L’aumento dell’età di riferimento al centro della riforma ‘Avs 21’, in votazione il 25 settembre. Domande e risposte per capire cosa cambierebbe.
1 Su cosa si vota?
Su due oggetti: 1) una modifica della legge sull’Avs che contempla in particolare l’aumento da 64 a 65 anni dell’età di pensionamento ordinaria (ribattezzata ‘età di riferimento’) delle donne; 2) un aumento dell’Iva volto a garantire un finanziamento supplementare del primo pilastro del sistema pensionistico. I due progetti sono collegati: la riforma dell’Avs (detta ‘Avs 21’) entrerà in vigore soltanto se entrambi verranno accettati. Si vota il 25 settembre.
2 Perché ancora una riforma dell’Avs?
Perché le prospettive finanziarie dell’Assicurazione vecchiaia e superstiti sono tutt’altro che rosee. Il primo pilastro non conosce una vera e propria riforma da 25 anni a questa parte: l’ultima, l’ambiziosa ‘Previdenza per la vecchiaia 2020’ (Pv 2020), è fallita alle urne nel 2017. Il contesto demografico è delicato, per giunta. La generazione del ‘baby boom’ (i nati fra il 1955 e il 1970) raggiunge progressivamente l’età della pensione. E la speranza di vita dei pensionati aumenta, il che significa che le rendite di vecchiaia vengono versate più a lungo. Tutto questo fa sì che le uscite dell’Avs (i soldi che servono per pagare le rendite) aumentino in misura maggiore rispetto alle entrate (prelievi sui salari, contributo della Confederazione, Iva). Tra qualche anno queste ultime non saranno verosimilmente più sufficienti per finanziare tutte le rendite. L’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (Ufas) calcola che nel prossimo decennio il fabbisogno finanziario dell’Avs ammonterà a 18,5 miliardi di franchi.
3 Quali sono obiettivi e punti salienti della riforma?
La riforma mira a mantenere l’equilibrio delle finanze dell’Avs per i prossimi dieci anni, garantire il livello delle rendite Avs e rispondere a un’accresciuta esigenza di flessibilizzazione riguardo a tempi e modalità di riscossione della rendita. I suoi punti salienti:
4 Perché si vota?
In Parlamento ‘Avs 21’ è stata plasmata da un’alleanza dei partiti borghesi. Consapevoli del rischio di referendum e delle difficoltà alle quali sarebbero andati incontro durante una campagna di votazione, Plr, Centro, Udc e Verdi liberali hanno cercato di tagliare quanta più erba possibile sotto i piedi a Ps, Verdi e sindacati. Per questa ragione hanno sostenuto delle misure di compensazione per le donne maggiormente penalizzate dall’aumento a 65 anni dell’età di riferimento. Non è stato sufficiente. Sinistra, sindacati e associazioni femminili hanno lanciato comunque il referendum. Per essere adottata, ‘Avs 21’ richiede la semplice maggioranza del popolo. La riforma però comprende un aumento dell’Iva, che sottostà a referendum obbligatorio: trattandosi di una modifica costituzionale, in questo caso serve la doppia maggioranza di popolo e cantoni.
5 Chi verrà compensato?
Le prime donne che andranno in pensione una volta la riforma in vigore. Per chi a quel momento si troverà alle soglie della pensione, il fatto di dover lavorare fino a 65 anni anziché a 64 può incidere sulla pianificazione del pensionamento. Il Parlamento ha deciso che in questa ‘generazione di transizione’ devono rientrare nove classi d’età (il Consiglio federale proponeva 15): se la riforma entra in vigore nel 2024, si tratta delle donne nate tra il 1961 e il 1969.
6 Quali sono le misure compensatorie?
Sono di due tipi. Le donne di queste classi d’età che scelgono di continuare a lavorare fino a 65 anni percepiranno, vita natural durante, un supplemento di rendita. Il ‘bonus’ – compreso tra 12,50 e 160 franchi al mese – dipenderà dal reddito (sarà maggiore per i redditi bassi) e dall’anno di nascita. Per le donne già in pensione (nate prima del 1961) non cambierà nulla; per quelle (nate dopo il 1969) che in pensione ci andranno solo attorno al 2035, se ne riparlerà in occasione della prossima riforma dell’Avs.
La seconda misura riguarda le donne nate tra il 1961 e il 1969 che scelgono di andare in pensione prima dei 65 anni: la loro rendita verrà ridotta meno fortemente rispetto a oggi, e questo fino a quando continueranno a percepirla. Anche in questo caso, la riduzione dipende dal reddito prima del pensionamento: più questo è basso, minore sarà la riduzione della rendita (le donne che guadagnano meno di 57’630 franchi all’anno potranno così andare in pensione a 64 anni senza rimetterci nulla). Queste donne potranno sempre riscuotere anticipatamente la rendita a partire dai 62 anni, mentre quelle nate dopo il 1969 potranno farlo soltanto a partire dai 63 anni (vedi sotto).
