolo si dice in America. Come ha fatto il paladino dei diseredati, dell’operaio che non arriva a fine mese – magari proprio per risparmiare i soldi per un suo concerto – a dimenticarsi di quel che canta e di chi lo ascolta? La colpa è ricaduta sul rivenditore Ticketmaster, ma è possibile che una delle rockstar più famose del pianeta non abbia voce in capitolo, prima e a maggior ragione dopo, se i fatti arrivano a sconfessare un’intera carriera?

Quando la polemica, nata nei forum dei fan, è montata fin sulle pagine del Washington Post e del New York Times, Springsteen ha mandato in avanscoperta il suo storico manager, Jon Landau, con una dichiarazione che più sbagliata non poteva essere: una specie di "così fan tutti" buttato lì per autoassolversi. Se gonfiano i prezzi dei biglietti Paul McCartney e i Rolling Stones, perché il Boss no? Perché ognuno ha la sua storia. Dimenticarsene, o fingere di farlo, chiudersi a riccio fino a perdere la voce è imperdonabile, soprattutto se ti chiami Bruce Springsteen.


Barack Obama mentre consegna a Springsteen la Medal of Freedom (Keystone))