7 I ‘bonus’ incideranno sulle Pc?
No. In Parlamento anche una parte del campo borghese ha voluto evitare che per le donne con rendite Avs basse la riforma si trasformasse in un gioco a somma zero, ossia che quanto viene dato con una mano (il supplemento di rendita) venga poi tolto con l’altra (perdita o riduzione delle prestazioni complementari). Il ‘bonus’ dunque non verrà conteggiato come reddito nel calcolo delle Pc. Non sarà nemmeno soggetto al ‘tetto’ delle rendite per coniugi.
8 ‘Pensionamento graduale e flessibile’: cosa significa?
Il sistema attuale è rigido. Chi sceglie di andare in pensione prima dell’età Avs, può anticipare la riscossione dell’intera rendita soltanto di uno o due anni. Una riscossione parziale è esclusa. Inoltre, chi decide di continuare a lavorare oltre l’età Avs non migliora la propria rendita.
‘Avs21’ introduce una certa flessibilità. La rendita, intera o in parte, potrà essere riscossa dai 63 anni (donne della generazione di transizione: dai 62), a partire dal mese desiderato e fino ai 70 anni. Le relative aliquote – di riduzione in caso di riscossione anticipata, di aumento in caso di rinvio – verranno rese più favorevoli, in particolare per i redditi modesti. Anche lavorare dopo i 65 anni diventerà più attrattivo. I contributi versati oltre l’età Avs saranno considerati per il calcolo della rendita. Ciò permetterà, a determinate condizioni, di colmare eventuali lacune contributive o di rimpinguare la rendita.
9 Perché aumentare l’Iva?
Perché la riduzione delle uscite ottenuta innalzando l’età di pensionamento delle donne (9 miliardi nei prossimi 10 anni) non basta per stabilizzare la situazione finanziaria dell’Avs. Tanto più che un terzo circa di questi risparmi (2,8 miliardi) viene ‘inghiottito’ dalle misure compensatorie, e altri 1,3 miliardi vanno a finanziare la maggior flessibilità a livello di riscossione della rendita. Occorre dunque anche incrementare le entrate. Per questo si vuole ritoccare verso l’alto l’aliquota normale dell’Iva (dal 7,7 all’8,1%), l’aliquota ridotta applicata ad alimentari, farmaci, giornali, libri e altri beni (dal 2,5 al 2,6%), nonché quella speciale per il settore alberghiero (dal 3,7 al 3,8%). In soldoni: un acquisto di 100 franchi costerebbe 40 centesimi in più, per 100 franchi in generi alimentari si spenderebbero al massimo 10 centesimi in più. Nell’Avs in questo modo entrerebbero entro il 2032 12,4 miliardi di franchi supplementari, che andrebbero a sommarsi ai 4,9 miliardi di risparmi: il primo pilastro avrebbe così a disposizione un totale di 17,3 miliardi di franchi. A quel punto, stando all’Ufas, rimarrebbe un fabbisogno finanziario di circa 1,2 miliardi (sarà oggetto di un’ulteriore riforma).
10 Perché sinistra e sindacati combattono la riforma?
A loro parere, aumentare a 65 anni l’età di riferimento per le donne significa scaricare i risparmi della riforma sulle spalle dell’anello debole. Le donne – le cui rendite di vecchiaia oggi sono inferiori di un terzo in media a quelle degli uomini – perderebbero un anno di rendita Avs e dovrebbero versare contributi più a lungo: la fattura, per una donna che non rientra nella generazione di transizione, si aggirerebbe sui 26mila franchi in totale. All’orizzonte, inoltre, si staglia la pensione a 67 anni per tutti: un ‘sì’ ad ‘Avs 21’ spianerebbe la strada al "prossimo smantellamento". L’Avs, infine, ha basi solide: una riforma di tale portata non si giustifica nemmeno sotto il profilo finanziario. E poi l’aumento dell’Iva arriva al momento sbagliato, ossia proprio quando inflazione e premi di cassa malati stanno riducendo il potere d’acquisto della popolazione.
11 Quali sono gli argomenti dei favorevoli?
Per il Governo, la maggioranza del Parlamento e le organizzazioni economiche, l’allineamento dell’età pensionabile delle donne a quella degli uomini è giustificato. Questo perché le donne sono meglio formate rispetto al passato, la maggior parte di esse esercita un’attività lucrativa e vive più a lungo degli uomini. Una riforma si impone anche perché le prospettive finanziarie dell’Avs non sono promettenti. ‘Avs 21’ («un compromesso tra maggiori entrate e risparmi», la definisce il ministro della Sanità Alain Berset) permette inoltre di garantire le rendite attuali nei prossimi dieci anni. La riforma, infine, risponde a esigenze sempre più sentite nella popolazione: come lavorare oltre l’età Avs, o passare in maniera graduale dall’attività lavorativa alla pensione.
12 Cambierà qualcosa a livello di secondo pilastro?
No, se non per il fatto che le principali misure di ‘Avs 21’ (aumento a 65 anni dell’età di riferimento, pensionamento graduale e flessibile) si applicheranno per analogia anche alla previdenza professionale (o Lpp). La riforma in votazione però riguarda unicamente l’Avs e non quest’ultima. Così ha voluto il Consiglio federale dopo la bocciatura della ‘Previdenza per la vecchiaia 2020’, inedito e fallimentare tentativo di riformare allo stesso tempo primo e secondo pilastro. Una riforma specifica della Lpp è pendente in Parlamento. Le donne dei partiti borghesi schierate a favore di ‘Avs 21’ vorrebbero migliorare la copertura delle donne nel secondo pilastro (è qui che le loro rendite sono in media nettamente inferiori a quelle degli uomini). Avrebbero gradito una riforma da ‘spendere’ durante la campagna per il ‘sì’ in vista della votazione del 25 settembre. Ma non se n’è fatto nulla: in giugno il Consiglio degli Stati ha rinviato in commissione il progetto. Pomo della discordia: le misure compensatorie a favore delle donne della generazione di transizione.
13 Se vince il ‘sì’, per un po’ non sentiremo più parlare di riforme dell’Avs?
Nient’affatto. Perché se ‘Avs 21’ supera lo scoglio delle urne, il primo pilastro verrà ‘stabilizzato’ soltanto per pochi anni. L’Ufas a fine maggio ha corretto in senso meno pessimistico le sue stime. Ma non c’è granché da rallegrarsi, comunque. Senza riforma, l’Avs tornerebbe nelle cifre rosse nel 2029 (-1,6 miliardi di franchi); con, il deficit d’esercizio arriverebbe solo un paio d’anni dopo (2031: -984 milioni) e nel 2032 il risultato di ripartizione (entrate meno uscite) sarebbe già di -2,7 miliardi. In altre parole: a termine, indipendentemente da quanto accadrà il 25 settembre, un’ulteriore riforma per garantire solide basi finanziarie all’Avs oltre il 2030 è inevitabile. Il Parlamento ha già affidato al Consiglio federale l’incarico di aprire il cantiere entro il 2026. Inoltre, due iniziative popolari sono ora all’esame del Parlamento: una dei sindacati (13esima mensilità Avs), l’altra dei Giovani Plr (aumento progressivo dell’età di pensionamento per tutti a 66 anni, quindi ‘aggancio’ alla speranza di vita). I sindacati, infine, hanno lanciato un’altra iniziativa popolare per fare in modo che gli utili della Bns siano versati all’Avs.
14 Come andrà a finire?
La partita è aperta. Ma per i sostenitori di ‘Avs 21’ non sarà facile superare la forza d’ostruzione di sinistra e sindacati. L’ultima grande riforma dell’Avs risale a 25 anni fa. Allora l’età di pensionamento delle donne venne portata a tappe da 62 a 64 anni. Ma da lì in poi non c’è più stato niente da fare: ulteriori proposte per aumentare a 65 anni l’età di pensionamento delle donne sono naufragate alle urne (2004, 2017) o in Parlamento (2010). Si dice che la popolazione ora sia pronta ad accettare una parificazione dell’età di riferimento tra uomini e donne. Ma resta tutto da dimostrare. Un primo sondaggio realizzato a inizio agosto da Tamedia e ‘20 Minuten’ ha registrato un 53% di ‘sì’ e un 44% di ‘no’. Fra le donne, però, le favorevoli sono solo il 36%, mentre fra gli uomini la quota sale al 71%. E poi, diversamente da quanto avvenne con la ‘Pv 2020’, oggi il Ps e il ‘suo’ consigliere federale Alain Berset si trovano su fronti opposti. A Ps e Verdi potrebbe dare man forte l’elettorato Udc, tradizionalmente conservatore in materia di pensioni. Anche la congiuntura potrebbe fare un favore alla sinistra: l’incremento dell’Iva giunge in effetti in un momento delicato, con la popolazione preoccupata per i prezzi che aumentano e oramai rassegnata a subire l’ennesima stangata sui premi di cassa malati.